Il film anime Bubble era stato annunciato già a dicembre dello scorso anno da Netflix sul proprio canale Youtube, e la data d’uscita, il 28 Aprile 2022, è finalmente arrivata. La nuova fatica di Wit Studio (L’Attacco dei Giganti, Ranking of Kings, Vinland Saga, Vivy: Fluorite Eye’s Song e molti altri ancora) era attesissima da moltissimi appassionati di animazione nipponica d’oltreoceano. Specifichiamo quest’ultimo punto in quanto il rilascio di questo film su Netflix è avvenuto in anticipo rispetto che in madrepatria, ove uscirà nelle sale cinematografiche solo il 13 Maggio.
Uno dei motivi principali per cui Bubble era atteso in maniera così trepidante è la presenza di alcuni nomi leggendari dell’industria degli anime all’interno dello staff di produzione.
La pellicola infatti vede come regista l’iconico Tetsuro Araki (L’Attacco dei Giganti, Death Note, Kabaneri of the Iron Fortress), alla sceneggiatura invece risalta il nome del rinomatissimo Gen Urobuchi (Puella Magi Madoka Magica, Psycho Pass, Fate/Zero), il character design è a cura del mangaka Takeshi Obata (Death Note, Bakuman) e le musiche vengono fornite da niente poco di meno che Hiroyuki Sawano (L’Attacco dei Giganti, 86, Kill la Kill, Promare).
Insomma, un dream team di grande caratura ha lavorato al progetto animato di Bubble, e questo film è uno dei vari titoli che fa parte del progetto annunciato da Netflix nel 2018 in collaborazione con diversi studi d’animazione come Bones e Production I.G (fondatore di Wit Studio) per la realizzazione di pellicole e serie animate da caricare sulla piattaforma di streaming più diffusa al mondo.
Le vicende di Bubble [ALLERTA SPOILER]
Il nuovo film di Wit Studio è ambientato in una Tokyo post-apocalittica dove, a seguito di un misterioso fenomeno atmosferico in cui milioni di bolle sono comparse in città, sono state stravolte le leggi di gravità, lasciando la megalopoli in uno stato d’abbandono e completamente isolata dal mondo. La comparsa di queste bolle ha, difatti, causato un cataclisma che ha provocato l’allagamento totale della città e la distruzione della stragrande maggioranza delle strutture ed edifici, nonché la morte di innumerevoli persone.
All’interno della nuova Tokyo, tuttavia, la civiltà umana non è del tutto scomparsa; in città, difatti, vivono ancora gruppi di adolescenti e giovani adulti che, per cause di forza maggiore o per volere proprio, non hanno abbandonato l’ormai ex capitale del Giappone.
Essi, per sopravvivere, escogitano un insieme di gare di parkour all’interno delle quali vengono messi in palio i più svariati generi di prima necessità quali cibo, bevande, benzina, medicine e molto altro ancora.
In tale scenario, uno di questi gruppi partecipanti alle gare è quello al centro delle vicende, chiamato Blue Blaze, e la sua superstar, Hibiki, è il nostro protagonista. Egli, conosciuto e rinomato per il suo stile di parkour molto pericoloso, è l’unico ragazzo in grado di sfruttare le onde all’interno della sue tecniche, rendendolo il prodigio e la fortuna dei Blue Blaze con i quali, tuttavia, ha un rapporto molto freddo e distaccato.
In seguito alla prima vittoria, veniamo a conoscenza brevemente del resto dei membri del team Blue Blaze che, ad onor del vero, hanno un ruolo molto limitato all’interno delle vicende e della narrativa, fungendo da meri comprimari; l’unico personaggio secondario di rilevanza è Makoto, una ragazza evidentemente più grande degli atleti del gruppo che presumibilmente era una studentessa universitaria o una scienziata prima del cataclisma. Lei, difatti, è l’unica che si tiene aggiornata sui monitoraggi dei dati della nuova Tokyo, rimanendo sempre attenta a ipotetiche variazioni di umidità, temperatura e gravità.
