Del cervello umano si sa ancora ben poco. Certo è che sia uno strumento potentissimo: ha memoria potenzialmente illimitata (fino a 2,5 petabyte, equivalenti a ben 3 milioni di ore di serie tv!). Inoltre, produce abbastanza energia da illuminare una lampadina da 30-35 Watt. Per funzionare, però, richiede dal 25 al 35% di ossigeno e glucosio presente nel sangue. Eppure, il cervello è anche molto facile da ingannare, inducendolo a vedere cose che in realtà non esistono. È lo scopo dei due nuovi esperimenti recentemente pubblicati dal Caltech Institute e spiegati sul blog dell’istituto. Chiamati “The Illusory Rabbit” e “The Invisible Rabbit”, i suoni e le immagini vengono sfruttati per confondere il cervello, dando vita all’effetto retroattivo.
L’effetto retroattivo
La ricerca è chiamata What you saw it’s what you will hear: Two new illusions with audiovisual postdictive effects. I ricercatori puntano a sfruttare difetti di calcolo del cervello per mostrare come i nostri sensi possano influenzarsi l’un l’altro. In particolare, come uno stimolo che avviene dopo può influenzare retroattivamente un evento che è accaduto prima. Ciò è possibile, appunto, grazie all’effetto retroattivo, ovvero un tentativo del cervello di rendere sensate situazioni apparentemente confuse.
The Illusory Rabbit
Nel primo esperimento, una sequenza di tre “bip” distanti 58 millisecondi l’uno dall’altro è accompagnata da due flash, rispettivamente riprodotti quasi simultaneamente al primo e terzo bip, a sinistra e a destra dello schermo. Nonostante al secondo suono, quello centrale, non sia associato nessuno stimolo visivo, l’occhio umano percepisce comunque un flash, che però è un’illusione ottica. Ciò dimostra la presenza dell’effetto retroattivo: il fatto che l’illusione ottica sia generata in mezzo ai due flash, e quindi prima dell’ultimo, dimostra che il cervello ha utilizzato una processazione retroattiva, come se “viaggiasse nel tempo”.
The Invisible Rabbit
Il secondo esperimento invece mostra tre flash (uno a sinistra, uno al centro e uno a destra dello schermo), tutti accompagnati da un bip eccetto il secondo, quello di mezzo. Come risultato di questa omissione, il cervello è mandato in confusione e decide di non mostrare il flash, nonostante questo sia presente.
Ciò dimostra che il cervello combina i sensi attraverso lo spazio e il tempo per generare un “senso di percezione”. Tutto ciò potrà essere sfruttato dai ricercatori per identificare “parametri ottimali per l’integrazione multisensoriale”, ovvero per sviluppare dispositivi che, attraverso i sensi, possano aiutare persone con problemi visivi.
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