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Dwarf Fortress è l’oro sotto la montagna: recensione d’un raccontastorie in incognito

Dwarf Fortress non è un gioco facile. La complessità che lo contraddistingue però non viene da boss impietosi, barre della vita troppo corte, o pattern che richiedono di memorizzare un tempismo preciso; no, la difficoltà di questo gioco deriva dall’incredibile livello di dettaglio che permea ogni suo aspetto. Un “simulatore di vita” che sotto una montagna di UI ermetici nasconde un cuore d’oro fatto di storie vive che crescono e si sviluppano spontaneamente, proprio come i funghi che ricoprono il pavimento della mia pietosa fortezza in roccia scistosa.

Quello che a prima vista sembra un innocuo gestionale survival sulla scia di RimWorld è in realtà un pezzo di storia del videogioco tanto influente quanto impenetrabile. Esposto al MoMA (Museum of Modern Art history) di New York, Dwarf Fortress nasce nel 2002 dall’idea di due fratelli, Zach e Tarn Adams, che nel corso di 20 anni hanno perfezionato continuamente la loro opera fino a renderla un cult essenziale. Il loro lungo cammino è culminato la settimana scorsa con il debutto della versione Steam, lancio che ha completamente obliterato ogni previsione di mercato del loro commercialista, collocando il simulatore nanico tra i Top Seller della piattaforma nel giro di appena poche ore.

Il motivo? Per metterla molto semplicemente, Dwarf Fortress è il sistema più ricco e sofisticato di simulazione di un mondo giocabile che sia mai stato sviluppato. Un intreccio di relazioni umane (…naniche?) in evoluzione, casi giudiziari, annessione di imperi. Ma anche di risse in taverna, problemi di magazzino, vomito sul pavimento. E ancora, vampiri sotto copertura, bassorilievi sconci, deriva geologica, frane disastrose. Una rete fitta e poliedrica che sotto il cofano nasconde molto più di quanto si possa intuire dall’aspetto della carrozzeria.

Dwarf Fortress Nano posa davanti al titolo circondato da demone in penombra e frasi meme
“Possibile che sono tanto debole?”

Cosa si fa su Dwarf Fortress?

Generalmente si perde. Non a caso il motto del gioco è “Losing is fun!“, ma non occorre essere degli amanti dei giochi severi per divertirsi mentre la fortezza che si credeva invincibile viene allagata a causa di un tunnel troppo ambizioso. Infatti il segreto per godersi Dwarf Fortress è smettere di provare a “vincere”, e godersi il viaggio infinito verso una meta in continuo movimento, un sentiero periglioso lungo il quale è possibile vivere momenti dalla peculiare (e francamente incredibile) forza narrativa.

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Visto così non dice niente. Eppure, dietro la copertina…

Un twist antropologico della formula survival

Tecnicamente parlando, Dwarf Fortress è un sandbox, così come molti altri survival cugini suoi. Il fulcro del gioco consiste nello stabilire una casa per un manipolo di nani espatriati, con l’obiettivo generale di crescere e prosperare. In teoria c’è uno schermo di vittoria, ma il gioco stesso ci avvisa che non dovremmo preoccuparcene troppo, dato che siamo liberi di scegliere autonomamente degli obiettivi verso i quali orientare la partita. Sottomettere tutte le città di una penisola è un traguardo tanto valido quanto ricostruire la propria città in scala, e in ogni momento è comunque possibile “ritirare la fortezza” per lasciare che i nani si autogestiscano senza il nostro intervento. Un pulsante di eiezione che lascia una grandissima libertà al giocatore, a cui viene affidato il potere enorme di autostabilire delle condizioni di vittoria con cui misurarsi.

Una scelta davvero azzeccata perché sopravvivere nell’immediato si rivela una questione piuttosto triviale. A meno di non aver scelto un ambiente brullo e desolato (o troppo umido), procacciare le risorse necessarie al sostentamento è davvero semplice. Ma, purtroppo per i nostri piccoli amici barbuti, non si vive solo di pane e acqua.

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Sicuramente nulla di cui preoccupar—

Dopo i primi anni passati a nutrirsi di bacche e lattuga nel buio di una grotta spoglia e fangosa, i nani inizieranno a mostrare chiari segnali di cedimento psicologico. Per tenerli contenti sarà necessario curare gli ambienti e soddisfare i bisogni societari e personali della popolazione. Intrattenimento, privacy, socializzazione, sfogo artistico, sete intellettuale, allenamento fisico, e molti altri.

