“Il fato ti vincola se tu lo permetti. Fa quel che è necessario, non perché è scritto. Noi creeremo il nostro destino“
Il destino è davvero ineluttabile? L’uomo, o il dio, può fare qualcosa per cambiare ciò che il fato gli ha assegnato? Le catene che ci vincolano a ciò che siamo stati possono essere spezzate? Domande profonde, naturali, e legittime che molti videogiocatori si sono posti dopo che quattro anni fa gli stessi vedevano il viaggio di Kratos ed Atreus finire con una profezia di Faye, defunta moglie e madre oltre che “messaggera” dei Giganti di Jotunheim; una profezia oscura, che vedeva Kratos morire tra le braccia del figlio per delle ragioni che in quel momento apparivano sconosciute.
Fino a quel momento, ogni singolo istante della vita di Kratos e Atreus era stato previsto, determinato da quel destino che spesso altro non è che una giustificazione per restare inermi di fronte alle difficoltà che si parano noi davanti; per questo motivo quell’incisione muraria, quella profezia, sembrava una condanna a morte per il burbero e pallido dio della guerra spartano. Ma il destino spesso può essere cambiato, soprattutto se c’è un motivo per farlo.
Nel caso di Kratos il motivo è Atreus, conosciuto anche come Loki, dio dell’inganno nella mitologia norrena; l’unico legame rimasto con Faye, l’unico affetto di un dio che fu uomo, l’unica ragione della metamorfosi che ha visto protagonista lo spartano, non più violento per vendetta, ma violento per amore. L’indole di Kratos tuttavia, mai totalmente sopita, può essere la ragione per cui quella profezia si avvererà; infatti dopo la sconfitta di Baldur, figlio di Odino, è iniziato il Fimbulwinter, un evento che preannuncia la più grande paura di tutti gli abitanti dei Nove Regni: la fine di tutto, il Ragnarok.
C’è un modo per evitare il cataclisma, una via già percorsa dal dio greco; una via che comporterebbe una regressione dell’indole di Kratos, una via che lo spartano non vuole percorrere proprio in ragione di quel destino palesatosi sulle mura di Jotunheim: la via della guerra contro Asgard. Una guerra che comporterebbe qualcosa di più di sangue e morte, e che per questo motivo va evitata a tutti i costi. I legami con il destino però non riguardano solo Kratos, ma anche il cresciuto Atreus, voglioso di adempiere a ciò che il fato ha deciso per lui, diventando il campione degli Jotnar, colui che terrà testa al borioso Odino ed agli Aesir tutti.
Ecco la nostra recensione di God of War Ragnarok!
Si parla tanto di destino in God of War Ragnarok, la nuova produzione di Santa Monica Studios in arrivo il 9 novembre in esclusiva PlayStation 4 e 5; questi infatti rappresenta il filo conduttore dell’intera, magnifica opera dei ragazzi capitanati dal game director Eric Williams, che abbiamo avuto modo di provare con largo anticipo nelle scorse settimane. Un’opera enorme, capace di emozionare e divertire senza però snaturarsi a causa della spasmodica ansia di voler combattere le critiche ricevute dal team di sviluppo dopo il primo ottimo capitolo della nuova saga.
Già dopo la nostra anteprima relativa alle prime ore di gioco avevamo infatti notato come Ragnarok fosse un’evoluzione piuttosto sostanziosa del suo predecessore, grazie ad un combat system estremamente rifinito e ad una varietà di situazioni, ambientazioni e nemici quasi assente nella precedente iterazione del brand. Le correzioni apportate alla formula dal team di sviluppo sono tante, sostanziose e ben implementate; insomma, i ragazzi di Santa Monica hanno fatto tutto ciò che bisognerebbe fare in un sequel, ed hanno reso God of War Ragnarok uno dei migliori seguiti degli ultimi anni.
