Venerdì Apple ha chiesto ai suoi fornitori taiwanesi di assicurarsi che tutte le spedizioni provenienti dal Taiwan e diretti verso la Cina siano strettamente conformi alle regole cinesi, divenute più stringenti dopo la recente visita di Nancy Pelosi nel paese.
Una di tali regole, che in realtà c’è sempre stata ma non è mai stata pienamente osservata dalle autorità cinesi, impone che tutti i componenti fabbricati in Taiwan dovranno essere etichettati non più solo con la classica scritta “Made in Taiwan”, ma dovrà essere ben specificata l’appartenenza dell’isola alla Cina. Da adesso, dunque, l’etichettatura dovrà essere o “Made in Taiwan, China” o “Made in Chinese Taipei“.
Apple ha deciso di sottostare alle regole stabilite dal governo cinese e di conformarsi alla svelta, per evitare possibili interruzioni della produzione causate dall’eventuale scrutinio delle autorità cinesi.
Perché Apple deve associare i prodotti taiwanesi alla Cina
La recente visita in Taiwan della Speaker della camera americana, Nancy Pelosi, ha comportato da parte della Cina nuove minacce d’interruzione degli scambi commerciali verso il Taiwan, inerenti a determinati beni. Il tempismo con cui queste misure sono arrivate è pessimo per Apple, che si prepara a lanciare i suoi prossimi dispositivi questo autunno e non può permettersi ritardi.
L’azienda americana è dunque corsa ai ripari, soprattutto dopo che giovedì una delle sue spedizioni, arrivate in Cina dal Taiwan, è stata trattenuta proprio per controllare il nome del paese presente sull’etichettatura utilizzata nei documenti e sugli scatoloni.
Infatti, usando la frase “Made in Taiwan” su qualunque documento o confezionamento c’è il rischio che i materiali spediti vengano trattenuti per essere controllati dalle dogane cinesi. In più, ad Apple spetterebbero multe o, nel caso peggiore, l’impossibilità di spedire il carico, che verrebbe rimandato indietro.
Tutto ciò però rappresenta un dilemma anche per i fornitori che devono spedire i materiali dal Taiwan e che, dal canto suo, essendo un’isola dal governo democratico richiede che le sue esportazioni siano etichettate come prodotti d’origine. Ciò significherebbe utilizzare le parole “Taiwan” oppure “Repubblica della Cina”, che è il nome ufficiale dell’isola.
Per evitare di creare caos con le spedizioni, pare che Apple abbia anche richiesto ai fornitori di creare piani di contingentazione o di rivedere velocemente le etichettature delle spedizioni dal Taiwan verso la Cina.
La scelta fatta da Apple è interpretata come il voler costringere i propri fornitori a negare l’esistenza indipendente di Taiwan. Cosa che, come ovvio, ha comportato numerose critiche verso il colosso tecnologico.
Già diverso tempo fa Apple non si fece problemi a rimuovere dalla tastiera degli utenti cinesi l‘emoji con la bandiera di Taiwan; con questo nuovo provvedimento (dall’entità decisamente superiore al precedente) il colosso tecnologico ha portato molti a chiedersi fino a che punto l’azienda sarà disposta ad arrivare a collaborare con le richieste e le regole del governo cinese.
Fonte: Nikkei Asia