Può un’intelligenza artificiale (AI) creare poesia tanto convincente da confondersi con le opere di Shakespeare? La risposta a questa domanda arriva da uno studio condotto dall’Università di Pittsburgh, pubblicato su Scientific Reports. I ricercatori hanno coinvolto oltre 1.600 partecipanti in un esperimento intrigante: leggere e valutare dieci poesie, cinque scritte da grandi autori umani e cinque generate da ChatGPT.
Il risultato ha sorpreso molti: i lettori non sono stati in grado di distinguere in modo affidabile tra opere umane e artificiali, e in alcuni casi hanno persino mostrato una preferenza per i testi generati dall’AI. Le poesie di ChatGPT sono state descritte come più semplici e accessibili, una caratteristica che i partecipanti hanno erroneamente interpretato come autenticità. Questo suggerisce che, spesso, ciò che viene percepito come “umano” è semplicemente ciò che risulta più comprensibile.
Un esperimento parallelo ha ulteriormente approfondito il tema, analizzando il livello di apprezzamento delle poesie. Quando ai partecipanti veniva detto che le opere erano generate dall’AI, le loro valutazioni tendevano a essere inferiori rispetto a quelle di chi pensava di leggere poesie umane. Questo bias culturale mette in evidenza quanto il pregiudizio sull’autenticità influenzi la percezione artistica.
Creatività artificiale: uno strumento o una minaccia per l’arte?
La capacità dell’AI di replicare schemi poetici e narrativi apre interrogativi importanti sul futuro dell’arte. La semplicità e l’accessibilità dei testi generati dall’intelligenza artificiale potrebbero democratizzare la fruizione artistica, rendendo i contenuti comprensibili per un pubblico più ampio. Tuttavia, questa tendenza solleva anche timori: la ricerca di immediatezza rischia di sacrificare la complessità e la profondità che contraddistinguono l’arte tradizionale.
Il dibattito si concentra soprattutto sulla natura della creatività. Le opere create da un’AI sono il risultato di analisi e rielaborazioni di dati preesistenti, mentre l’arte umana nasce da intuizione, emozione e ispirazione. Come sottolineato da Ben Affleck, l’AI può “imitare” eccellentemente, ma non raggiunge la profondità emotiva di un vero Shakespeare. Tuttavia, lo studio dimostra che, per il pubblico medio, la percezione di autenticità artistica non dipende tanto dall’origine, quanto dall’esperienza del lettore.
Questa evoluzione non segna la fine della creatività umana, ma potrebbe trasformarla. L’AI potrebbe diventare uno strumento collaborativo, capace di amplificare l’espressione artistica umana piuttosto che sostituirla. Immaginiamo un futuro in cui uomo e macchina lavorano insieme per creare nuove forme di arte, mescolando intuizione e calcolo. Ma la vera domanda rimane: il pubblico accetterà questa collaborazione o continuerà a cercare nell’arte un’esclusività umana?