Tra destino e famiglia
Le migliorie di cui sopra sono palesi già dall’impianto narrativo, le cui basi sono state già accennate nell’introduzione a questa recensione. I legacci del destino che vincolano Kratos ed Atreus in questo God of War Ragnarok divengono infatti il perno centrale attorno a cui ruota tutta la storia, egregiamente raccontata con un unico piano sequenza divenuto un po’ la caratteristica registica principale di questo brand. Una storia fatta di tormenti interiori, di una lotta continua contro un nemico più forte di Odino, Thor e degli Aesir tutti, e cioè l’ineluttabilità del fato; il dubbio che attanaglia i protagonisti, e che per certi versi li contrappone per l’intera durata del titolo, è essenzialmente il seguente: bisogna adeguarsi al destino scritto da qualcun altro, o bisogna fare di tutto pur di creare il proprio?
Le posizioni di Atreus e Kratos in merito sono discordanti; il giovane infatti nell’esprimere la sua voglia di conoscenza e potere, vuole adeguarsi a ciò che il destino ha in serbo per lui, anche se ciò vorrà dire mettere in pericolo la vita di chi gli è più caro, mentre l’ormai vecchio e stanco dio della guerra vuole fare di tutto pur di scappare da quel destino, che lo vede esanime tra le braccia di suo figlio. Per fare ciò, Kratos decide di sopire tutti gli istinti che fino a quel momento lo hanno reso un mostro, mosso solo dalla vendetta; e lo fa rinchiudendo Atreus in una prigione dorata ove non potrà correre pericoli di sorta, lontano dagli Aesir e dalle oscure mire dell’infido Odino. Il ragazzo però, all’insaputa del padre, continua a fare ricerche sulla sua razza, i Giganti, aiutato da Sindri, vecchia conoscenza dei due; durante le ricerche, Loki, complici anche i suoi nuovi poteri, verrà a conoscenza della profezia di Groa, riguardante sia la morte di suo padre sia il suo trionfo contro il Padre di Tutti, che dovrà soccombere nella guerra mossa ad Asgard da Loki e Tyr, dio della guerra norreno apparentemente morto anni prima proprio per mano di Odino che in realtà è rinchiuso in una delle miniere di Svartalfheim, reame dei nani.
La scoperta motiva ancora di più il giovane, che entra minuto dopo minuto in conflitto contro il mai così emotivamente debole Kratos, che non vuole che il figlio ripercorra in alcun modo le sue orme, macchiandosi le mani con il sangue degli dei. L’intera narrazione di Ragnarok si fonda anche su questo pilastro, il cui sviluppo e la cui costruzione risultano essere preponderanti rispetto anche alle vicende legate a Freya, fuori controllo dopo l’uccisione del figlio, Odino, Thor, Mimir e tutti gli altri ottimi comprimari presenti. Durante l’intero titolo infatti il rapporto tra Kratos ed Atreus, sempre più intrigato dalla prospettiva di diventare Loki, subisce una costante maturazione e viene trattato con una profondità che mai ci saremmo aspettati di vedere in un titolo come God of War.
Il suddetto rapporto vive infatti di numerosi momenti di altissimo profilo, che metteranno i due protagonisti di fronte a scelte complicate ed imprevedibili; l’euforia di Atreus dovrà infatti fare i conti con la paura di Kratos, oltre che con la Spada di Damocle che pende in capo allo spartano, in quanto ogni passo compiuto dai due potrebbe essere un passo verso la fine del dominio di Odino o verso la morte. Il dilemma morale vissuto dai due protagonisti la fa da padrona, ed è analizzato in maniera semplicemente egregia sotto tantissimi punti di vista; la figura paterna di Kratos da fredda e burbera diverrà sempre più morbida e consapevole, mentre il carattere di Atreus subirà una maturazione inaspettata, che porterà il giovane ad avere una serie di responsabilità di poco conto, utili a cambiare il destino – non solo il suo – e a conoscere qualcosa in più sul suo passato e sul misterioso piano che Faye ed i Giganti hanno ideato per rovesciare Odino.
