Chi, al giorno d’oggi, non ha mai avuto nel suo armadio un paio di Air Jordan? O, quantomeno, chi non le ha mai viste esposte in negozio?
La risposta è presto detta, e questo è uno dei tanti motivi per cui “Air – La Storia del Grande Salto” riuscirà facilmente ad avvicinare alle sale una grande fetta di pubblico più disparato.
La pellicola in questione rientra fra quei rari sports-drama che, di tanto in tanto, popolano le sale. Caso vuole che “Air” sia proprio ciò che serviva e che mancava in una stagione cinematografica iniziata con un ritorno in auge roboante di varie saghe, franchise e cinecomics (senza nulla togliere a questi, si badi).
Air: sinossi, la vicenda e il lato tecnico di alto livello
La storia racconta la reale vicenda di come la Nike, ai tempi oscurata dalla concorrenza di Converse e Adidas, riuscì a scavalcare quest’ultime e a chiudere un accordo per un’intera linea di scarpe appositamente realizzate per una stella nascente dell’NBA, un tale Michael Jordan.
“Air” racconta una storia che, per quanto tremendamente interessante, ormai tutti conoscono, motivo per cui la sua scontata risoluzione è forse una piccolezza che gli si potrebbe imputare; tuttavia, a suo favore, entra in gioco una splendida sceneggiatura per mano di Alex Convory, che alza in modo esponente l’asticella del puro intrattenimento, e lo fa grazie a dialoghi incalzanti, umorismo ricercato e sempre opportuno, ed una narrazione ritmata in tipico stile Sorkin (The Social Network; Moneyball; Steve Jobs).
A fare da spalla allo script di Convory c’è la regia di Ben Affleck, ormai affermato anche dietro la macchina da presa dopo il suo acclamato esordio con “Argo” (2012). Qui, Affleck dimostra nuovamente di sapersi ben districare con una cinepresa tra le mani, facendo trasparire alla perfezione quell’armonia frenetica e scandita della fonte scritta, non facendosi però mancare qualche interessante guizzo registico.
Ogni reparto tecnico di questo film è, quindi, di alto livello. Dalla sceneggiatura, alla regia; dai costumi, alle scenografie. Tutto funziona alla perfezione; ma così non sarebbe se davanti alla macchina da presa non ci fossero dei Grandi del cinema hollywoodiano moderno: infatti, oltre a Matt Damon, Jason Bateman, Viola Davis, Chris Tucker e lo stesso Affleck, straordinarie e centrate sono le interpretazioni dei vari comprimari, da Chris Messina a Matthew Maher (per citarne alcuni).
Lo Pseudo-(non)Biopic
La vera caratteristica peculiare di quest’opera è la sua celata intenzione di porsi come uno pseudo-biopic, per via della centralità e dell’importanza della figura di Micheal Jordan nel film: quasi a fungere da espediente, essenziale quindi nell’economia della narrazione.
Questa soggettiva declinazione, di certo, può lasciare il tempo che trova; giacché, Convory e Affleck si allontanano di gran lunga da qualsivoglia stilema del caso. Il pregio di “Air” è, infatti, proprio il modo in cui è costruita di base la sua storia: non viene posto al centro dell’attenzione quel determinato personaggio, che può facilmente essere il tipico protagonista di una pellicola biografica; bensì, protagonisti in questo caso sono quei personaggi, comprimari e sideline di un già citato biopic.
Questa scelta, senza dubbio, colpisce a pieno il segno, e dona alla pellicola un tocco ricercato, non banale, tanto che proprio Michael Jordan non è mai inquadrato frontalmente, a sottolineare il chiaro intento di focalizzarsi sui veri protagonisti della storia.
Da una vicenda all’apparenza banale, “Air – La Storia del Grande Salto” riesce a diventare qualcosa di più, e viene elevato da una grande passione da parte dei due autori, da una narrazione ricca di mordente, principi graffianti, di cuore e legame affettivo verso i protagonisti; quest’ultimi, perfettamente caratterizzati e interpretati, trainano l’intera opera sulle loro spalle, spingendo il pubblico a “tifare” per loro in una corsa all’ultima firma, sapendo comunque come tutto andrà poi a finire.