Presentati i Blue Blaze, Hibiki lascia la nave in cui vivono per passare un po’ di tempo da solo. Egli da sempre percepisce una strana melodia, che solo lui può sentire, provenire da una torre per le ricetrasmissioni e quindi vi si dirige celermente, incuriosito e affascinato dalla cosa. Il suo stile molto sopra le righe, tuttavia, in questo caso gli si ritorce contro ed il nostro protagonista cade nell’oceano. È proprio in questo frangente, quando ogni speranza sembra ormai persa e sembra destinato ad annegare, che viene salvato da una misteriosa ragazza spuntata fuori da una bolla che lo bacia e lo aiuta a tornare in superficie.
Questa ragazza, che pare avere movenze e intelletto diversi rispetto a quelli degli umani comuni, si unisce ai Blue Blaze ed Hibiki, in difficoltà nel comunicare con lei, decide di chiamarla Uta in nome della melodia che continua a percepire e che ha sentito pochi istanti prima del loro incontro. Se già non fosse stato reso eloquente, è in questi momenti di calma della fase centrale del film che ci viene esplicato, tramite i libri che Makoto legge ad Uta prima di andare a dormire, come il film Bubble sia inteso anche come profondamente debitore alla favola de La Sirenetta. Uta infatti proviene da un “mondo diverso” rispetto ad Hibiki, il suo canto è ammaliante come quello di una sirena, prova forte curiosità nei confronti degli umani e identifica il nostro protagonista come il proprio principe.
Buona parte della fase centrale della pellicola si incentra sullo sviluppo e maturazione del rapporto tra Uta e Hibiki, con quest’ultimo che inizia sempre di più ad apprezzare la compagnia della prima e ad invaghirsene. Hibiki, difatti, è sempre stato un lupo solitario perché, come vediamo in un flashback, da bambino soffriva di ipersensibilità uditiva; il caos e il frastuono della megalopoli di Tokyo lo turbavano profondamente e lo obbligavano a tapparsi le orecchie quando esposto ad essi per un lasso di tempo troppo prolungato.
Dopo questa parte molto più pacata, tuttavia, si ritorna subito all’azione. Rincasati dopo il proprio giro tra i tetti della città, Uta e Hibiki scoprono che Makoto è stata rapita dal team Undertaker, anch’esso partecipante alle gare di parkour, famoso per giocare sporco e approfittare di ogni losco sotterfugio pur di assicurarsi la vittoria. Il motivo del rapimento è, in realtà, abbastanza banale: il team rivale infatti carica spesso video su YouTube per accrescere la propria fama ed attirare sponsor da fuori Tokyo, così da avere sempre un vantaggio sia di attrezzatura che di beni di prima necessità rispetto alla concorrenza, ed il rapimento di uno dei membri dei Blue Blaze gli avrebbe fatto fruttare, come abbiamo potuto constatare, oltre 2.5 milioni di visualizzazioni nell’arco di pochissime ore.
Come detto poc’anzi, gli Undertaker non si fanno scrupoli a sabotare la corsa dei Blue Blaze alla bandierina della vittoria e nell’arco di pochissimi secondi per questi ultimi rimangono solo Uta e Hibiki in gara. Grazie all’aiuto della sua partner, il team dei nostri protagonisti riesce a sormontare lo svantaggio numerico e a vincere la gara, ottenendo la libertà di Makoto.
Tuttavia, in una scena al cardiopalma, Hibiki allunga la mano per raggiungere quella di Uta e, una volta entrati in contatto, entrambi si rendono conto che la parte del corpo della misteriosa ragazza che viene toccata inizia a smaterializzarsi in mille bolle fluttuanti.
Da qui in poi si entra nell’ultimo terzo del film Bubble di Wit Studio, con Uta che sente sempre più forte il richiamo della melodia proveniente dalla torre. Esattamente come ne La Sirenetta, dove la protagonista sentiva le proprie compagne intimarle di tornare nei fondali marini, così accade anche alla nostra ragazza, con le bolle che la esortano ad abbandonare il mondo degli umani e tornare dov’è giusto che stia. Hibiki, accortosi dell’assenza di Uta, la va a cercare dove precedentemente si erano già incontrati e in una scena molto intensa e romantica, entrambi si avvicinano per darsi un bacio di vero affetto. Ciò, tuttavia, non si realizza perché le bolle si infuriano per ciò che sta per accadere tra i due ragazzi, scatenando così un altro cataclisma naturale simile a quello occorso 5 anni prima.
