Con il suo debutto ormai anche nelle sale italiane, One Piece Red si mostrerà ancora una volta agli occhi degli appassionati che hanno avuto la possibilità di vederlo in anteprima a novembre, mentre coloro che invece non sono stati così fortunati potranno infine fruire di questa nuova opera alla quale lo stesso Eiichiro Oda ha lavorato per quanto riguarda le fasi di produzione.
Sin dall’inizio della serie alla fine degli anni novanta, One Piece è rimasto all’apice del suo successo, sfornando film su film e numerosi media di contorno per quello che appare come un universo pullulante di possibilità. Ad oggi, includendo One Piece Red, contiamo ben 15 pellicole del franchise, e quest’ultima è inoltre basata su uno dei personaggi più apprezzati dalla community, nonostante il mistero che lo circonda da sempre.
Sin dall’inizio, Eiichiro Oda ha mostrato i pirati alle prese con diversi eventi che formano il mondo, specialmente in situazioni dove essi fanno da ribelli ad alcuni dei gesti più oppressivi svolti dalle entità maggiormente autoritarie, come la Marina e il Governo Mondiale. Tuttavia, sembra che in Giappone non tutti siano entusiasti del modo in cui la serie va a mostrarsi.
L’accusa verso One Piece da un avvocato per i diritti umani
Hajime Kambara, avvocato giapponese esperto in diritti umani, non sembra essere rimasto molto lieto del film dopo averlo visto un paio di settimane fa al cinema insieme a sua figlia. Anzi, è rimasto sopraffatto e sconvolto da quella che lui ha percepito come una storia “retrograda”.
“Io e mia figlia siamo andati a vedere il film di One Piece per la prima volta, ed è stato colmo dell’ideologia controrivoluzionaria amata dalla destra: “se le persone vogliono la pace, l’opposto accadrà”. La storia parla di un gruppo di uomini che sembrano dei bodybuilder, e che continuano ad usare la violenza in ogni frangente; suppongo che l’autore sia antifemminista e antidemocratico.
Anche se l’inizio del film mostra delle persone sofferenti per la guerra, alla fine non si vede alcuna risoluzione. Se c’è un’ideologia in questo film, essa è “cavalleresca”, o a dirla meglio, un’ideologia da gangster. La società giapponese è davvero senza speranza se si va a vedere la popolarità di questo anime”.
L’avvocato ha poi iniziato a riferirsi all’intera industria degli anime e dei film, contrapponendola a ciò che offrono le produzioni animate di Disney, sostenendo come mentre Disney ha molte opere che risultano adatte anche a un pubblico adulto, gli anime giapponesi sono qualcosa di terribile sotto questo aspetto. Spiega che i valori dei creatori sono rimasti bloccati all’era Showa (1926-1969).
Dopo un discorso piuttosto dubbio sul declino del paese per via degli anime, i fan di One Piece e non hanno mostrato fortemente il loro disappunto. Tuttavia, l’avvocato non ha rimangiato nemmeno una parola, anzi, è andato a rincarare la dose:
“In dei tweet mi dicono di dover leggere il manga originale, o di guardare il film senza pensarci, ma sto dicendo la mia opinione su di esso, perché dovrei avere bisogno della storia originale? Se la storia e il film sono diversi, perché le persone che l’apprezzano non protestano per il film? Nel manga, c’è l’argomentazione che pone i pirati come anti-autoritari, ma in questo film i pirati e la Marina sembrano essere abbastanza vicini tra loro.
Uta è l’elemento rivoluzionario in questo film, giusto? La rivoluzione di Uta è destinata a perdere il supporto della gente perché è ipocrita; i pirati possono anche essere contro l’autorità, ma nell’insieme il film non dovrebbe risultare antirivoluzionario?”
In conclusione, l’avvocato ha poi lanciato una stoccata finale:
“E i pirati comunque sono tutti dei palestrati. Il capo dei pirati (genitore di Uta) è un uomo dell’era Showa. Mi domando perché questo stereotipo dei muscoli, della mascolinità e del periodo Showa sia ancora popolare. Non è che in Giappone il tempo si è fermato all’era Showa?”
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