La pirateria digitale è un fenomeno che, volente o nolente, è presente in tutta l’Unione Europea. La Corte di Giustizia dell’UE, l’organo giurisdizionale che vigila sul rispetto della normativa comunitaria, ha cercato di reprimere questa attività fraudolenta attraverso una decisione che qualcuno già definisce storica: essa ha deciso di comprimere il diritto alla privacy in nome del contrasto alla pirateria digitale.
La Corte, infatti, ha deciso di respingere un ricorso, proposto da 4 associazioni per la tutela dei diritti e delle libertà su internet, che contestava la legittimità di un decreto francese che attribuiva all’Autorità d’Oltralpe la facoltà di risalire, grazie indirizzo IP, all’identità della persona che ha usufruito di materiale piratato.
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea si schiera contro la pirateria online
Al centro della causa finita nelle aule della Corte del Lussemburgo c’è un decreto dello Stato francese che attribuisce all’Hadopi (acronimo per Haute Autorité pour la diffusion des oeuvres et la protection des droits sur l’Internet, un’Autorità Garante) il potere di raccogliere gli indirizzi IP dai siti pirata e di processarli al fine di risalire all’identità dell’individuo collegato.
Il provvedimento ha suscitato delle perplessità in alcune associazioni francesi, le quali, prospettando una lesione del diritto alla riservatezza, conseguente alla messa in relazione dell’indirizzo IP con i dati personali dell’individuo, hanno deciso di sottoporre la questione alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (causa C-470-21).
Inaspettatamente, i giudici hanno confermato la legittimità del decreto, respingendo il ricorso. La Corte ha giustificato la propria decisione sostenendo che la “conservazione generalizzata e indifferenziata di indirizzi IP non costituisce necessariamente una grave ingerenza nei diritti fondamentali, a patto che non vengano tratte conclusioni precise sulla vita privata dell’interessato”.
Pertanto, i giudici hanno ritenuto legittima l’identificazione del cittadino a patto che questa sia utilizzata limitatamente al fine di attribuire la responsabilità di un illecito a una persona. Viceversa, lo strumento risulta illegittimo qualora venga usato per raccogliere informazioni riguardanti la vita privata dell’individuo.
Massimo Capitanio si congratula con la Corte UE
Massimiliano Capitanio, Commissario dell’AGCOM, ha commentato favorevolmente la sentenza: attraverso un post su LinkedIn, il Commissario ha elogiato l’operato della Corte del Lussemburgo che “ha stabilito un principio fondamentale per il contrasto alla pirateria online nell’Unione Europea”.
Uno dei “padri” del tanto contestato Piracy Shield ha anche aggiunto, dopo aver descritto la sentenza come “in qualche misura storica”, che il “diritto alla tutela dei dati personali non può essere usato, al pari della libertà di internet, come coperta per chi compie atti di pirateria”.