Vista la situazione tragica, i membri del team Blue Blaze decidono di aiutare Hibiki nella suo intento di salvare Uta e riportarla con sé. Ciononostante, è ben poco ciò che dei normali umani possono fare nei confronti dello strapotere della natura ed infatti Hibiki, ad un passo dal riconciliarsi con la sua amata, viene intrappolato nuovamente all’interno di una bolla rossa, rischiando di affogare per una seconda volta.
Vedendo come il proprio principe sia in fin di vita, la “sirena” riesce finalmente a ribellarsi dalle grinfie delle bolle per andare a salvarlo, ben consapevole che ogni tipo di contatto fisico tra i due l’avrebbe portata a smaterializzarsi.
Bubble si conclude con Uta che, a causa del contatto troppo prolungato con Hibiki, svanisce nell’etere, placando quindi l’ira delle bolle e lasciando il nostro protagonista in un mare di lacrime per la perdita della persona a lui più cara. Negli stralci finali vediamo come Tokyo stia lentamente venendo ricostruita, simbolo di come l’umanità abbia ricominciato ad abitare l’ex capitale Nipponica, e i vari team delle gare di parkour che continuano a sfidarsi, un po’ per gioco e un po’ per necessità. Eppure, la danza fuori dal comune di Hibiki tra gli edifici e le macerie della città è curiosamente seguita da una singolare bolla rimasta, la quale accompagna le gesta del nostro protagonista in maniera altrettanto sinuosa.
Il comparto tecnico di Bubble
Seppur la storia, la caratterizzazione dei personaggi, la sceneggiatura e la narrativa possano talvolta far storcere il naso, l’aspetto di maggior pregio di Bubble è indubbiamente il comparto tecnico. D’altronde, come abbiamo specificato all’inizio della recensione, lo staff dietro a questo film era di ottima caratura, ed il risultato è, in termini generali, sicuramente positivo.
Tetsuro Araki si riconferma un regista estremamente eclettico, in grado di esaltare sia le scene d’azione più concitata (spesso coadiuvato da fondali in CGI molto ben realizzati) che gli sprazzi di dialoghi, con continui stacchi di camera a fornire comunque un senso di movimento a frangenti che altrimenti risulterebbero molto placidi. Il continuo alternarsi di campi medi e di campi totali contribuisce all’impatto delle figure, sagome e sentimenti dei personaggi, ponendo al contempo il giusto focus sull’affascinante e dettagliata ambientazione della Tokyo post-apocalittica. Durante le scene d’azione, invece, la telecamera fittizia non può far altro che allontanarsi e cercare di riprendere al meglio delle sue possibilità la frenesia delle gare di parkour e le elaborate coreografie abilmente partorite dagli animatori di turno, non riuscendo però a creare sempre sequenze chiare e veramente ispirate.
I primi piani di Bubble beneficiano incredibilmente del marchio di fabbrica ormai rinomato da parecchi anni di Wit studio e di Tetsuro Araki stesso, ovvero la make-up animation. Tali inquadrature iper dettagliate solitamente vengono limitate, all’interno di una produzione animata, a pochissimi frame e per lo più statici. Nel caso di Bubble, tuttavia, ne possiamo apprezzare l’utilizzo in parecchi momenti della pellicola, alcune volte anche in scene più movimentate del solito, il che rompe in maniera meno opprimente la sospensione dell’incredulità e riduce di molto l’impatto visivo tra la sua presenza e la sua assenza.
Il character design di Takeshi Obata e Satoshi Kadowaki è molto ispirato, con la quasi totale interezza dei personaggi del cast di Bubble aventi i propri tratti somatici distinti. In rarissimi casi si vedono individui presentare delle fisionomie eccessivamente simili: il taglio degli occhi è sempre molto originale; la forma dei visi e dei menti è alle volte più spigolosa, alle altre più tondeggiante; le capigliature sono distinguibili in maniera evidente sia per colore che per tipi di taglio.
