Boris 4 è arrivato, ed è tornato con un nuovo progetto, un progetto a cavallo con i tempi dove il moderno deve tener fede al passato e il cuore dei personaggi devono entrare in perfetta simbiosi nell’animo di una nuova era, quella digitale, fatta di algoritmi precisi, diretti, dove le caso a “c***o di cane” sembrano non essere più contemplate, anche se il buon vecchio René ha sempre un asso nella manica.
Ci sono tutti, davvero tutti, e la crescita di ogni singolo personaggio è ben evidente in questi primi due episodi anche se allo stesso tempo il trascorrere degli anni sembra non aver spezzato la narrazione conclusasi nel 2010, visto che troviamo tutti in grande forma, sia a livello attoriale che personale. Ricordiamo che la nuova stagione di Boris uscirà il 26 ottobre su Disney+.
La scrittura matura di Boris 4 corona un inizio meraviglioso, dove i nostalgici troveranno la culla perfetta per i loro dubbi, tranquillizzandosi grazie ad un livello tecnico eccelso che prende il testimone qualitativo delle precedenti stagioni per rielaborarlo, farne un vanto, un punto di forza indistruttibile, riuscendo nuovamente a concatenare eventi e personaggi egregiamente, regalando ancora una volta un prodotto divertente, satirico, profondo e riflessivo, dipingendo ancora una volta il quadro ben distinto della televisione italiana, e in questo caso anche estera, analizzando meravigliosamente i tempi che cambiano, che si evolvono incessantemente, senza dar fiato all’umanità di stare a passo con essi.
Di cosa parla Boris 4?
Se non siete a conoscenza della trama della serie, cercheremo come sempre di essere il meno dettagliati possibili, donandovi un quadro generico del tutto senza spoiler. Ritroviamo i nostri personaggi dopo ben 10 anni “di stop” e come accennato qualche paragrafo fa i tempi sono cambiati e i nostri amati protagonisti dovranno adattarsi al tutto.
René Ferretti in questa quarta stagione lavora per “La Piattaforma” (così denominata nella serie) e nel tentativo di ricevere un “lock” dalla suddetta cerca ogni strada per portare a termine la missione, una missione che questa volta vede al centro un’idea di Stanis La Rochelle, ideatore della serie televisiva “Vita di Gesù”.
Non aggiungiamo altro perché le sorprese e i colpi di scena sono davvero molti in questi primi due episodi, e vi basti solamente sapere questo, poi tutto il resto è da scoprire. Come accennato la scrittura della serie è ancora una volta uno dei punti di forza di Boris e l’interconnessione con i personaggi al tempo che passa è impressionante, dato che troviamo una crescita interiore e una consapevolezza diversa della vita all’interno di essi, nonostante all’esterno siano rimasti pressoché identici.
Il background della serie è fortemente presente all’interno di questa quarta stagione e i rapporti creati durante le serie precedenti sono ancora gli stessi, immutabili e partono appunto da dove sono stati lasciati, nonostante le cose, anche a livello gerarchico siamo fortemente cambiate. L’ironia e le risate sono sempre assicurate e anche questa volta la presenza nella sigla di Elio e le Storie Tese fa il suo dovere, riassumendo tutta l’essenza e il volto di Boris 4.
La “paura” del ritorno viene estirpata fin da subito
Solitamente quando si tratta di serie cult il pubblico ha sempre una sorta di timore per quanto riguarda il ritorno dopo alcuni anni, dato che spesso l’evolversi dei tempi non giova a questo tipo di prodotti, creati e trasmessi appunto, in tempi totalmente diversi. Ma se ci pensate bene questo discorso non vale per Boris e di certo questa nuova stagione lo conferma, dato che la stessa serie parla proprio di questo mondo e della sua continua evoluzione, e lo fa non solo con le vicende e la messa in scena, ma anche con l’introspezione dei personaggi e i loro rapporti con i colleghi, frammentati e suddivisi tra il “moderno” e la “vecchia scuola”.
Boris 4 mette in atto uno scenario meraviglioso e parla dei tempi moderni attraverso le serie televisive, di “serie televisive”, richiamando ancora una volta il classico “teatro nel teatro” Pirandelliano tanto amato dagli autori. In questi primi due episodi vediamo al massimo l’estremizzazione di Stanis La Rochelle, questa volta ancora al centro di tutto grazie ad una serie Tv da lui ideata, dove appunto interpreta il protagonista, ovvero Gesù.
La scelta degli autori di Boris 4 di inserire come tema centrale una serie su Gesù non è di certo casuale, dato che al momento, specie se consideriamo le “pretese” delle serie televisive attuali sarebbe complessa da realizzare, visti i cambiamenti attuati spesso e volentieri senza un filo logico dalle produzioni, forzando e anche “calpestando” così la natura originaria di alcune storie.
A primo impatto, in queste prime due puntate sembra si tratti anche il tema della “soffocazione dell’arte” intesa come massima espressione, o meglio “libertà d’espressione”, dati i canoni disegnati dalla serializzazione moderna attuale che da qualche anno sta tappando troppo le ali ai registi, scrittori, attori e via discorrendo, disegnando un quadro “cotto a puntino” “schematizzato”, la dove in un mondo artistico libero questi termini non dovrebbero minimamente esistere. Vi lasciamo con una frase simbolica e perfetta per l’occasione citata da uno dei personaggi di Boris: “L’inferno non è poi così male da quassù, è pieno di quarte stagioni”.