Tuttavia nulla ci vieta di lasciare la colonia in preda alla deriva mentale del claustrofobico fortino, e assistere alle conseguenze della vita nel carcere duro che abbiamo creato. Dopotutto, la vera forza del gioco è la sua capacità di elaborare sulle situazioni che il giocatore crea (volente o nolente): è in questo che consiste il cuore d’oro di cui vi parlavamo.

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Gameplay emergente

Spesso chi apprezza titoli dalle componenti gestionali tende a immaginarsi delle storie che affiancano la propria progressione nella partita, rendendola più accattivante e verosimile. Giochi come Kenshi e Frostpunk attraggono grazie a un mix di dati precisi (riserve di cibo, numero di dissidenti, gravità di una ferita) e atmosfera (musiche, art design, tono e ritmo degli eventi), binomio che aiuta a calarsi molto approfonditamente nella realtà di un mondo alternativo. Grazie ai dati obiettivi da una parte, e all’immagine mentale degli avvenimenti dall’altra, il mondo dipinto durante una partita si rivela scritto a due mani: dallo sviluppatore, sì, ma anche dalla fantasia del giocatore.

Dwarf Fortress non fa eccezione, ma l’incredibile mole di dati che il sistema è in grado di rigurgitare stravolge radicalmente le aspettative del giocatore sul rapporto gioco/elaborazione personale. Grazie alla mostruosa quantità di parametri che vengono memorizzati e calcolati in ogni momento, il sistema sconfina nel territorio che tradizionalmente appartiene alla fantasia del giocatore, incontrandolo su un terreno che l’utente pensava irraggiungibile per il medium.

In parole povere, Dwarf Fortress riesce a infondere vita propria nelle storie che genera. Ciò non significa che il giocatore venga privato del suo diritto a immaginare, anzi. La cruda esattezza dei fatti che si srotolano di fronte ai nostri occhi somiglia molto alla narrazione di un bravo scrittore, che sa quando dilungarsi e quando invece tacere per stimolare la mente del lettore.

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Ogni nano ha una scheda del genere che dettaglia la sua personalità. Da notare la parte in viola: Vucar Libashadag ha fatto un intero character arc di crescita personale, e io nemmeno lo sapevo.

Una coppia di nani si innamora, condivide un letto e si sposa. I due piccioncini iniziano a svolgere le proprie mansioni fianco a fianco — poi, la tragedia. Un albero di noce, un maledettissimo albero di noce (forse troppo grosso per le modeste abilità boscaiole della coppia) precipita sul marito. Il pover’uomo schiatta all’istante. Con grande pena, il corpo maciullato del nano viene deposto in una tomba dalla moglie stessa, che da quel giorno si rifiuta di compiere qualsiasi altro mestiere. Rinchiusa in una camera da letto ormai troppo grande per lei, cade in uno stato depressivo dal quale non si riprenderà mai più. Il corpo della nana verrà ritrovato nella stessa stanza qualche giorno dopo, e un capannello di coloni lo deporrà di fianco a quello del marito.

Una storia strappalacrime che i giocatori di city-builder e affini sono costretti a immaginare in autonomia, spesso ignorando molti dettagli forniti dal gioco per fare spazio alla loro “fanfiction”. Ebbene, Dwarf Fortress simula tutto questo e molto più. Quello che avete letto è un racconto tradotto dal subreddit ufficiale, che per la verità omette numerosi dettagli reperibili facilmente* in gioco. Specifiche come i dettagli dell’infortunio, il carattere dei due nani, l’intensità del vento nella zona dell’incidente, perfino gli ultimi pensieri della vedova sono solo alcuni dei dati che ci è possibile controllare per ricostruire la cronistoria di una vicenda qualsiasi.

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I difetti

Vi abbiamo parlato dell’oro, ora però tocca spiegare anche la montagna di roccia che lo ricopre. Dwarf Fortress regala momenti davvero memorabili che pregano di essere immortalati e condivisi con gli amici, ma spesso il percorso verso quell’esilarante apoteosi della drammaturgia è costellato di frustrazioni e ricerche infruttuose su una wiki.

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Tutorial, tutto qua?

L’aiuto fornito da Dwarf Fortress è scarso e vago. Assomiglia a un depliant illustrativo che mette in mostra le feature principali del gioco piuttosto che alla guida di cui il nuovo giocatore avrebbe bisogno. Certo, questa introduzione illustra egregiamente la logica e le “regole” generali che delimitano il campo di gioco, ma dimentica dei dettagli molto importanti che finiscono per frustrare persino i neofiti più perspicaci.

