Le potenzialità della rete sono straordinarie, questo è un modo nuovo di offrire la cultura italiana, il cinema, il teatro, la danza, la musica, le mostre, i musei, gli eventi, i concerti. Itsart è un palcoscenico virtuale che si aggiunge a quello reale per moltiplicare il pubblico, nella consapevolezza che la fruizione digitale non potrà mai sostituirsi a quella dal vivo.
Con queste parole Dario Franceschini nel maggio 2021 lanciava ITsART, la piattaforma definita allora come la “Netflix italiana della cultura”. Voluta dal Ministero della cultura e realizzata da Cassa Depositi e Prestiti, si trattava di un sito che aveva lo scopo di proporre gratis e a pagamento spettacoli, live e film italiani.
Prima del suo lancio poteva suonare come una buona idea, visto che si proponeva di promuovere l’arte e la cultura italiana anche nel mondo, grazie anche a un nome english friendly. Ma già all’epoca era sorto qualche dubbio: per esempio, perché non potenziare la Rai e lo stesso RaiPlay invece di creare un suo doppione? I dubbi divennero conferme quando la piattaforma andò online e divennero certezze con il passare del tempo. Un flop che ha portato in questi giorni il nuovo Governo e Cassa Depositi e Prestiti a chiudere ItsArt.
Il fallimento di ItsArt, la Netflix italiana della cultura
ItsArt era stata annunciata nel luglio 2020 e presentata il 30 aprile 2021 come una piattaforma “dedicata a tutti coloro che amano, producono e vivono l’arte in tutte le sue forme e le sue declinazioni”. Nei suoi primi giorni la piattaforma promosse vari “eventi esclusivi in streaming”, quali concerti e spettacoli teatrali. Un esempio è stato lo spettacolo di Claudio Baglioni In questa storia che è la mia del 2 giugno 2021 e un ciclo di concerti del maestro Riccardo Muti. Oltre a spettacoli e concerti, ItsArt al lancio proponeva oltre 700 contenuti tra documentari e film.
Ma le critiche e le perplessità sorsero appena venne lanciata la piattaforma. Due erano i dubbi principali. Il primo ruotava intorno al finanziamento da ben 30 milioni di euro, che non è mai stato chiaro in cosa si fosse tradotto, visto che i contenuti originali hanno sempre latitato.
La seconda critica andava proprio all’offerta di ItsArt. Presentata come la “Netflix italiana della cultura”, della piattaforma streaming aveva ben poco comune: a partire dall’assenza di un abbonamento mensile o annuale. Infatti, ItsArt proponeva i suoi contenuti a noleggio o acquistabili singolarmente, proprio come altre piattaforme tipo Chili. E non sembra un caso, visto che Chili è proprietaria al 49% di ItsArt; il 51% invece è di Cassa Depositi e Prestiti (istituzione finanziaria controllata all’83% dal Ministero dell’Economia e delle Finanze: tradotto, dallo Stato).
Proporsi come concorrente di Netflix senza contenuti originali e con un’offerta a noleggio non prometteva bene e così è stato. Non solo in meno di due anni sono cambiati ben 3 amministratori delegati alla guida della società di ItsArt. Ma la piattaforma ha registrato continue perdite nel tempo ed è finita totalmente fuori dal radar della stampa e del pubblico italiano.
Alla fine, lo scorso 29 dicembre Cassa Depositi e Prestiti ha deciso di mettere in liquidazione ItsArt. Il nuovo Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano avrebbe quindi deciso di non finanziare più la piattaforma, che ha registrato una perdita di 7.5 milioni di euro nell’ultimo anno. La speranza (probabilmente vana) è che finalmente venga potenziato Raiplay, una piattaforma comunque valida e gratuita, ben rodata da tempo.
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