Il rapporto tra Kratos e Atreus tuttavia non è l’unica storia raccontata da God of War Ragnarok; non citeremo appositamente una lunga serie di eventi, che sarebbe un delitto spoilerare, ma ci concentreremo in particolare sull’evoluzione di taluni personaggi e sul concetto ricorrente di famiglia, che è un altro elemento narrativo che la fa da padrona. Le tante storie narrate in Ragnarok hanno tutte lo stesso fulcro: l’amore per la famiglia, quella naturale o quella che ci si crea durante un percorso, la diversa concezione di essa, e tutto ciò che si fa pur di proteggere e di restare vicino a chi si ama davvero. Le debolezze di ognuno dei personaggi primari e secondari vengono a galla proprio in relazione a questa tematica: basti pensare a Freya, la cui ossessione per il figlio ha portato quest’ultimo ad una vita di dannazione, o a Brok e Sindri, che nascondono più di quello che due burberi nani possano dare a vedere, o al rapporto conflittuale tra Odino e suo figlio Thor, o ancora alla solitudine di Angrboda, rimasta orfana a causa degli Aesir e legata ad un destino che la vorrebbe attrice non protagonista. Ognuna di queste storie è estremamente ben costruita, oltre che enormemente approfondita grazie ad una caratterizzazione semplicemente sublime di ogni personaggio, che vede spiccare in particolare il Dio del Tuono, che a parere di chi vi scrive è uno dei personaggi meglio costruiti degli ultimi anni.
Una reinterpretazione da applausi
Ognuno di questi concetti analizzati fino ad ora viene approfondito in maniera praticamente perfetta dagli sceneggiatori, che hanno confezionato un titolo la cui narrativa rasenta la perfezione; ogni avvenimento risulta infatti essere coerente con lo sviluppo dei singoli personaggi, oltre che molto fedele alla mitologia norrena. L’attenzione riposta dagli sviluppatori sotto questo punto di vista è infatti stata davvero enorme, in quanto rielaborare ed adattare una mitologia così conosciuta e ben radicata nell’immaginario comune è davvero impresa ardua; nonostante ciò però, in Ragnarok abbiamo ritrovato un’attenzione davvero spasmodica per i dettagli relativi sia agli eventi della storyline principale – su tutti abbiamo apprezzato particolarmente l’espediente utilizzato per la “nascita” di alcuni giganti – sia sulla costruzione delle ambientazioni dei Nove Regni, stupende a vedersi e capaci di raccontare qualcosa, sia ai tanti eventi narrati nelle secondarie, che per costruzione narrativa e non solo rappresentano a tutti gli effetti delle main quest alternative utili a conoscere numerosi dettagli sul passato dei protagonisti, degli dei norreni, e soprattutto di un Mimir estremamente tormentato dal suo oscuro passato di devozione nei confronti di Odino.
Tutto ciò viene inserito in un contesto narrativo ritmato e mai noioso, infarcito di dialoghi di altissimo profilo e di situazioni assolutamente non banali; in alcuni casi, molto rari, ci è sembrato che la narrazione tendesse leggermente a dilungarsi ed a prendersi i suoi tempi, senza tuttavia mai calare troppo di qualità e ritmo. Ritmo che viene dato anche da dei colpi di scena assolutamente impossibili da prevedere oltre che da dei villain scritti in modo sublime, che non sono cattivi per il gusto di esserlo ma che hanno delle motivazioni anche piuttosto ricercate, che rendono gli stessi più “umani” nonostante il loro essere divinità. Oltre al già citato Thor, infatti, non possiamo non fare i complimenti agli sceneggiatori per la caratterizzazione di Odino, viscido ed ingannatore come solo lui può essere, così come per quella di Heimdall, il cui potere ha influito anche sul suo carattere, rendendolo arrogante, spocchioso e convinto di essere invincibile.