Come abbiamo sottolineato a più riprese, la qualità delle animazioni è indiscutibilmente di pregevole fattura, il lavoro svolto dallo stesso Satoshi Kadowaki come supervisore generale delle animazioni riesce a sinergizzare efficacemente con la frenesia registica di Araki, fornendogli un’infinità di cut estremamente dettagliati e precisi nel dipingere la fisica della forma umana durante le scene di parkour, grazie anche alle solide basi di abili animatori come Masahiro Tokumaru e Shunsuke Aoki.
Inoltre, ciliegina sulla torta dell’aspetto tecnico di Bubble e di Wit studio, è l’incredibile lavoro svolto ancora una volta dal leggendario Hiroyuki Sawano nelle musiche e nelle colonne sonore. Il suo talento non è mai stato messo in discussione ed infatti è riuscito nuovamente a fornire una pletora di original soundtrack incalzanti ed emozionanti, con meticolosa cura soprattutto in quelle utilizzate durante le scene di dialogo, che solitamente sono quelle meno pompose e che meno richiedono lo presenza di una OST immediatamente riconoscibile.
Il suo operato e quello di Masafumi Mima come Sound Director (L’Attacco dei Giganti, My Hero Academia, FullMetal Alchemist) si sono sposati alla perfezione, rendendo il comparto sonoro di Bubble uno dei punti di forza più evidenti della nuova pellicola di Netflix.
Considerazioni finali su Bubble di Wit studio
Bubble è un film indubbiamente interessante sul versante tecnico, ma, nonostante la presenza di Gen Urobuchi alla sceneggiatura, presenta parecchi problemi legati alla scrittura e alla narrativa.
Innanzitutto, come abbiamo detto precedentemente, il cast di personaggi è abbastanza esteso ma solo in una manciata hanno una vera e propria rilevanza all’interno del nuovo film di Netflix. Solo Uta, Hibiki e Makoto svolgono un ruolo primario nella trama e vengono presentati con la dovuta cura e precisione. Il contesto in cui vengono inseriti, tuttavia, non li aiuta a spiccare e a dimostrare tutto il loro potenziale. I personaggi secondari, di conseguenza, una volta arrivati ai due terzi della pellicola perdono completamente la propria rilevanza; persino i membri del team Undertaker, che apparivano uno dei fulcri della narrazione dell’opera, vengono messi da parte e mai più ripresi una volta superata una certa soglia.
Bubble basa tutto il suo incipit su questo cataclisma naturale dalle sconosciute cause ed effetti che, però, nel proseguire del film non viene mai spiegato ed esplorato veramente. Per quanto il lavoro di Makoto ponga una parvenza di verosimiltà con tutti i suoi dati analitici, questa infrastruttura crolla come un castello di carta nel momento in cui l’ispirazione a La Sirenetta diventa la vera e propria chiave di lettura dell’intera sceneggiatura. Ciò che è accaduto a Tokyo non è un vero e proprio evento atmosferico, è più il frutto di un fenomeno magico dall’incerta spiegazione e dall’altrettanto titubante risoluzione, o al massimo un qualcosa di razionale ma inspiegabile.
Inoltre, l’archetipo narrativo che vede incontrarsi due ragazzi, di cui uno è di origini sconosciute oppure ha poteri sovrannaturali, che nella fase centrale dell’opera iniziano ad affezionarsi l’uno all’altro per poi doversi dire addio per cause di forza maggiore è una struttura con cui il cinema nipponico è forse sin troppo familiare e che, quindi, potrebbe risultare poco digeribile a chi ci è già entrato in contatto più volte. In tal senso non vi è alcuno spunto di originalità o un qualsivoglia messaggio che faccia spiccare la pellicola rispetto a tante altre opere sue simili, incanalandosi negli stessi identici binari senza avere alcun guizzo o spunto interessante.
Ne risulta un film eccelso a livello visivo, ma vuoto e scarno a livello contenutistico; una di quelle pellicole difficilmente invoglia ad una seconda visione e che, altrettanto difficilmente, rimarrà nelle menti e nei ricordi del pubblico per molto tempo.