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Our Flag Means Death – la recensione: lode al folle e delicato genio di Taika Waititi

Si può raccontare il mondo dei pirati come mai fatto prima? Assolutamente si. A confermarcelo è Our Flag Means Death, serie tv targata HBO Max ancora inedita in Italia che racconta le vicissitudini di una ciurma anticonvenzionale guidata da Stede Bonnet, conosciuto storicamente come il Pirata Gentiluomo.

La serie prende spunto da una storia vera toccando le trame della fantasia e raccontando, non solo l’assurdità della vita in mare (e gestire una nave di pirati puntando tutto sul buon cuore e sulla gentilezza) ma la nascita e la crescita di una delle più belle, divertenti e toccanti storie d’amore raccontate in tv negli ultimi anni.

Our Flag Means Death riesce in una impresa quasi impossibile: rendere attuale (ed incredibilmente divertente) una storia ambientata nel 18esimo secolo ma che, di episodio in episodio, richiama a tematiche sempre più sentite.

Rhys Darby e Taika Waititi, rispettivamente nei panni di Stede e del temibile (ma non così tanto) Barbanera riescono a mettere in mostra la meraviglia dei sentimenti umani senza sembrare mai finti o costruiti.

Our lag means death

Our Flag Means Death: un nuovo modo di raccontare il mondo LGBTQ+

Sembra strano a dirsi, ma alla base di Our Flag Means Death c’è la “crisi di mezza età” di entrambi i protagonisti. Da un lato abbiamo Stede che da un momento all’altro decide di lasciare moglie, figli e l’agio di una vita aristocratica per iniziare a vivere una vita da pirata.

Dall’altro invece abbiamo Edward (aka Barbanera) che sembra ormai stufo di doversi nascondere dietro la maschera da “minaccia dei Sette Mari” volendo dedicare la sua vita a cose belle.

E’ la comprensione reciproca che porta alla nascita di un rapporto di inaspettata profondità tra i due che arriva a tradursi in una bellissima e toccante storia d’amore. Per tutta la stagione vediamo Stede e Ed sostenersi a vicenda, raccontarsi e approfondire la loro conoscenza in maniera talmente naturale da non risultare mai scontata.

Raccontare l’amore con naturalezza

Our Flag Means Death riesce ad affrontare la tematica LGBTQ+ facendo qualcosa di mai visto prima: non trattandola. In anni in cui sembra quasi necessario raccontare nelle serie tv il disagio di personaggi con orientamenti sessuali differenti o che non si identificano nel proprio genere biologico, OFMD riesce nella missione più difficile di tutte: rendere tutto incredibilmente naturale.

Nonostante sia ambientata nel 18esimo secolo l’amore è affrontato fin dal primo secondo come qualcosa di universale e che non deve essere inserito in uno schema ben preciso. Lo spettatore rimane semplicemente affascinato nel veder crescere un sentimento davanti ai suoi occhi.

Una ciurma che diventa famiglia

Dal punto di vista narrativo, Our Flag Means Death ha una impostazione da comedy pura che sfora, diverse volte, nella comicità demenziale e nel black humor. Ad aumentare questo effetto comico di straniamento è una ciurma composta da marinai sempre più singolari capaci di ritagliarsi il proprio spazio in scena.

Il modo in cui Stede li gestisce, nonostante possa sembrare “anticonvenzionale”, gli permette di creare una grande famiglia capace di contare sempre l’uno sull’altro. Anche i personaggi che compaiono di meno diventano iconici avendo sempre qualcosa da dire o da mostrare.

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Sempre tanto amore per il folle genio di Taika Waititi

Taika Waititi veste il triplice ruolo di produttore, regista e attore riuscendo a trovare il perfetto equilibrio (strano per uno come lui sempre abituato a strafare) nel narrare una storia che centra perfettamente il suo obiettivo originale: essere sincera sia nel modo di esplorare l’universo dei pirati sia nel raccontare la maniera in cui, due persone apparentemente diverse, riescono ad innamorarsi (e ad imparare a farlo).

Waititi centra l’interpretazione della vita, probabilmente nel suo ruolo più serio in carriera (ed è tutto dire), caratterizzando un Barbanera violento ed efferato ma che allo stesso tempo nasconde un lato incredibilmente tenero, divertente ed emotivo. Il tutto incrociato, ovviamente, dalla comicità surreale marchio di fabbrica di Waititi.

A reggergli il gioco un eccellente Rhys Darby che riesce a pieno ad interpretare la voglia di Stede di uscire dalla sua comfort zone e il suo essere un outsider persino in un modo di emarginati come quello dei pirati. E noi non vediamo l’ora di rincontrarli nella seconda stagione.

Insomma, Our Flags Means Death riesce a strappare tantissime risate ma allo stesso tempo tirar fuori allo spettatore quella “giusta” lacrimuccia capace di renderla una serie indimenticabile.

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