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Guerra dei Dazi: le poste Usa bloccano le spedizioni da Cina e Hong Kong. Attesa una telefonata Trump-Xi Jinping

Il presidente statunitense Donald Trump continua la sua sciagurata Guerra dei Dazi, e mentre noi europei stiamo aspettando il nostro destino, la Cina ha deciso di rispondere al fuoco con il fuoco. Gli Stati Uniti hanno imposto dazi del 10% sull’import di tutte le merci fatte in Cina. Le poste della superpotenza mondiale hanno poi iniziato a bloccare pure qualsiasi spedizione partita da Cina e Hong Kong, facendo crollare i titoli degli e-commerce cinesi (in particolare Temu e Shein) in borsa.

Entrambe le società hanno dei giri d’affari miliardari negli Stati Uniti: Temu supera i 30 miliardi, mentre Shein arriva su una soglia di 45 miliardi. Questa mossa del presidente repubblicano va a beneficiare soprattutto attori interni dell’e-commerce, tra cui soprattutto Amazon, ma alla lunga potrebbe mettere a rischio lo scambio economico tra i due paesi, che attualmente vale oltre 530 miliardi di dollari. Di questi, la maggior parte provengono da parte degli Stati Uniti, con la Cina che acquista beni dagli americani per 130 miliardi.

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La Cina risponde ai dazi con dei dazi

Il colosso asiatico ha commentato le politiche di Trump dicendo che rappresentano una “imposizione unilaterale delle tariffe” che vanno a violare le regole dettate dall’Organizzazione Mondiale del commercio (WTO), e il suo ministro delle finanze ha sottolineato esse non vanno a fornire alcun aiuto ai paesi coinvolti, ma va solo a interrompere la normale cooperazione economica e commerciale tra Cina e USA.

Pechino ha deciso di rispondere alle decisioni di Trump imponendo dazi al 15% su carbone e gas e al 10% su petrolio, attrezzature agricole e veicoli di grossa cilindrata provenienti dagli Stati Uniti, che saranno applicati a partire dal prossimo 10 febbraio.

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Inoltre società americane come Pvh (gruppo dietro a Calvin Klein e Tommy Hilfinger) e Illumina sono invece state inserite in una lista nera delle cosiddette “entità non affidabili” per aver violato “i principi del mercato, interrotto gli scambi regolari con le aziende cinesi e adottato misure discriminatorie nei confronti delle aziende cinesi” e “danneggiato gli interessi e i diritti legittimi” del paese. Pvh in particolare è sotto inchiesta in Cina dal settembre 2024 per un sedicente “boicottaggio irragionevole” del cotone proveniente dalla regione dello Xinjiang, dove Pechino è accusata da vari organismi internazionali di violare ripetutamente i diritti umani delle minoranze musulmane di etnia uigura.

L’Antitrust cinese ha avviato un’indagine anti-monopolio nei confronti di Google, che però si è ritirata dal paese nel 2010 a seguito delle controversie sulla censura Great Firewall. Pechino è comunque aperta a negoziare con Washington, e ora si attende soltanto una telefonata tra Xi Jinping e Trump, anche se quest’ultimo ha già detto di non avere fretta di parlare con il suo omologo cinese. Ma forse i dazi cinesi e le pressioni di Pvh, Illumina e Google potrebbero fargli cambiare idea.

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Yoel Carlos Schincaglia

Yoel Carlos Schincaglia

Nato il 14 febbraio 1997 a Bentivoglio, in provincia di Bologna. Grande appassionato principalmente di anime, poi anche di videogiochi e manga. Credo nella canzone che ho nel cuore!

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