Esiste un modo per sfruttare le capacità del nostro cervello in maniera ottimale e immagazzinare a lungo termine grandi quantità di informazioni? Potrebbe darsi, e te ne parlerò con la dovuta calma in questo articolo. Di cosa sto parlando? Di Anki ovviamente.
ANKI E LA RIPETIZIONE DILAZIONATA
Innanzitutto, è bene partire con un po’ di storia.
Fin dall’800 gli scienziati hanno esplorato le capacità della mente umana, finché uno psicologo tedesco, nel 1885, descrisse l’effetto della ripetizione dilazionata. Il concetto è piuttosto semplice: perché non ci ricordiamo affatto, per esempio, di cosa abbiamo mangiato per cena il venerdì passato? A meno che quell’evento fosse stato qualcosa di fuori dall’ordinario, il nostro cervello ha rimosso quest’informazione poiché non l’abbiamo più richiamata, ma è rimasta lì, assieme ad una montagna di informazioni assimilate e mai utilizzate, a deteriorarsi nel cumulo di nozioni abbandonate a sé stesse nella nostra memoria.
Il nostro cervello, infatti, tende fortemente a rafforzare la memoria di informazioni costantemente richiamate, e proprio per questo motivo lo studio di un dato argomento, per dirla in maniera sempilce, risulta più efficace se ripartito in ripetizioni dilazionate temporalmente rispetto a multiple ripetizioni nello stesso pomeriggio. La ripetizione dilazionata è proprio questo, è una tecnica di studio che fa del ripasso costante e dilazionato nel tempo il suo fulcro.
Ora, a questo punto, ci si potrebbe domandare: “cosa c’è di così speciale?”
Infatti è abbastanza ovvio che ripetere le nozioni studiate le rafforza nella memoria, ma il punto è proprio questo.
Lo studio passivo consiste nell’assimilare informazioni senza soffermarsi per verificare quanto e se le ricordiamo. Nei test di richiamo attivo invece si compie l’atto di richiamare l’informazione, rafforzando la memoria, e aumentando dunque la probabilità di ricordarla nuovamente attenuando la nostra curva dell’oblio. E se non siamo in grado di richiamare quell’informazione, questo ci dice che dobbiamo tornare a rivedere il materiale.
Questi due concetti, ripetizione dilazionata e test di richiamo attivo, stanno alla base di Anki, un software tanto semplice quanto efficace.
ANKI, DI COSA SI TRATTA?
Anki è un programma leggero e funzionale che rappresenta l’evoluzione digitale della tecnica delle flaschcard.
Nel 1972 Sebastian Leitner, uno scienziato tedesco, rese popolare un metodo di ripetizione distanziata basato proprio su delle flashcards, ossia carte sui cui lati erano appuntate domande e risposte. Ripartendo le carte in determinati gruppi a seconda di quanto sapesse rispondere poteva avere a colpo d’occhio una visione di quanto ricordava e quante e quali informazioni necessitava rivedere. Questo approccio era decisamente arcaico: non si aveva il completo controllo sulla distanza temporale a cui bisognava ripetere una carta in relazione alla difficoltà con cui quella data informazione era stata richiamata. Perché se un informazione la richiamo facilmente, allora la potrò ripassare anche dopo un lasso di tempo maggiore, mentre se non la ricordo affatto, sarà bene che la ripassi a distanza di una manciata di minuti.
Con il passare degli anni si sono susseguiti numerosi programmi che compiessero queste azioni seguendo un algoritmo capace di regolare le ripetizioni dilazionate a seconda delle necessità dell’utente.
Anki è probabilmente il programma più famoso ed utilizzato: si tratta di una piattaforma Open Word in costante aggiornamento, supportata da una community attiva e il grado di offrire in maniera completa tutto ciò che questa tecnica di studio ha da offrire.
Con Anki potremo costruire le nostre “carte” secondo il criterio che riteniamo più adatto, a seconda di cosa vogliamo studiare. Potremo ad esempio impostare domande sul fronte e risposte sul retro, oppure testi da completare, oppure ancora scrivere su fronte e retro della carta e fare sì che essa ci venga proposta durante lo studio prima su un lato e poi sull’altro. Queste configurazioni sono presenti di default, ma l’interfaccia permette una personalizzazione totale, per cui possiamo organizzare le carte nel modo più consono alle nostre necessità. Oltre a testi, sulle carte possono essere inseriti anche immagini e file audio.
