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Amerzone – The Explorer’s Legacy, la recensione: bellezza statica, anima nostalgica

Siamo nel 1999, ben prima che Syberia facesse innamorare milioni di giocatori con le sue atmosfere malinconiche e i suoi automi poetici ma già Benoît Sokal ci regalava Amerzone, un’avventura grafica punta e clicca che oggi torna sotto i riflettori grazie a un remake visivamente rinnovato, ma che mantiene intatto il suo spirito originale – nel bene e nel male.

Questo remake sviluppato da Microids Studio Paris è un tentativo elegante di riesumare un classico d’autore per un pubblico moderno, pur senza tradire la sua anima. Ma riuscirà a incantare i nuovi esploratori quanto fece con quelli di fine millennio?

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Il Gameplay e il peso del passato

Chi si avvicina a Amerzone Remake aspettandosi un’avventura in terza persona, libera, immersiva, magari in stile walking simulator, farà bene a regolare le aspettative: questo è un punta e clicca con la “P” maiuscola. La struttura del gameplay è rigidamente ancorata al passato, con una visuale in prima persona statica, dove però ci si muove per schermate e si interagisce con oggetti e ambienti solo cliccando sugli hotspot.

L’esplorazione è piuttosto lineare, ma non priva di fascino. Gli enigmi – vero cuore pulsante dell’esperienza – sono ben costruiti, coerenti con l’ambiente e progressivamente più impegnativi. Si passa da semplici combinazioni di leve e chiavi a rompicapi ambientali che richiedono attenzione ai dettagli e una buona dose di deduzione. Fortunatamente, il gioco offre un sistema di aiuti che può essere regolato in base al livello di sfida desiderato, evitando la frustrazione che titoli simili a volte causano.

Amerzone Remake 7

Il ritmo è volutamente lento: Amerzone non ha fretta. E neanche il giocatore dovrebbe averne, se si vuole apprezzarlo a pieno. Tuttavia, va detto che la mancanza di un sistema di movimento fluido o una mappa esplorabile può rendere l’esperienza frustrante per i giocatori più giovani o semplicemente per chi non ha nostalgia delle interfacce di fine anni ’90.

Uova, sogni e rimpianti: il fascino narrativo di Amerzone

La storia di Amerzone è un vero gioiello narrativo, tipica delle opere di Sokal: surreale, poetica e con uno sfondo tragico. Nel ruolo del protagonista abbiamo il giocatore, con un “avatar” tanto misterioso quanto impersonale: nessun volto, nessun nome, nessuna battuta. L’unica cosa certa è che lavoriamo per Mondial Magazine e che il nostro compito iniziale è raggiungere un vecchio faro e intervistare il professor Alexandre Valembois, un esploratore caduto nell’oblio, consumato dal rimorso e dall’ossessione per la sua spedizione in una terra lontana chiamata Amerzone.

Il personaggio è ovviamente pensato per lasciare spazio all’immersione totale del giocatore, ma possiamo capire come per alcuni giocatori potrebbe risultare fin troppo anonimo, specialmente per chi cerca una componente narrativa più caratterizzata.

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Comunque sia, il professore, ormai in fin di vita, ci affida un compito: riportare al suo luogo d’origine un Uovo sacro, l’ultimo della mitica specie degli Uccelli Bianchi, che lui stesso aveva trafugato decenni prima. Inizia così un viaggio tra paludi, giungle e villaggi sperduti, in una terra dove il tempo sembra essersi fermato.

Il racconto è scandito da lettere, documenti, dialoghi e registrazioni audio che permettono al giocatore di immergersi in una mitologia credibile e avvincente. Non ci sono colpi di scena hollywoodiani o ritmi serrati, ma piuttosto senso di curiosità, meraviglia continua e malinconia sotterranea, come se ogni luogo visitato portasse con sé davvero frammenti di un sogno perduto.

Pittura fresca su tela d’epoca

Il comparto visivo di Amerzone è senza dubbio il miglioramento più evidente rispetto all’originale. L’intero gioco è stato ricostruito in 3D, con ambienti dettagliati, giochi di luce efficaci e un’estetica che richiama l’arte di Sokal senza tradirne lo spirito. Il design degli ambienti è vario, dal decadente faro iniziale alle rovine nella giungla, passando per le paludi nebbiose e gli altopiani inaccessibili.