A quanto detto sino ad ora va aggiunta, oltre che una messa in scena praticamente perfetta, una particolare attenzione nella caratterizzazione di tutti i personaggi che incroceranno Kratos ed Atreus durante la loro crociata; come già anticipato infatti Freya, Mimir, Brok, Sindri, Tyr, Angrboda, Faye e tutti gli altri personaggi che in un modo o nell’altro appariranno nel corso dell’avventura sono estremamente stratificati ed approfonditi magistralmente; non vi sveleremo altro, ma sappiate che in Ragnarok ogni personaggio avrà tantissimo da dire, e contribuirà in maniera sostanziosa ad inserire un tassello nel grande mosaico ideato dagli sceneggiatori.
Avremmo tante cose in più da dire sulla narrativa di God of War Ragnarok, ma spoilerare qualcosa sarebbe un delitto nei confronti dell’utenza; per questo motivo vi basti sapere che il titolo targato Santa Monica Studios rappresenta uno dei più fulgidi esempi di narrazione dei first party Playstation, nonostante qualche piccolo momento di stanca che viene però superato senza particolari conseguenze sul piano del ritmo. Chi cerca una storia emozionante, coinvolgente e ricca di colpi di scena avrà pane per i suoi denti.
Molto di più di un more of the same
Ad un primo e disattento sguardo God of War Ragnarok potrebbe sembrare, quantomeno dal punto di vista del gameplay, un more of the same del primo capitolo. Vi assicuriamo che, nonostante lo scheletro dell’impianto ludico sia rimasto sostanzialmente invariato rispetto al capitolo del 2018, la resa e la pulizia del gameplay sono totalmente diverse. Ragnarok è ancora un action con una componente ruolistica di non poco momento, demandata perlopiù al potenziamento di armi ed armature e ad uno skill tree sicuramente più approfondito di quello visto nella passata iterazione del brand, di conseguenza non ci concentreremo eccessivamente nel descrivere nel dettaglio ciò che molti utenti conoscono già perfettamente.
Le novità presenti sono tante, e riguardano in particolare il combat system; quest’ultimo è stato reso molto più ragionato e meno confusionario rispetto a quanto visto nel 2018. Le tante combo che è possibile concatenare per sventrare le orde di nemici che si pareranno davanti a Kratos e compagni sono tutte deputate ad una diversa pressione dei dorsali, i quali richiederanno o pressioni prolungate o più brevi a seconda dell’attacco che si vuole utilizzare. Rispetto al passato concatenare attacchi ci è sembrato molto più naturale, anche grazie a delle animazioni che risultano essere sicuramente più fluide; come già anticipato durante l’anteprima, descrivere questa sensazione risulta essere particolarmente complicato, in quanto solo pad alla mano si può apprezzare davvero l’evoluzione apportata dagli sviluppatori a questo capitolo.
Una delle più sostanziose novità del combattimento è quella relativa all’utilizzo dello scudo, che in passato era utile solo a parare ed, eventualmente, a fare un parry capace di stordire il nemico per qualche secondo. Come avrete avuto modo di notare dai trailer infatti, Kratos potrà utilizzare anche lo scudo in dotazione per assorbire i colpi nemici e rilasciare successivamente un’onda d’urto capace di scaraventare via le mostruosità contro cui si ritroverà a combattere. Ci sono però diversi tipi di scudo, ed ognuno avrà le sue particolari abilità da utilizzare in combattimento: si va da quelli base, utili solo a parryare, a quelli nominati poc’anzi, fino ad arrivare ad alcuni che permetteranno a Kratos di caricare i nemici. Nulla di rivoluzionario, sia ben chiaro, ma siamo davanti ad un’ottima evoluzione dei meccanismi difensivi visti nel God of War del 2018.
