L’annuncio del ritorno sul mercato di una serie come quella di Armored Core ha suscitato curiosità e meraviglia, laddove si pensava che FromSoftware, la rinomata software house nipponica che da anni influenza pesantemente il mercato con le proprie release action e GDR, si fosse fossilizzata su un unico sistema ludico. Armored Core 6: Fires of Rubicon dimostra l’esatto opposto, ovvero che la stessa casa di sviluppo non è solamente la creatrice del sottogenere soulsilke, ma anche una fucina eclettica di opere disparate sin dalla sua fondazione.
Dark Souls ha contribuito alla diffusione di un’identità ben chiara, che è stata l’icona di un’ascesa nel mercato videoludico di una portata tale da portare Hidetaka Miyazaki, direttore dei progetti più acclamati e presidente dell’azienda produttrice di videogiochi, sul palco dei The Game Awards per ben due volte come vincitore del premio più ambito di ogni fine anno per chi lavora nell’industria. Sekiro: Shadows Die Twice ed Elden Ring sono stati due esempi virtuosi di game design e non si hanno dubbi sul futuro delle produzioni ad alto budget della software house nipponica, la quale tuttavia non ha voluto dimenticare il proprio passato. L’ultima fatica del team riprende una serie che non si vedeva da qualche tempo e che ha radici in epoca PlayStation. Parliamo di action in ambientazione fantascientifica che puntano sull’estrema personalizzazione del proprio mech da combattimento al fine di completare diverse missioni.
Gli episodi della saga son riusciti nel tempo a crearsi una piccola schiera di appassionati, ma mai a irrompere prepotentemente sul mercato al di fuori del Giappone, non disponendo inoltre di grandi risorse che potessero dare maggior risalto alla IP agli occhi del grande pubblico. Forte dei grandi successi accumulati in questi anni, FromSoftware rilancia ufficialmente la saga con il sesto capitolo numerato senza stravolgerne l’anima ma sfruttando la propria maturazione per evolvere il brand, con a capo del progetto Masaru Yamamura, lead designer di Sekiro e figura di un certo livello del team nipponico. Noi d’altro canto siamo saliti a bordo del nostro mech personale, per raccontarvi il nuovo Armored Core 6 nella nostra recensione.
Guerra su Rubicon 3
La trama di Armored Core 6, nonostante il proprio numero, non è un seguito diretto dei precedenti capitoli, risultando un punto di partenza tutto nuovo e potenzialmente un entry point per i videgiocatori che vogliono avvicinarsi per la prima volta alla serie. Conflitti e corporazioni sono ancora al centro dell’impianto narrativo di Armored Core, ambientato in un mondo cupo oppresso da guerra e interessi economici. Nei panni di un mercenario, guidato dal supervisore Walter, dovremo intraprendere una serie di missioni proposte con dei brief in ogni capitolo che ci vedranno impegnati nello svolgimento di compiti assai variegati. Queste spaziano da incarichi semplici di breve durata fino a spedizioni più articolate e complesse.
Siamo dunque di fronte a una struttura arcade lontana da open world e macroaree esplorabili liberamente, tratteggiata da una storia abbastanza chiara che punta alla rigiocabilità. Per avere un quadro completo, infatti, si dovrà ripetere la campagna per ben tre volte al fine di ottenere i tre diversi finali disponibili. La cosa non risulta tediosa poiché l’ottenimento dei diversi componenti per la personalizzazione attraverso i crediti guadagnati per ogni incarico completato è il motore principale dell’intero titolo, che spinge il giocatore a riaffrontare in diversi modi le missioni già completate.
In tal senso, la durata ridotta degli incarichi è decisamente positiva, con solo alcuni dei più importanti che richiederanno più tempo del solito e, perciò, supportati da dei checkpoint dai quali ripartire in caso di sconfitta. Tornano poi le battaglie in arena, dove prenderemo parte a duelli all’ultimo mech contro l’IA, avvincenti e remunerativi per quanto riguarda le modifiche che potremo apportare al nostro mezzo, che vedremo dopo in maniera più approfondita. Nel complesso, una ventina di ore è il tempo necessario per completare Armored Core 6, in base anche alle proprie abilità e in relazione ai muri di difficoltà presenti nel gioco, che possono frustrare e richiedono talvolta di intervenire sul proprio arsenale per ottimizzare al meglio il proprio gameplay davanti alle diverse situazioni.
Sparatorie frenetiche e personalizzazione estrema
Come abbiamo accennato, il cuore dell’esperienza di Armored Core è l’assemblaggio del proprio mech, dove è possibile mettere mano a praticamente ogni componente che costituisce il mezzo che controlleremo e influenzarne così i parametri. Con il completamento delle missioni, sbloccheremo in maniera progressiva diverse parti da acquistare nel negozio grazie alla valuta che otterremo come ricompensa ogni qual volta torneremo vittoriosi dal campo di battaglia. Sarà possibile poi testare la propria configurazione prima di andare in missione, per verificare pad alla mano se il tutto risulta convincente o meno, così da intervenire nuovamente sulle parti installate.
