Il governo del Tagikistan ha recentemente introdotto un divieto sulla distribuzione di popolari videogiochi come Counter-Strike e Grand Theft Auto. La motivazione ufficiale? La solita… Il contenuto violento e immorale di questi giochi, ritenuto dannoso per i giovani.
Il governo del paese, attraverso il Ministero degli Interni, ha espresso preoccupazione per l’impatto negativo che questi titoli potrebbero avere sui giovani, spingendoli verso comportamenti criminali. Omicidi, furti e atti di violenza sono solo alcuni degli esempi citati dalle autorità per giustificare questa drastica misura.
Per far rispettare il divieto, la polizia della capitale, Dushanbe, ha avviato una serie di controlli a tappeto nei negozi. Raid e ispezioni hanno l’obiettivo di individuare e sequestrare eventuali copie dei titoli vietati, impedendone la diffusione tra i giovani.
Videogiochi nel mirino, la dittatura vieta GTA e Counter-Strike
La decisione del Tagikistan si inserisce in un contesto più ampio, caratterizzato da un crescente (e onnipresente) dibattito pubblico sulle potenziali conseguenze negative dell’esposizione prolungata ai videogiochi, in particolare tra i giovani. In diversi paesi sono state introdotte restrizioni o divieti simili, motivati da preoccupazioni legate alla violenza, all’esposizione a contenuti sessualmente espliciti e all’impatto sulla salute mentale.
Tuttavia, le evidenze scientifiche sull’esistenza di un legame diretto tra il consumo di videogiochi violenti e comportamenti antisociali sono ancora oggetto di dibattito tra gli esperti. Molti studi hanno sottolineato la complessità della relazione tra videogiochi e comportamento, evidenziando l’importanza di considerare fattori individuali, sociali e culturali, come ad esempio il fatto di vivere sotto una dittatura autoritaria.
In conclusione, la decisione del Tagikistan di bandire i videogiochi Counter-Strike e Grand Theft Auto solleva interrogativi forzati e spesso senza logica sul ruolo dei videogiochi nella società contemporanea e sulla necessità di trovare un equilibrio tra libertà di espressione e tutela dei minori.