Con il freddo invernale che finalmente avanza (forse stimolato dall’uscita dell’attesissimo God of War Ragnarok), siamo sicuri che state tutti ascoltando ore e ore di musica vichinga, per meglio calarvi nell’atmosfera norrena che da secoli affascina e meraviglia con le sue trame ricche di intrighi, amori, e battaglie.
Abbiamo quindi pensato di darvi una mano nel vostro tentativo di diventare un potente razziatore scandinavo con un piccolo approfondimento mitologico su una delle figure chiave nelle saghe nordiche: Loki, il dio dell’inganno, grande burlone ma anche un temibile antagonista dei Nove Mondi, destinato un giorno a compiere il Ragnarok, cioè la distruzione dell’universo.
Loki è una figura misteriosa e poliedrica, così come le fonti che ne immortalano le gesta. Tra le innumerevoli versioni dell’Edda (il testo principale della mitologia norrena) che nel tempo si sono andate condensando, noi abbiamo deciso di basare questa panoramica sul libro “Miti del Nord” di Neil Gaiman, testo che unisce prosa e versi delle due Edda medievali in un resoconto che tiene anche conto dell’opinione di esperti in mitologia.
Le origini di Loki
Nato dall’unione tra il gigante Fárbauti (“colui che somministra colpi pericolosi”) e la dea Laufey (“sottile e affilata come un ago”), il piccolo Loki ha dovuto farsi furbo sin dalla giovane età. Circondato da giganti bellicosi e temprati dal ghiaccio perenne del Jötunheimr, la sua natura scaltra e imbrogliona divenne presto uno strumento di sopravvivenza indispensabile, per lui che gigante lo era solo a metà.
In soccorso alla sua prolificissima attività imbroglifera c’è l’abilità di cambiare forma, che gli consente di trasformarsi in diversi animali, per esempio un salmone, una mosca, una cavalla (ricordatevi di quest’ultimo dettaglio), e una volta persino in una gentile vecchietta. Mal sopportato dagli altri dèi per i continui scherzi, è predetto che finirà col provocare il Ragnarok, cioè la fine dei Nove Mondi tra le lingue di fuoco di un vorace incendio. Proprio il suo nome deriverebbe infatti dalla parola “lok” che significherebbe “fuoco” (anche se altre interpretazioni riconducono l’etimologia a “luk”, cioè nodo, anello, o rete).
Un nome che è tutto un programma, e in questo caso il programma esiste davvero: esso viene rivelato a Odino che tutto vede e tutto conosce, tramite una visione avuta sul trono. Nella premonizione, Odino assiste alla venuta del Ragnarok, meccanismo innescato dalla nascita di un bambino mezzo gigante e mezzo dio di nome Loki. Sotto consiglio della moglie decide di non uccidere il ragazzo, che ormai era già grande e scherzante, decidendo invece di provare a correggerne l’indole irrequieta.
Rendez-vous dalle gigantesse
Odino si camuffa (quanti testi sulla mitologia nordica sono iniziati così?) e si reca nel Jötunheimr, la terra dei giganti, con l’obiettivo di convincere Loki a seguirlo ad Asgard. Troverà l’imbroglione nella residenza di una famiglia di giganti, intento a “spiegare una lezione di anatomia” alle figlie del padrone di casa. Più che contento di offrire alle gigantesse un ripasso gratuito della lezione, Odino si unisce alla festa, ma i due mascalzoni vengono beccati dal gigante padre, che, dopo averli vigorosamente percossi, li lega ad un masso in attesa del secondo giro di saccagnate.
Grazie ai poteri di Odino i due birichini riescono in una rocambolesca fuga, e Loki, riconoscente, si lascerà dunque convincere a trasferirsi presso Asgard. Nella dorata città degli dèi, il barbuto amante dei corvi Odino cercherà di plasmare la natura caotica di Loki in modo da scongiurare la fine del mondo nel fuoco, ma sarà tutto in vano.
