Molto spesso ci troviamo ad essere testimoni di storie che sembra impossibile siano realmente accadute. Qualcosa che si pone sul limite tra realtà e fantasia, talmente assurdo da diventare perfettamente plausibile nel mondo che noi conosciamo.
Quella che racconta Kill me if you can, documentario di Alex Infascelli presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma, è una storia di questo tipo.
Il regista affronta con incredibile lucidità la storia di Raffaele Minichiello, italiano trapiantato negli Stati Uniti che nel 1969 a soli 20 anni organizzò il primo dirottamento extracontinentale di un aereo.
Le immagini di repertorio ripercorrono a pieno la storia incredibile di Raffaele, ex-marine della guerra in Vietnam, diventato protagonista di un evento entrato nell’ immaginario collettivo dell’epoca.
Kill me if you can: la storia di un “sopravvissuto”
Parlare solamente dell’ incredibile documentario Kill me if you can di Infascelli risulterebbe un pò riduttivo trovandoci davanti ad una storia che potrebbe essere tranquillamente una sceneggiatura di un film hollywoodiano (infatti, è Minichiello è stato ispirazione del personaggio di Rambo).
Nato a Melito Irpino in provincia di Avellino nel 1950, Minichiello si trasferì negli Stati Uniti intorno agli anni 60, dopo il primo terremoto che colpì l’Irpinia. Vittima di bullismo fin da ragazzino per la sua provenienza fu emarginato e lasciato, in un certo senso, ai margini della società.
In un tentativo di riconoscere e sentirsi americano si arruolò a solo 17 anni e mezzo nei Marines, venendo poi mandato in Vietnam.
Il documentario, nel quale Minichiello parla in prima persona con il regista, percepisce a pieno la freddezza con cui il protagonista parla della morte. “Ad un certo punto diventavi insensibile alla morte dei tuoi stessi amici. E’ la legge della sopravvivenza.”
Il primo (e più lungo) dirottamento transoceanico della storia
Ciò che ha scatenato la decisione dell’uomo di cominciare questo dirottamento di un volo tra Los Angeles e San Francisco parte, come viene poi successivamente spiegato, da un disturbo da stress post traumatico non diagnosticato.
In ogni azione da lui compiuta per tutta la sua vita Minichiello sembra costantemente guidato dalla rabbia e dal rancore. Il dirottamento, entrato nel Guinness dei primati come primo dirottamento transoceanico della storia (da Los Angeles a Roma, dove poi verrà arrestato dalla polizia) nonchè evento che non portò a nessuna vittima.
Sull’aereo nessuno dei presenti, un’assistente di volo e i piloti denunciò atti di violenza o comportamenti inadeguati di Minichiello. Alla base della sua “missione” sembrava esserci come obiettivo andarsene dagli Stati Uniti che, nonostante avesse combattuto per loro, non riusciva ad accettare un “diverso”.
Kill me if you can, oltre la vicenda del dirottamento, ripercorre con incredibile lucidità tutte le conseguenze del fatto compresa la mancata estradizione dell’uomo negli USA e la vita colma di tragedie e l’incontro con la religione, che si è costruito in Italia.
L’importanza del mistero
Quella che ci viene presentata è una figura incredibilmente carismatica e che rimane, 50 anni dopo, un fascicolo secretato dalla CIA.
Nonostante siano passati decenni regna ancora il mistero intorno a questa figura e soprattutto al modo con cui alla fine degli anni 90, ha riottenuto la cittadinanza americana con cancellazione di tutti i provvedimenti giudiziari. Il dubbio che rimane è quello di un uomo che fosse molto di più di quello che lasciava a vedere.
Kill me if you can arriverà nelle sale italiane il prossimo febbraio.