Per esempio, riuscire a rilegare un libro senza aiuti esterni è un’impresa infernale (no, le vostre competenze su Minecraft non sono trasferibili), e alcuni oggetti craftabili sono barricati dietro dei sottomenù che li nascondono agli occhi di chi non è abituato a premere ogni bottone che vede. Un’altra mastodontica omissione riguarda le scale costruibili (l’unico modo per espandersi verso l’alto), la cui esistenza è rimasta un mistero per il sottoscritto fino a qualche ora prima di questa recensione. Losing is fun, ma non quando perdi perché non trovi i bottoni giusti.

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Questa è una burla della community, ma il volume esiste davvero.

Fortunatamente la community del gioco è stretta e dedicata. Visitando il subreddit ufficiale è possibile ricevere aiuto dai giocatori più esperti all’interno del thread giornaliero dedicato. Detto questo, la buona volontà della playerbase non può sostituire pienamente un tutorial comprensivo (anche se riconosciamo che coprire ogni aspetto di questo gigantesco gioco sarebbe un bel fardello): una macchina con così tante parti in movimento richiede almeno una sezione FAQ o troubleshooting all’interno del gioco stesso. Perché i miei nani non portano le tazze in taverna? E no, non è una domanda retorica per fare l’esempio. Le ho provate tutte, non vogliono proprio spostarle. Aiuto, vi prego.

Dwarf Fortress Steam tutorial

L’interfaccia, il nemico più terribile

Il vero tasto dolente di questa release. Dwarf Fortress ha finalmente integrato il supporto per il mouse, ma ciò è avvenuto a discapito dell’immediatezza dei controlli. Le precise shortcut da tastiera che tutto potevano sono ora state rimpiazzate dalla frequente necessità di trascinare il mouse da un lato all’altro dello schermo. Può sembrare un inconveniente minore, ma dover inseguire una finestra ballerina per scegliere con quale legno costruire ogni singolo letto di un complesso residenziale è tedioso e irritante.

Inoltre solo alcuni menù sono dotati di una funzione di ricerca e filtro dei risultati. Il caso vuole che la preziosissima search bar manchi proprio dai menù che ne hanno più bisogno, uno su tutti l’elenco dei cittadini. Alcuni miglioramenti alla quality of life sono talmente semplici e necessari che viene da chiedersi come abbiano fatto gli sviluppatori a non pensarci autonomamente. Sempre un difetto minore, certo, ma provate voi a selezionare manualmente 194 nani da assegnare a un rifugio di emergenza, e poi ne riparliamo.

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Okay, che fine ha fatto Ingrid?

La vera rivoluzione arriverebbe con un sistema di link, implementazione che non possiamo suggerire abbastanza. Per risalire a oggetti, nani, o gruppi menzionati in-game occorre andare a caccia delle informazioni tra i tanti pannelli presenti, obbligandoci a tenere a mente un complicatissimo nome nanico (come Ustos Gatalnokzamalåth) mentre scorriamo centinaia di voci. Per esempio se un’incisione raffigura le gesta di una prode guerriera nana, potremmo volerci andare a leggere l’elenco completo delle sue imprese. Occorre quindi annotarsi mentalmente il nome della nana, aprire il pannello dei cittadini, scorrere fino a trovare la valorosa combattente, e infine cliccare nella sezione “Military” e poi “Kills” della sua scheda personale. Non sarebbe molto più comodo avere un link cliccabile, dato che adesso possiamo —anzi, dobbiamo— usare il mouse?

Premere tasto destro per cancellare la Storia

Questa pecca fa particolarmente male perché il gioco dà il suo massimo quando sta generando storie memorabili. Purtroppo molti eventi importanti ci vengono mostrati tramite un sistema di notifiche sulla parte sinistra dello schermo (le quali potrebbero beneficiare di un ping sonoro), che prima o poi siamo costretti a cancellare per non ritrovarci con una sfilza di informazioni antiquate e inutili che affollano lo schermo. Questo significa anche che l’emozionante cronaca dei combattimenti viene prima o dopo persa per sempre. I nostri nani potrebbero ricordare l’evento e citarlo a distanza di anni e continenti di distanza, se la voce si è sparsa, ma è facile che noi giocatori finiremo per dimenticarne i dettagli se non lo salviamo con numerosi screenshot. Un metodo scomodo che potrebbe davvero funzionare meglio considerato il ruolo centrale che la creazione di aneddoti gioca nell’identità di Dwarf Fortress.

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Grafica acerba, ritmo intenso

Il prodotto originale è un free to play basato sui simboli ASCII del mitico codepage 437, e si presenta all’utente come la classica “schermata da hacker” hollywoodiana: una serie infinita di lettere e simboli apparentemente senza senso, ma che in realtà corrispondono ad entità ben precise, familiari però solo a chi conosce questo alfabeto segreto.