In aggiunta a quanto descritto fino ad ora, l’altra novità rilevante dei combattimenti di God of War è quella relativa alle frecce a disposizione di Atreus, che si amplieranno nel corso della sua avventura; in particolare, le Frecce Sonore saranno utili ad infliggere un sostanzioso rallentamento ai nemici, che di conseguenza porterà ad una più facile gestione delle folle da parte del padre, mentre le Frecce Sigillo saranno capaci o di distruggere gli scudi degli Einerjhar, i coriacei soldati di Odino, o di lasciare una runa sul nemico da far esplodere mediante il lancio del Leviatano o delle Lame del Caos. Inoltre, proseguendo con la storia, Atreus guadagnerà delle importanti abilità runiche che vi faranno avere vita più facile in combattimento mentre Kratos, in linea con il percorso di maturazione compiuto, avrà a disposizione tre diversi metodi di utilizzo della Rabbia di Sparta, che lasciamo scoprire a voi utenti per evitare di rovinarvi la sorpresa.
La più grande novità presente nell’impianto ludico di God of War Ragnarok sta nella possibilità di utilizzare Atreus in determinate sezioni di gioco. Il giovane mezzo gigante ha uno stile di combattimento estremamente rapido e veloce, e farà affidamento sia sulla potenza del suo arco incantato, sia sull’utilizzo della magia runica dei Giganti, che gli permetterà di evocare animali che vadano in suo soccorso e di utilizzare talune armi di cui preferiamo non parlare. Le sezioni di gioco con Atreus sono una piacevolissima variazione sul tema, e sono utili a spezzare il leit motiv che ben conosciamo sin dall’ormai lontano 2018; sia ben chiaro, anche qui non siamo davanti ad un miracolo, ma piuttosto ad una piacevole deviazione capace di divertire grazie ad un combat system molto più veloce e snello rispetto a quello che gli sviluppatori hanno disegnato per Kratos. Il giovane inoltre avrà la possibilità di utilizzare a modo suo la Rabbia di Sparta, ma anche in questo caso preferiamo non dare troppi dettagli a voi lettori e di farvi godere appieno quanto il titolo abbia da offrire.
Per il resto, God of War Ragnarok non si discosta più di tanto dal suo predecessore, almeno per ciò che riguarda la main quest; durante questa infatti ci ritroveremo ad esplorare numerose e bellissime ambientazioni, a risolvere enigmi ambientali piuttosto semplici, e a fare a fette orde di nemici. A proposito di ciò, siamo sicuri che molti lettori si chiederanno se la varietà di boss e nemici è aumentata; possiamo tranquillamente affermare che i nemici incontrati sono sempre vari e diversi, ed i tanti boss presenti si differenziano gli uni dagli altri sia per aspetto, sia e soprattutto per meccaniche. Dimenticate di affrontare allo stesso modo due boss, poiché gli sviluppatori hanno pensato a qualcosa di particolare ed unico per ognuno di essi.
I Favori, delle main quest mancate
Ad averci sorpreso sono però le tantissime secondarie presenti, chiamate Favori; tali missioni, innestate all’interno di delle open map davvero ben costruite e ricche di storia e segreti, sono estremamente varie e particolari, oltre che capaci di approfondire in maniera estremamente elevata la narrativa ideata dagli sviluppatori. Vi basti pensare che alcune secondarie non avrebbero in alcun modo sfigurato se fossero state inserite nella main quest, in quanto non solo erano supportate da un impianto narrativo di ottima fattura, ma presentavano anche dei boss unici che non avremmo incontrato se non avessimo deciso di affrontare quella determinata missione. Altri Favori invece sbloccheranno addirittura delle zone di mappa altrimenti inaccessibili, che andranno ad ampliare i già enormi Nove Regni. Ognuno di questi Favori, ovviamente, rilascerà delle sostanziose ricompense che andranno o ad arricchire la lore di Midgard e degli altri regni, o il vostro arsenale di accessori ed armature.