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Tuttavia, non è tutto oro quello che luccica. Il gioco soffre di alcuni problemi tecnici non trascurabili: contro ogni aspettativa, è la modalità “Risoluzione” a offrire un’esperienza più fluida rispetto a quella “Prestazioni”, che invece soffre di cali di framerate inspiegabili. Una scelta tecnica che sembra andare contro la logica con cui normalmente queste due opzioni vengono bilanciate nei giochi moderni, e che potrebbe lasciare interdetti i giocatori più attenti all’ottimizzazione.

Sul fronte delle animazioni, invece, si nota una certa rigidità, soprattutto nei volti e nei movimenti dei personaggi. Il risultato è un effetto un po’ legnoso, che spezza l’immersione e tradisce le origini non proprio recenti del progetto, nonostante il lavoro di rinnovamento grafico.

Infine, anche i tempi di caricamento meritano una nota: in alcuni momenti risultano sorprendentemente lunghi, soprattutto se si considera che il gioco non gestisce un mondo aperto né scenari particolarmente complessi. Non si tratta di un difetto grave, ma può diventare fastidioso nel lungo periodo, soprattutto quando si è costretti a tornare più volte sulle stesse schermate per risolvere un enigma.

Il comparto audio, invece, è una delizia: la colonna sonora è evocativa, usata con parsimonia ma sempre con effetto, e il doppiaggio (almeno nella versione inglese e francese) è di buon livello, contribuendo alla credibilità dei personaggi e del mondo di gioco.

Il peso della memoria – Conclusioni

Questo remake di Amerzone è un gioco coraggioso. Non perché osa rivoluzionare, ma perché sceglie deliberatamente di non farlo. È un tributo, quasi una capsula del tempo, a un’epoca in cui l’avventura era più contemplazione che azione, più poesia che dinamismo.

Il remake modernizza l’involucro, ma lascia intatto il cuore. Questo lo rende un prodotto affascinante per chi ama la narrazione, enigmi intelligenti e un’atmosfera unica, ma allo stesso tempo poco accessibile a chi cerca coinvolgimento più fisico, libertà di movimento o gameplay moderni.

È un gioco che va capito prima di essere apprezzato. E che, una volta entrati nel suo ritmo, riesce ancora a regalare un’esperienza rara nel panorama videoludico attuale.

Amerzone – The Explorer’s Legacy (Remake) è un’avventura grafica in prima persona, appartenente al genere punta e clicca classico. Si tratta di un rifacimento completo dell’omonimo titolo del 1999, originariamente ideato da Benoît Sokal, che torna oggi con una veste grafica rinnovata ma fedele al suo spirito originale.

Il gioco è stato sviluppato da Microids Studio Paris e pubblicato da Microids. È disponibile dal 28 aprile 2025 su PC, PlayStation 5, Xbox Series X|S. L’esperienza è completamente single player, e punta tutto su esplorazione, risoluzione di enigmi e narrazione immersiva.Un titolo che guarda indietro con nostalgia, ma che si rivolge anche al presente con un certo coraggio, pronto a sfidare il pubblico moderno con i suoi ritmi lenti, la sua struttura rigida e il suo fascino fuori dal tempo.

Amerzone - The Explorer's Legacy, la recensione: bellezza statica, anima nostalgica

Voto - 7.5

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Amerzone – Il Testamento dell’Esploratore (Remake) è un’avventura grafica in prima persona, appartenente al genere punta e clicca classico. Sviluppato da Microids Studio Paris e pubblicato da Microids. È disponibile dal 28 aprile 2025 su PC, PlayStation 5, Xbox Series X|S

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Rino Lazzizzera

Rino Lazzizzera

Nato (quasi) con la prima xbox in mano. il mio primo videogame è stato The Getaway per PS2 ed è stato letteralmente amore a prima vista (mai vista una alfa romeo in un videogioco prima di allora). Appassionato di videogiochi ma anche di Informatica, Tecnologia e Meccanica. Mi trovate praticamente ovunque e su qualunque piattaforma con il nick "Nevarnost"

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