Qui ad esempio ho creato una carta di tipo “testo da completare“, ovvero una carta in cui prima mi viene proposto il testo sul “fronte” (le parti tra parentesi graffe sono quelle che verranno oscurate), e dopo posso verificare la soluzione sul “retro“, ovvero il testo privo di censura e con l’eventuale aggiunta di informazioni poste nel campo “supplementari“, campo che io ho sfruttato inserendo un immagine esplicativa dell’argomento.
Le carte vengono organizzate in mazzi (ad esempio per argomento o materia trattata, la scelta sta a noi) e più mazzi possono essere organizzati in una struttura ad albero, con più sotto mazzi.
Nel mio caso ad esempio, dovendo studiare i muscoli del corpo umano, li ho così suddivisi in numerosi sotto mazzi, facenti tutti parti del gruppo “Muscoli del corpo” che li conteneva a sua volta. In realtà questo modo di catalogare gli argomenti, andando ovvero a creare una miriade di mazzi e sotto mazzi, non è ben vista dal programma. Anki infatti spinge di più verso l’utilizzo di etichette (hashtag da porre per ogni carta, detto in maniera semplice. In tal modo si possono individuare efficacemente tutte le carte su un determinato argomento), ma questi mazzi li creai molto tempo fa per cui l’immagine è da prendere a puro scopo esplicativo su cosa sia e come si raggruppano i mazzi.
Dopo questa breve e sintetica panoramica sull’aspetto organizzativo delle carte, descriverò brevemente la fase di studio.
COME STUDIO LE MIE CARTE?
Nello studio, una data carta ci viene proposta e noi dobbiamo richiamare alla memoria l’informazione che essa richiede. Dopo aver controllato che essa sia giusta, dobbiamo riferire al programma quanta difficoltà abbiamo riscontrato nello studiare o ripassare quella carta. In base a questo, l’algoritmo ce la riproporrà a una data distanza, che può andare da 1 minuto (se non abbiamo affatto ricordato la carta e quindi essa deve essere ristudiata) a 1, 2, 3 giorni per poi passare a settimane e mesi, a seconda del tempo e della difficoltà impiegati.
In questo esempio, ad una difficoltà “normale” nel ricordare l’informazione corrisponde un intervallo di 3 giorni per la carta. Chiaramente, se dopo quei 3 giorni selezionerò nuovamente “normale” essa mi verrà proposta ad un intervallo maggiore, proprio perché l’algoritmo non è statico ma punta a ridurre sempre di più la nostra curva dell’oblio.
E’ regola piuttosto diffusa definire “normale” una carta quando vi si impiegano meno di 10 secondi a ricordarla, resta comunque alla sensibilità personale auto valutarsi.
Anki, ad un livello molto basilare, offre questo.
Se si volesse inoltre dedicare dell’ulteriore tempo a studiarne le sfaccettature, opzioni e impostazioni rese disponibili dalla community che dal 2006 a oggi mantiene vivo questo ecosistema, l’utente scoprirebbe l’esistenza di Add-On, ossia estensioni opzionali capaci di personalizzare il programma aggiungendo diverse opzioni, collegamenti o introducendo precise meccaniche non necessariamente indispensabili, ma comunque più o meno utili. Scoprirebbe inoltre i mazzi condivisi, ossia mazzi messi a disposizione dalla community per la community, o il sistema di sincronizzazione legato all’account, per cui mediante la creazione di un account tutti i dispositivi su cui utilizziamo Anki saranno sincronizzati con le medesime carte. Si può dunque interrompere lo studio al PC e riprenderlo sullo smartphone, magari durante un noioso viaggio in treno, Anki si trova infatti anche per Android e iOS.
Ulteriori informazioni si trovano sul sito ufficiale, dove è anche presente un esaustivo documento sulle potenzialità di questa piattaforma, che potrai trovare anche in italiano.
Cosa ne pensi di questo programma?