Insomma, c’è tanto da giocare in God of War Ragnarok; gli sviluppatori hanno fatto tesoro delle critiche ed hanno presentato al pubblico un titolo ricco e vario in cui tuttavia non si nota quella spasmodica esigenza di aggiungere qualcosa all’offerta seguendo l’assunto del “tanto è bello”; le tante aggiunte, che vanno dalle sessioni di gioco con Atreus alle ottime secondarie, sono tutte prodromiche all’unità del racconto ed al divertimento del giocatore. Una rarità di questi tempi, in cui si tende ad aggiungere qualcosa ad un prodotto per il solo gusto di farlo e di allungare una minestra che, quando troppo annacquata, tende a perdere di sapore.
Arte e tecnica divine!
Concludiamo questa recensione con una brevissima analisi sul comparto artistico e tecnico di God of War Ragnarok. Il titolo è un vero e proprio spettacolo per gli occhi, grazie a delle ambientazioni realizzate splendidamente, sempre ricche di dettagli di ogni tipo e capaci di distinguersi già dopo una semplice prima occhiata. Il design dei Nove Regni è semplicemente da applausi, e le diverse conseguenze legate al Fimbulwinter sono tutte contestualizzate in maniera splendida. I modelli dei personaggi e le reinterpretazioni dei vari Aesir sono davvero di livello altissimo, e rappresentano in maniera più o meno fedele quanto narrato nei miti e nelle leggende norrene. Insomma, dal punto di vista artistico il lavoro fatto dagli sviluppatori, complice anche una regia come sempre perfetta, è davvero di livello altissimo.
Anche dal punto di vista meramente tecnico God of War Ragnarok è una gioia per gli occhi, anche se qui e là si notano delle imperfezioni legate inevitabilmente alla natura cross gen del titolo. Niente di estremamente grave, sia chiaro, ma un occhio attento potrebbe notare qualche piccola nota stonata che non pregiudica assolutamente una resa visiva stellare. Il titolo targato Santa Monica ha diverse modalità grafiche, che prediligono la risoluzione o il frame rate, che può addirittura arrivare a 120 FPS. Durante il nostro test abbiamo dato priorità alla modalità Prestazioni, e vi assicuriamo che la granitica fluidità in ogni situazione vale assolutamente il prezzo del biglietto, in quanto la resa grafica in 4K upscalati è semplicemente una meraviglia. Buona l’implementazione del DualSense, che regala profondità ad ogni colpo inferto ai nemici grazie al suo feedback aptico; ci saremmo aspettati qualcosa in più, ma in ogni caso il pad restituisce un feeling piuttosto solido ed assente nel titolo del 2018. Degni di nota anche il doppiaggio e la colonna sonora, di livello semplicemente eccellente, e la miriade di opzioni per l’accessibilità utili a far godere God of War Ragnarok a tutti.
In conclusione…
God of War Ragnarok è, senza troppi giri di parole, uno dei più fulgidi esempi della definizione di sequel, nonché una delle migliori esclusive PlayStation. Il titolo targato Santa Monica Studios è un prodotto divertente, emozionante, vario, confezionato con una cura nei dettagli che raramente abbiamo visto negli ultimi anni; il team di sviluppo ha saputo far tesoro delle critiche dell’utenza, ed ha portato sul mercato un titolo magnifico sotto tutti i punti di vista. Grazie ad una narrativa di livello altissimo, intricata, ritmata e piena di messaggi estremamente importanti, e ad un gameplay perfezionato rispetto a quanto visto quattro anni fa, possiamo affermare senza alcun dubbio che God of War Ragnarok sia uno dei migliori titoli dell’anno, scevro o quasi da difetti di rilievo, e che lo stesso rappresenti un modello da seguire per tutti gli action rpg che da qui in avanti affolleranno il mercato. Il destino che Santa Monica si è creata è un destino meraviglioso, che la porta ancor di più nell’Olimpo degli studi first party di Sony.