I tanti scherzi di Loki
Libero dalla necessità di truffare il prossimo per sopravvivere, Loki scopre che l’arte della trollata gli va particolarmente a genio. Con nessuno scopo al di fuori di cambiare lo status quo e scombinare le vite degli dèi, il mezzo dio inizia a scatenarsi, esibendo i tratti impertinenti che spesso dimostra anche nelle sue rappresentazioni più popolari.
Questo ragazzo proprio non ce la faceva a stare lontano dai guai. Sempre alla ricerca di polemiche da suscitare e dèi da imbarazzare, Loki si cacciava costantemente in guai enormi dai quali riusciva a uscire solo grazie alla stessa prontezza di spirito che aveva causato l’incidente. In un modo o nell’altro, si faceva perdonare anche gli atti più scellerati costringendo la parte offesa a riconoscere che, dopo al suo intervento, le cose erano nettamente migliorate.
Ecco quindi le tre burle che secondo noi meglio rappresentano il trickster norreno, un’icona di furbizia maliziosa e carisma sconfinato che si fa amare da chiunque lo conosca.
La scappatella col cavallo
Asgard si ritrovava senza mura che la proteggessero dalla minaccia dei giganti. In mancanza di un team d’esplorazione, Loki decide di chiedere l’aiuto di un operaio viandante (in certe fonti è addirittura un Jötunn), scommettendo che quest’ultimo non sarebbe riuscito ad erigere delle mura entro poco tempo. Se invece il mastro costruttore avesse rispettato la stringentissima deadline, egli avrebbe ricevuto in sposa una dea. Parola di Loki, come non fidarsi?
Purtroppo per i residenti di Asgard, il costruttore lavorava a ritmo serrato, e sembrava proprio dovesse riuscire nell’impresa che, a quanto pare, non era poi così impossibile. Temendo di dover spiegare agli altri dèi le conseguenze della sua scommessa, Loki si mise quindi ad osservare il mastro all’opera, notando che l’intenso volume di lavoro era in gran parte merito del suo poderoso cavallo, in grado di trasportare enormi quantità di materiale da costruzione attorno alla struttura.
Loki si trasformò quindi in un’affascinante cavalla, e attirò l’equino da soma lontano dal cantiere. Senza la sua bestia da fatica, il mastro costruttore non riuscì a erigere le mura in tempo per la scadenza, e gli toccò rimettersi per strada a mani vuote (e appiedato?). Loki invece tornò ad Asgard dopo alcuni mesi, portando con sé un piccolo puledrino a otto zampe: Sleipnir, il più forte e veloce dei cavalli che siano mai esistiti e che mai esisteranno, nonché futura cavalcatura di Odino.
A quanto pare nessuno aveva il coraggio d’indagare sul pedigree del puledrino grigio che spesso ronzava attorno a Loki, per paura delle temibili monellerie vendicative che ne sarebbero risultate.
Parrucca magica
Se c’è una cosa che Thor ama della bellissima moglie Sif, si tratta senza dubbio dei lunghi capelli color grano d’estate che le adornano il capo. Proprio per questo quando il dio del tuono si sveglia davanti alla visione della testa completamente pelata della moglie, si affretta a indossare la sua prodigiosa cintura chiamata Megingjörð, in grado di raddoppiare la sua forza fisica, e corre a sfondare la porta di Loki.
Tenendolo per il colletto, Thor fa confessare a Loki che è stato lui a combinare il misfatto durante una sbronza (c’erano anche dei dubbi?) e gli fa promettere di trovare una soluzione. Oltre alla vergogna che i capelli tagliati potrebbero provocare per Sif e anche Thor stesso (la pelata era una punizione del marito per un atto di infedeltà della coniuge), c’è il problema molto banale eppure irrisolvibile che lo strappo era avvenuto alla radice: i capelli non sarebbero mai ricresciuti da soli.
