DJI, società cinese specializzata nei droni, ha preso una decisione senza precedenti: rimuovere tutte le zone con divieti di volo per i droni negli Stati Uniti, che fino ad ora erano sempre imposte sui loro dispositivi. Questa decisione non può che risultare una sorta di guanto di sfida nei confronti degli Stati Uniti, soprattutto in un periodo dove i rapporti tra i cinesi e gli americani sono abbastanza tesi dopo i dazi decisi dal nuovo presidente Donald Trump, a cui Xi Jinping ha risposto con altri dazi.
Per quanto riguarda DJI, l’azienda potrebbe beccarsi un divieto totale sul suolo statunitense, non troppo dissimile da quanto accaduto poche settimane fa con TikTok e tutte le altre app gestite da ByteDance, anche se forse ci troviamo davanti a una situazione più grave. Infatti di recente un drone dell’azienda cinese è stato protagonista di un incidente che l’ha visto scontrarsi contro un aereo impegnato nelle operazioni di spegnimento degli incendi a Los Angeles. Un fatto che dovrebbe spingere le aziende ad aumentare le zone in cui non far volare i propri dispositivi, invece che eliminarle, ma le motivazioni dietro la scelta sono diverse.
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La discussa decisione di DJI
“Il geofencing è stato in vigore per oltre un decennio, e comprendiamo che qualsiasi cambiamento a un sistema così consolidato possa generare preoccupazione” ha spiegato Adam Welsh, responsabile delle politiche globali di DJI, sottolineando che tecnologie come quella sono state introdotte per coprire alcune lacune normative riscontrate all’ingresso dei droni nel mercato, anche se non si sono poi rivelate così tanto efficaci
Infatti anche le agenzie di regolamentazione dei droni hanno preferito adottare degli approcci alternativi al geofencing, spingendo più che altro sulla formazione degli operatori, in modo da dare a loro il controllo del drone. Inoltre hanno puntato ad ottenere le autorizzazioni dei vari spazi aerei e a sviluppare di tecnologia di identificazione remota.
Questi sono tutti fattori che hanno avuto un certo peso nella decisione di DJI, a cui si aggiunge anche l’onere di elaborazione delle richieste di sblocco. La situazione interna infatti stava diventando insostenibile, in quanto per soddisfare tutte quelle richieste entro un’ora c’era ormai bisogno di personale attivo 24 ore su 24.
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