Nel corso degli anni, il franchise di Alien si è affermato sempre di più, impostando uno standard importante per quanto riguarda la categoria degli horror sci-fi e l’incontro con creature ostili extraterrestri. Nel 2024 la serie di film si è estesa ulteriormente con l’uscita nelle sale di Alien: Romulus il quale, tuttavia, non è esente da qualche critica dovuta a limiti evidenti nella storia e nei personaggi. Prima di addentrarci nei discorsi, facciamo un appello riguardo la presenza di brevi spoiler nell’articolo, in quanto parleremo delle premesse del film e della sua evoluzione.
Il dubbio più grande intorno a questo nuovo film è uno solo: è ancora necessario mantenere il canon attuale? Secondo l’analisi dettagliata di GameSpot, la soluzione più adeguata sarebbe abbandonarlo, spiegando anche i motivi che hanno reso Alien: Romulus una pellicola molto limitata e spesso forzata. La trasformazione subita dal franchise è ormai complicata e contorta, resa tale da salti temporali enormi, retroscena frustranti e mancanza di chiarezza su elementi chiave.
Il film introduce l’idea che, vent’anni dopo gli eventi del primo capitolo, la Weyland-Yutani Corporation abbia finalmente ritrovato la Nostromo e l’alieno che Ellen Ripley aveva espulso nello spazio. Miracolosamente, la creatura sopravvive, consentendo agli scienziati di catturarla e studiarla, con risultati prevedibilmente letali. Per far sì che la trama del nuovo film rispetti il canon stabilito dai suoi predecessori, il film si contorce in una serie di espedienti narrativi complessi. Questo sottolinea quanto il franchise sia diventato problematico e limitato dalle sue stesse decisioni passate.
Un canon che soffoca la creatività di Alien
Il problema ha inizio con Aliens di James Cameron, che introduce un salto temporale di 57 anni rispetto al film originale. Questo salto crea un vuoto narrativo in cui nessuno sembra scoprire gli alieni per tutto quel tempo, una scelta che limita fortemente le possibilità narrative per i film successivi e che costringe a trovare spiegazioni poco convincenti per giustificare nuove storie. I due film successivi (il terzo capitolo e Resurrection) complicano ulteriormente la situazione, dato che la morte di Ripley e la distruzione dell’ultimo xenomorfo, il franchise sembrano chiudere la porta a future storie sugli alieni.
Questo isolamento della specie aliena crea un problema per chiunque voglia espandere l’universo filmografico senza contraddire il canon esistente. Anche i prequel Prometheus e Covenant aggiungono complessità, concentrandosi sulle origini degli xenomorfi e riducendo il loro mistero a un esperimento genetico condotto dall’androide David. Questa spiegazione toglie parte del fascino orrorifico dei protagonisti principali, rendendoli il prodotto di un singolo scienziato pazzo piuttosto che il risultato di una natura crudele e inospitale. Tutto ciò porta a una conclusione inevitabile: il canon del franchise è diventato una gabbia narrativa che soffoca la creatività.
Alien: Romulus ne è un esempio perfetto, con la sua trama costretta a saltare attraverso cerchi infuocati per rispettare il canon senza realmente aggiungere qualcosa di nuovo e spaventoso all’universo creato. Ci sono numerose storie di Alien raccontate attraverso fumetti e romanzi che dimostrano come sia possibile esplorare nuovi territori all’interno di questo universo, come ad esempio Phalanx di Scott Sigler che offre una nuova prospettiva sugli xenomorfi senza rimanere intrappolato nelle convenzioni del canon cinematografico.
È chiaro che ciò di cui il franchise ha bisogno è un reboot che possa liberarsi delle regole rigide imposte dai film precedenti. Solo così potremo tornare a vivere storie di vero terrore e scoperta nell’universo ostile di Alien, dove l’ignoto e il letale si fondono in una combinazione perfetta per l’horror. Se un reboot è ciò che serve per recuperare quella sensazione, allora è arrivato il momento di accettarlo.