La qualità in tal senso, rispetto agli altri episodi della serie, ha compiuto un balzo importante: seppur con meno tipologie di componenti si è preferito attribuire più impatto al singolo strumento, testabile concretamente con delle prove pratiche. Occorre quindi sperimentare le diverse combinazioni per trovare la propria quadra in base al nemico di turno, considerando anche l’introduzione di una barra di stabilità per ogni unità in campo. In caso di riempimento di quest’ultima a suon di colpi inflitti, il nemico sarà impossibilitato ad agire per qualche secondo, ma lo stesso vale per noi in caso di incasso dalle fonti nemiche. Importante è poi tenere d’occhio l’energia del proprio mezzo, l’equivalente della stamina di altri giochi From, che è ciò che permette le azioni di movimento più importanti.
Per quanto riguarda l’arsenale, in Armored Core 6 potremo configurare fino a quattro strumenti associati ai rispettivi grilletti e dorsali del pad, per uno schema di comandi alquanto intuitivo, tasti da alternare se si vogliono ottimizzare gli scontri in relazione ai movimenti da impiegare. In questo frangente viene in aiuto il targeting fisso sui bersagli, che permette al giocatore di concentrarsi maggiormente sui propri movimenti senza preoccuparsi troppo della mira e della telecamera. E proprio qui va fatto un plauso al team di Yamamura per il sistema di controllo, che presenta una risposta ai comandi precisa e reattiva, esente da legnosità e risultando un vero piacere pad alla mano. Purtroppo sul fronte del gameplay è importante constatare che la curva di difficoltà non sia stata gestita esattamente a dovere, dove in alcune circostanze sono evidenti dei problemi di bilanciamento. Applicazione e strategia sono dunque fondamentali, insieme anche a un pizzico di pazienza e tanti tentativi, specialmente in determinati punti della campagna, se si vuole godere l’intera esperienza ludica offerta da Armored Core 6.
Fluidità meccanica
Dal punto di vista tecnico, Armored Core 6: Fires of Rubicon si presenta assolutamente fluido e stabile, con un colpo d’occhio decisamente convincente pur non brillando per la qualità delle sue texture. La varietà delle mappe e delle ambientazioni ci ha piacevolmente colpito, complice l’ottima art direction che da sempre contraddistingue FromSoftware. Il look e il design dei mech sono di grande qualità insieme a tutte le parti innestabili, e il fatto che ogni singolo pezzo possa essere ricolorato e accessoriato con decalcomanie non fa che avvalorare l’impatto estetico complesivo del titolo. Anche il level design dice la sua, dove si ha una certa libertà di approccio per arrivare all’obiettivo della missione, potendo spesso giostrarci a 360 gradi nelle mappe proposte.
Dal punto di vista sonoro il titolo fa un buon lavoro, con un doppiaggio in inglese di tutto rispetto, ma un peccato per i sottotitoli posti in alto durante il gameplay vero e proprio, che difficilmente saranno letti tra la frenesia dell’azione e un contrasto con il fondo non proprio ottimale. L’hud, se alle prime può sembrare straniante, rimane piuttosto chiaro e non invasivo, riuscendo a passare in secondo piano durante i combattimenti. Ritorna anche il PvP multiplayer che include duelli 1 contro 1 e 3 contro 3, decisamente divertenti e ottimi per spezzare il ritmo del singleplayer, sebbene rimanga da valutare la stabilità del comparto nel tempo, considerando che il multigiocatore è da sempre l’offerta più debole di FromSoftware.
Conclusioni
Armored Core 6: Fires of Rubicon è indubbiamente un titolo action dal grande valore, estremamente arcade e figlio di una diversa generazione di videogiochi, forte di accorgimenti moderni che non possono non mandare in estasi i fan della serie. FromSoftware e Yamamura confezionano un prodotto frenetico, tattico e appagante, che fa dell’elevata personalizzazione il suo punto di forza più grande, ma che inciampa su una curva di difficoltà confusa e va ad appoggiarsi su sistemi di gioco datati che possono scoraggiare i più. La qualità messa sul piatto dallo studio nipponico è indiscutibile e non abbiamo dubbi che questo capitolo possa aprire a futuri progetti in caso di successo commerciale, per la gioia dei fan di lunga data e di quelli nuovi che con Fires of Rubicon troveranno un titolo ostico, soddisfacente e peculiare, nato da una visione caratteristica di altri tempi.
Armored Core 6: Fires of Rubicon
Voto - 8
8
Armored Core 6: Fires of Rubicon è il nuovo titolo di una serie storica a cura di FromSoftware e Bandai Namco su PC, PlayStation e Xbox.