Ma una soluzione Loki doveva pur trovarla, anche perché Thor giurava di rompergli tutte le ossa almeno una volta al giorno per l’eternità se il guaio non si fosse risolto. Così Loki indossa i suoi calzari volanti e si reca dai nani, grandissimi fabbri, gioieie orafi, e rinomati fabbricatori di oggetti magici. Appena atterrato non perde tempo e comincia subito a seminare zizzania presso Brokk ed Eitri, affermando che i figli di Ivaldi si erano proclamati ben più bravi di loro, e li avevano sfidati in una gara di forgiatura di cui gli dèi sarebbero stati i giudici. Poi si reca dai figli di Ivaldi, e ripete l’inganno a ruoli invertiti, trovandoli restii. Alla fine riesce a convincerli promettendo la sua testa ai tre nani, qualora avessero vinto loro.
Davanti agli dèi, i nani mostrano i loro doni: la più bella lancia mai forgiata, una parrucca d’oro che si fonde col cranio di chi la indossa (oggetto specificatamente richiesto da Loki), una nave che può essere riposta in un fazzoletto, poi un cinghiale dorato volante, un bracciale d’oro che ogni 9 giorni si sarebbe clonato 8 volte, e infine (almeno secondo il rendiconto di Gaiman) il famoso Mjölnir.
I nani che volevano la testa di Loki vinsero la sfida grazie al martello, ma purtroppo non ottennero di intagliare un calamaio nel cranio del burlone come da loro programma: con il viso premuto sul ceppo, Loki affermò che il nano aveva il diritto a tagliargli la testa, sì, ma non poteva tagliargli il collo. Che fosse impossibile tagliare una testa senza tagliare anche il collo, questo non è certo un problema di Loki, che ancora una volta la fa franca e contemporaneamente si ingrazia gli dèi con i grandi doni (anche se il nano, prima di andarsene, gli cuce la bocca; a quanto pare il dolore di non poter parlare era per Loki ben più grande di quello dell’ago nelle labbra).
Aggrappato spesso ai cavilli della parola, il suadente trickster veniva anche considerato il patrono dei politici, nonché creatore delle reti e dei nodi (fisici o metaforici) che incastrano la gente. Molto attuale, questa Edda!
Dissing a tavola (con molto slutshaming)
In certe storie Loki si dimostra invece molto più spietato e apertamente malvagio nei suoi scherzi. Mentre pranza assieme agli dèi nel palazzo di un Jötunn dell’acqua, rimane offeso dalle lodi che i suoi compagni divini dirigono al cuoco del padrone di casa, e, accecato dall’invidia, lo uccide a sangue freddo. Viene quindi cacciato dal palazzo, ma dopo non molto si intrufola ancora al banchetto.
Arrivato nuovamente davanti alla tavolata che lo aveva appena cacciato, Loki pretende che Odino lo faccia sedere accanto a lui, citando un vecchio giuramento con cui i due erano diventati fratelli di sangue (“non berrò la birra a meno che la stessa bevanda non sia portata anche a te”). Nonostante le proteste del dio della poesia Bragi, Odino fa quindi alzare dalla sedia uno dei suoi figli perché faccia posto a Loki, il quale alza un calice proponendo un brindisi a tutti i presenti… tranne Bragi.
Bragi vuole disinnescare la situazione, ma il nostro trickster non glielo permetterà. L’offerta del dio poeta di un cavallo, un anello, e una spada viene respinta da Loki (e sappiamo tutti quanto gli piacciano i cavalli), che procede poi a chiamarlo un codardo pauroso della guerra. Il dio, indignato, esclama che se i due si trovassero fuori dal palazzo, egli starebbe già tenendo in mano la testa mozzata di Loki. Quest’ultimo, per tutta risposta, osa affermare che Bragi è coraggioso solo quando sta seduto, paragonandolo poi a un “ornamento da panchina“.
A questo punto l’intera tavolata è visibilmente a disagio, e alcune dee provano a intervenire per calmare le acque turbolente. Iðunn, dea della giovinezza e delle mele, chiede a Bragi di non pronunciare altre parole d’odio, ma Loki si intromette chiamandola “la più pazza per gli uomini” tra tutte le donne. Interviene quindi Gefjon, dea dell’aratro e della verginità, chiedendosi retoricamente perché si debba litigare a quel modo. Per tutta risposta Loki la accusa di essersi fatta sedurre da un “pischello bianco” che le aveva offerto un gioiello, oggetto che poi sarebbe stato inserito tra le cosce della dea.
