Il 15 Giugno, nelle sale italiane, esce “Lightyear – La vera storia di Buzz”, il nuovo prodotto targato Disney Pixar, interamente dedicato allo Space Ranger co-protagonista della tanto amata saga di Toy Story.
A seguire, la recensione del film, rigorosamente senza alcun tipo di spoiler.
“Lightyear” e l’Esilarante modo di raccontare la Fantascienza.
Dalla sua meglio conosciuta “forma di giocattolo” (come visto in Toy Story), Buzz Lightyear si evolve, nel nuovo film Pixar, in una sorprendente umanità, sia nelle sue “sembianze fisiche” che, soprattutto, nella profondità del suo carattere; la scrittura del personaggio, tuttavia, rimane fedele a quei particolari tratti della sua psicologia, che il mondo ha conosciuto per mezzo della rinomata saga, dalla quale il film prende liberamente ispirazione: Buzz è, pertanto, il serio, e sempre-operativo, astronauta, che cerca di portare a termine ogni singola missione, con grande passione e dedizione.
L’elemento che più colpisce, e conferisce qualità al prodotto, è il connubio fra concetti prettamente astrofisici e sequenze comiche: la pellicola, infatti, gioca molto su un’energica dualità tra seriosità ed ironia, retta sia da forti vibes che richiamano alla memoria film come “Interstellar” e “Star Wars”, ma anche dalla tipica componente comica dei personaggi, tra cui primeggia, in assoluto, quello di Sox, il robotico gatto di Buzz, che ruba la scena ogni qualvolta è presente.
“Lighyear” è una lettera d’amore agli amanti di questo magico mondo, che, ancora oggi, riesce ad unire più generazioni: la caratterizzazione e la scrittura dei personaggi convince e diverte, strappando sempre un sorriso ed emozionando per tutta la durata; il ritmo del film è ben serrato, e, mediante vari colpi di scena che di sicuro non mancano, si cerca sempre di mantenere alto il livello di intrattenimento generale. Il rendimento finale del prodotto brilla per un superbo lavoro tecnico della Pixar, che per l’ennesima volta appare impeccabile a livello di grafica, di montaggio e, soprattutto, di suono, grazie anche all’apporto musicale di Michael Giacchino, che ultimamente sembra essere nel pieno della sua forma.
Con “Lightyear” , Disney conferma il suo talento nell’insegnare valori e trasmettere messaggi profondi.
Come è ormai noto, la Pixar è particolarmente rinomata per la capacità di racchiudere, all’interno dei suoi prodotti, pensieri e valori di un certo calibro, che mai risultano forzati, e anzi, conferiscono alla resa finale una leggerezza unica, e uno spessore peculiare.
Questa inclinazione si consolida nuovamente nell’ultimo gioiellino targato Disney Pixar, grazie alla quale il film riesce a parlare ai bambini, ai giovani e agli adulti, in maniere diverse le une dalle altre, ma sempre centrando l’obiettivo di colpire il cuore del suo pubblico.
Altalenando tra momenti di umorismo sottile e pungente, e altri squisitamente emotivi, il racconto dipinge, in maniera delicata, una tematica “drammaturgica” come la fallibilità dell’essere umano. E chi meglio di Buzz Lightyear può incarnare questi profondi messaggi: l’amato space-ranger è infatti celebre, tra le altre cose, per la sua smisurata determinazione nel perseguire gli obiettivi; ma un’eccessiva dedizione, talvolta, può tramutarsi in parvenze d’egoismo (agli occhi degli altri), e talvolta, può anche portare a commettere errori, o addirittura a fallire nel raggiungimento dei propri fini; e da un profondo fallimento è difficile rialzarsi.
Pertanto, il perno della narrazione, vale a dire la Missione di Buzz Lightyear, non soltanto presenta la sua legittima connotazione spaziale, ma si propone come una concorde missione interiore, con l’obiettivo di vincere i sensi di colpa, di cogliere ciò che sta oltre il fallimento, e di trovare una propria identità, grazie al valore dell’amicizia e del sentimento di squadra.