La nostra civiltà ha conosciuto in passato tantissime svolte tecnologiche, che hanno segnato la nostra storia: l’invenzione del fuoco, dell’aratro, della ruota, della scrittura, del motore. Tutte invenzioni che fanno parte ancora di un mondo analogico. A segnare gli ultimi decenni è stata l’invenzione del World Wide Web e di internet: pietre fondamentali per costruire il cosiddetto “mondo digitale“.
Sir Timothy John Berners-Lee lavorando al CERN di Ginevra concepì il World Wide Web nel 1989, divenendo disponibile al pubblico nel 1993. Dopo quasi tre decenni, grazie all’idea di Berners-Lee e di coloro che l’hanno preceduto, il nostro mondo è iperconnesso come mai prima d’ora. Tutto questo grazie alla presenza di dispositivi tech avanzati quali sono i computer portatili, i tablet e, soprattutto, gli smartphone.
Di fronte alla presenza capillare di internet potremmo pensare di essere già in un mondo digitale. Ma non è proprio così: la nostra quotidianità non è ancora del tutto permeata dalla realtà digitale, visto che sistono ancora diversi limiti che ci separano da un mondo digitale propriamente detto. E quindi: quali sono questi limiti presenti nelle tecnologie che usiamo tutti i i giorni? Qual è il futuro per un mondo digitale?
Perché non siamo ancora in un mondo digitale
L’autore e inventore americano Dan Abelow in un articolo per “Wired” ha ben sottolineato i limiti delle tecnologie attuali. Circondati da smartphone e collegati sempre a internet ci siamo fatti l’idea di essere in un mondo completamente digitalizzato. Possiamo parlare con una persona che abita ai nostri antipodi (la Nuova Zelanda per l’Italia), possiamo ordinare un pasto con un’applicazione e riceverlo a casa con un click; possiamo scrivere e modificare documenti e file ovunque, grazie al collegamento in cloud.
Ma, per l’appunto, siamo ancora lontani da un mondo digitale vero e proprio, come spiega Abelow:
Ci sono delle restrizioni. Devi accendere i tuoi gadget e aspettare. O devi trovare l’applicazione di cui hai bisogno e aspettare. […] Poi le tue app o i tuoi dati potrebbero non funzionare con un altro dispositivo che hai comprato, sai, lo scorso weekend o lo scorso anno.
Ci sono tanti altri limiti nelle tecnologie attuali: le batterie, che non garantiscono autonomie superiori ai 2 giorni sui nostri smartphone; la connessione internet non ancora veloce o del tutto assente in zone remote del pianeta (o anche in zone poco abitate all’interno di aree sviluppate, Italia compresa).
L’elenco potrebbe continuare e riempire altri dieci articoli. Alcuni sono risvolti negativi, altri sono limiti figli di un mondo non ancora monopolizzato da una megacorporazione mondiale vista in tantissimi film o videogiochi, come per esempio Cyberpunk 2077 ). Insomma: a oggi non siamo ancora in un mondo digitale. E nel prossimo futuro?
Il futuro mondo digitale
A fine Ottocento e ancora nel Secondo Dopoguerra ci si immaginava le macchine volanti per l’anno 2000. Nel 2023, invece, come ci immaginiamo il 2050 o il 2100? Seguendo l’immaginario di Dan Abelow, un mondo digitale vero e proprio potrebbe realizzarsi con degli schermi connessi al 100% e in maniera continuativa. In sostanza: se tu avvi un task su un determinato schermo, in un mondo digitalizzato spostandosi su un altro display potresti riprendere in maniera immediata da dove eri rimasto.
In piccolo questa idea esiste già ed è insita nella tecnologia cloud. Basti pensare a Microsoft Word: caricato un file su One Drive dopo averlo scritto al computer, lo si può modificare successivamente su uno smartphone, che sia Android o iOS. Certo, ricadiamo sempre nei limiti descritti da Abelow: non esiste un unico servizio cloud al mondo e non è così immediato lo switch. L’autore immagina infatti un mondo costruito da schermi interconnessi su qualsiasi dispositivo: un mondo digitale ipercondiviso.
Un futuro mondo digitale potrebbe andare oltre a ciò che sta immaginando Abelow: le possibilità sono quasi infinite. Per esempio, come in Ghost in the Shell di Masamune Shirow potrebbe svilupparsi una rete internet mondiale, ancora più pervasiva di quella odierna. In sostanza, gli individui tramite terminali fisici o grazie a chip presenti nei propri corpi potrebbero accedere a queste rete (nell’opera sono i cyber-brain).
Stiamo un po’ andando verso la fantascienza e verso utopie tecnologiche che potrebbero non essere così tutte rose e fiori. La stessa Motoko Kusanagi si domanda in più pagine o più frame del film di Mamoru Oshii il senso dei cyber-brain e delle realtà digitale in cui vive. Forse non siamo ancora pronti per un mondo digitale iperconnesso e i limiti tecnologici che ci circondano non sono così negativi.
Per il momento, non rimane che attendere con pazienza l’evoluzione delle tecnologie attuali, senza avere paura di un futuro mondo digitale. Se nel 2000 le macchine volanti non sono arrivate, nel 2050 o nel 2100 potremmo ancora utilizzare dispostivi tech simili a quelli attuali, con tutti i loro limiti, positivi e negativi.
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Fonte: Wired