Loki ne ha per tutti, compreso Odino, che accusa il semidio burlone di aver speso 8 anni a nascondersi sottoterra, mungendo delle vacche con cui avrebbe anche fatto dei figli. Loki non nega niente, ma accusa Odino di essere un pervertito che usa la magia in modo improprio. Si azzarda poi a menzionare le scappatelle di Frigg, dea della chiaroveggenza e del matrimonio, ricordando anche quella volta in cui le uccise l’amato figlio Baldr (un punto di rottura irreparabile con Asgard).
Tra le altre cose, Loki afferma che Freya, dea della guerra e del sesso, l’ha data a tutti gli dèi e gli elfi presenti. Secondo lui la “strega maliziosa” è stata sorpresa a cavalcioni sopra suo fratello da un gruppo di dèi ridenti, e avrebbe quindi scoreggiato per l’imbarazzo. Se la prende anche con il padre di Freya, che le figlie del Jötunn padrone di casa hanno “usato come boccia del piscio“, rivangando anche l’incesto con la sorella. Loki la tocca piano, insultando un po’ tutti i presenti che faticano a stargli dietro. “Tua moglie ha avuto il mio bambino“, “Il mio lupo ti ha mangiato la mano“, “Ti sei comprato la moglie con la spada e adesso non puoi combattere“,” “Stai zitto“, “La tua vita fa schifo“, “Non parlavi così quando mi hai invitato nel tuo letto“, questi sono solo alcuni degli insulti che Loki rivolge ai suoi compagni.
Si fermerà solo davanti a Thor, ben sapendo che lui non avrebbe avuto remore nel passare ai fatti e fracassargli davvero la testa a martellate. Scappa dalla festa buttandosi in un fiume dopo essersi tramutato in salmone, ma non prima di aver augurato al padrone di casa di perdere tutto in un incendio. Ahilui, Loki verrà catturato da degli elfi pescatori e portato davanti agli dèi, che, furibondi, lo incateneranno a una roccia affilata con le budella di suo figlio, a-la-Prometeo. Sopra di lui, un serpente versa continuamente veleno nefasto sopra il suo corpo, che la moglie Sigyn (link al fanclub) cerca d’intercettare con un catino. Quando ella deve inevitabilmente svuotare il recipiente, il contatto delle gocce di veleno con la pelle di Loki scatena dei tremori talmente violenti da scuotere tutta la terra, un fenomeno che noi chiamiamo terremoto (secondo altre interpretazioni, questa tortura è stata invece assegnata come punizione per l’omicidio di Baldr citato poco sopra, che ricorda vagamente il mito del tallone di Achille).
La fine di Loki
Gli altri figli di Loki saranno Hel, la dea dell’inferno, Jörmungandr, il serpente che ucciderà Thor, e Fenrir, il lupo che divorerà Odino. Dopo essersi liberato dalla tremenda punizione, Loki guiderà le legioni dei morti insoddisfatti (coloro che non sono entrati nel Valhalla), e brucerà i Nove Mondi che finiranno poi sommersi da un’implacabile marea.
Alla totale distruzione seguirà una rinascita, di cui il nome di Loki è in un certo senso il simbolo. Oltre che fuoco e nodo, il nome significa anche anello, nel senso di continuità e rinascita, concetto che viene incarnato completamente dal figlio-serpente marino, conosciuto anche come Ouroboros. Vi avevamo avvisati che il suo nome era tutto un programma.
Con questi tre racconti abbiamo voluto fare una panoramica su chi era Loki nella mitologia norrena, dipingendo il ritratto del trickster forse più famoso di sempre. Un’icona che continua a sorprendere, far sorridere, e soprattutto affascinare, con una incapacità di rispettare le regole che diventa una forza impareggiabile, e ce lo fa per forza di cose amare alla follia.
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