L’Australia ha deciso di escludere le aziende cinesi dalla produzione di infrastrutture di rete per la tecnologia 5G. Tra queste, le più colpite sono Huawei e ZTE.
Le motivazioni
Il governo federale australiano aveva già imposto in passato delle restrizioni sulle importazioni dalla Cina, ma questa volta si tratta di un divieto assoluto. La scelta è motivata dai possibili legami che Huawei può avere con Pechino, contestati dalla stessa azienda. Inoltre, il governo ha emesso un comunicato nel quale afferma: “il coinvolgimento di venditori probabilmente soggetti a indicazioni extragiudiziali da parte di un governo straniero che confliggano con la legge australiana pone un rischio di sicurezza”.
La risposta di Huawei è arrivata da Twitter:
“Un risultato estremamente deludente per i consumatori”
La mossa statunitense
Ad anticipare l’Australia sono stati gli USA con il Defence Authorization Act – programma da 716 miliardi di dollari con l’obiettivo di rafforzare la sicurezza interna. Infatti, le agenzie governative americane non utilizzeranno più tecnologia proveniente dalla Cina. Questo significa che il governo non acquisterà più componenti hardware o strumentazioni considerate “critiche”. Tra queste ultime sono compresi i sistemi di videosorveglianza o altre componenti che possano mettere a rischio la sicurezza nazionale. Anche le aziende americane saranno però colpite da questa scelta: sono infatti molte le società americane che fanno uso delle tecnologie di Huawei e ZTE. Nonostante il governo metta a disposizione dei fondi per alleviare il problema, il tempo necessario a sostituire tutte le strumentazioni comporterà alcune difficoltà per le aziende in questione.
In risposta alla mossa del governo degli Stati Uniti, Huawei ha affermato che le nuove misure sono inefficaci, fuorvianti e incostituzionali.
Il colosso cinese ha poi aggiunto:
“Non si fa nulla per identificare i reali rischi per la sicurezza o migliorare la sicurezza della supply chain e servirà solo a soffocare l’innovazione aumentando i costi per i consumatori e le imprese statunitensi”
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