Purtroppo l’eredità austera del genitore si avverte anche nella versione di Steam, che nonostante le buone intenzioni finisce per regalare una buona dose di sgomento a chi non è ben preparato. I fratelli Adams hanno avuto la buona intuizione di provare a levigare uno degli spigoli più affilati di Dwarf Fortress, introducendo una grafica a sprite che sostituisce l’inferno di simboli deliranti dell’originale. Questo elimina un grosso scoglio al divertimento del giocatore qualunque, tuttavia non basta a rendere il prodotto “beginner friendly” a causa della velocità folle con cui si compiono le azioni.

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Il combattimento, che possiamo considerare parte fondamentale e uno dei focus principali del gioco, può iniziare e concludersi in un questione di istanti. Prima che facciate in tempo a dire “nano”, la creatura demoniaca scesa dalle montagne ha già amputato entrambe le mani del vostro falegname leggendario, ed è poi stata sopraffatta dalle lance della milizia cittadina, inzuppando di vomito i muri dell’ingresso (storia vera eh). Intanto è stato generato un racconto ben più lungo di questa recensione, che dettaglia attacchi, schivate, nausee e ferite, ma tutto ciò che voi in quanto giocatore avete visto è stato un grumo di sprite toccarsi per un paio di frame e poi correre via.

Leggere i resoconti è infinitamente meraviglioso, ma certe volte si rimane un po’ increduli da ciò che si legge. Ferite apparentemente letali non recano le conseguenze che ci si aspetta, e partecipare attivamente alla battaglia ordinando ritirate strategiche o cambi di posizione è impossibile data la velocità con cui si risolve il conflitto. Tenere traccia di quanto succede con molteplici nemici può causare un bel mal di testa.

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…ma regala perle del genere!

Imparare a lasciarsi andare

Il nostro consiglio per godersi Dwarf Fortress è: lasciatevi andare. Se quanto letto vi ha stuzzicato, sappiate che difficilmente potete immaginare le soddisfazioni che il gioco regala. Tuttavia bisogna essere consapevoli dell’investimento di tempo e voglia necessario a capire come rapportarsi con questo magnifico simulatore.

Dwarf Fortress è voyeuristico, dettagliato, a tratti caotico e buffissimo. Entrate nell’esperienza con la volontà di essere guidati attraverso una storia interattiva, e non cercate a tutti i costi di salvare ogni colono: Losing is Fun, e certi incidenti non possono essere prevenuti. Alcuni nani proprio non sono compatibili con la vita di frontiera, specialmente quelli con un pessimo senso dell’orientamento. Oh dolci primule…

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Per chi è?

Consigliato sia a chi apprezza i gestionali che agli amanti di giochi “cattivi”, ma anche gli stimatori di The Sims e simili possono apprezzare a pieno questa gemma storica del videogioco. Sconsigliato davvero solo a chi arranca con l’inglese, non solo per la lingua dei testi, che probabilmente verranno tradotti (se non dagli sviluppatori, allora certamente da una buon’anima sul workshop di Steam), ma anche e soprattutto perché da un certo punto in poi il gioco richiede un impegno attivo di studio e ricerca per non affogare nel mare di possibilità a vostra disposizione.

La wiki sta effettuando le dovute migrazioni per evitare che le informazioni riguardanti la versione free to play si mescolino con quelle della premium release. Con il successo riscontrato siamo sicuri che nel giro di pochissimo tempo Dwarf Fortress diventerà significativamente più user friendly e accessibile. D’altronde sono già spuntate mod titaniche, come full conversion che lo trasformano in un capitolo di Elder Scrolls e interi moduli standalone che anticipano l’atteso arrivo della modalità Adventure, molto simile a un RPG.

Un’esperienza più unica che rara prezzata a 28,99€ su Steam e Itch.io. Ma cosa sono i soldi quando in cambio ti danno il formaggio?

Dwarf Fortress DrCommodore

Dwarf Fortress

Grafica - 6.5
Storia - 9
Gameplay - 7.5

7.7

/10

Dwarf Fortress è un gestionale roguelike fortemente narrativo, dove tutto accade per un motivo. È il capolavoro di Bay 12 Games.

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Enrico Tonon

Enrico Tonon

Sono un tonno romanticissimo che nuota nella rete. Nonostante le pinne, mi ostino ad impugnare tastiere e controller. Ben ferrato in shitposting. Aerodinamico. Giallo.

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