Prima regola di internet (no, non è “non parlare di /b/”): utilizzare password sicure, ovvero complicate. Fin da quando abbiamo messo piede su internet, infatti, ogni sito web che si rispetti ci ha sempre invitato a scegliere password complesse, utilizzando una combinazione di lettere, numeri e simboli. Insomma, qualcosa di più complicato di password, admin o donald (sì, è stata una delle password più utilizzate nel 2018).
Stando alle regole per una password perfetta, quindi, qualcosa come ji32k7au4a83 dovrebbe essere perfettamente sicura e a prova di hacker. Ma non è così.
Secondo l’archivio di data breach Have I Been Pwned, che contiene tutte le password apparse nei casi di data breach – e di conseguenza non sicure – questa password sarebbe apparsa in ben 141 falle. Un numero piuttosto elevato, considerando la sua complessità.
Ma come è possibile?
A tutto c’è una spiegazione. Non è un caso, infatti, che la password in questione sia utilizzata soprattutto in una certa zona del mondo: il Taiwan. Sarete inoltre sorpresi di scoprire che questa combinazione di caratteri così apparentemente complicata, in realtà, si traduce in 我的密碼, o “wǒ de mìmǎ”, o più semplicemente “my password”. Sì, proprio la password che non andrebbe mai e poi mai usata.
Tutto ciò accade perché non in tutte le lingue del mondo viene utilizzato l’alfabeto latino, che è anche l’alfabeto utilizzato nell’informatica. Sono stati quindi creati dei sistemi di traslitterazione per le varie lingue, che grazie all’Unicode, consentono di riprodurre tramite combinazioni di lettere, parole e simboli i vari alfabeti utilizzati dalle lingue del mondo. Esattamente quello che succede quando premiamo la combinazione ALT + 0200 per ottenere la È.
Nel caso della password, il sistema preso in considerazione è quello Zhuyin Fuhao, o Bopomofo, il sistema più utilizzato per traslitterare alcune varietà di cinese, tra cui il Mandarino.
In breve: la combinazione dei vari caratteri latini da origine agli ideogrammi. Semplificando, questo è ciò che avviene:
ji3 -> 我 -> M
2K7 -> 的 -> Y
au4 -> 密 -> PASS
a83 -> 碼 -> WORD
Come digita un parlante cinese
Per farvi capire quanto sia complicato, ecco come viene formata la parola “wǒ de”, ovvero “my”, corrispondente alla sequenza di caratteri ji32K7.
Innanzitutto, viene creato l’ideogramma per “io”, corrispondente a 我, o “wǒ”. Per realizzarlo bisogna digitare i caratteri “j”(che corrisponde a u) e “i” (che corrisponde a o) più il 3, che serve a indicare la presenza del terzo tono (il cinese è una lingua tonale, in cui ogni tono – ne esistono quattro – conferisce un significato diverso alla stessa parola).
Bene, abbiamo creato “io”, ma la parola in questione è “mio”. Bisogna aggiungere la marca di possessivo (o genitivo) rappresentato dall’ideogramma 的, letto “de” senza tono. Questo è composto dalla sequenza di caratteri “2” (d), “k” (e) e “7”, che indica l’assenza di tono.
Ecco quindi spiegata la prima sequenza di caratteri “ji32K7”.
Se siete confusi, tranquilli: è perfettamente comprensibile. E siate grati di non dover traslitterare nulla quando utilizzate il computer.
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