Ranking of Kings si è da poco concluso con il suo ventitreesimo, e ultimo, episodio dopo esser stato per molti appassionati un appuntamento settimanale fisso per quasi sei mesi.
L’adattamento animato dell’omonimo web manga, a cura di WIT studio, è andato a cavallo tra la stagione autunnale e quella primaverile, risultando indiscutibilmente per entrambe uno degli show protagonisti in assoluto.
Ancor prima della sua uscita, Ranking of Kings (王様ランキング – Ousama Ranking in lingua originale) aveva attirato le attenzioni di una buona fetta di pubblico attraverso il suo trailer ufficiale, il quale sfoggiava character design e art-style molto fiabeschi e cangianti uniti da un’atmosfera che, tuttavia, si alternava tra il fantasy classico e il dark fantasy più pittoresco. Se, di primo impatto, si poteva constatare che si trattasse di un anime decisamente peculiare a livello stilistico, già attraverso il trailer era possibile rendersi conto della presenza di una solida direzione artistica e di sprazzi di animazione di altissimo livello che facevano ben sperare chiunque fosse interessato all’opera.
Essendo, per l’appunto, un adattamento di un web manga quasi sconosciuto anche per gli appassionati più navigati, Ranking of Kings è stato un caso eccezionale in cui una grossa fetta della community si è cinta attorno alla narrazione, ai personaggi e ai risvolti di trama senza che vi fossero rischi di spoiler o di anticipazioni indesiderate.
La maggioranza degli spettatori di questa trasposizione, insomma, si sono trovati totalmente all’oscuro sui contenuti del materiale originale, e ciò non può che aver contribuito ad innalzare l’impatto emotivo di questa prima fruizione.
[Questa recensione conterrà spoiler]
I personaggi, la storia ed il mondo di Ranking of Kings
La storia di Ranking of Kings narra le vicende del piccolo principe Bojji; egli è il figlio primogenito di Re Bosse, l’uomo più forte al mondo, ed ultimo discendente della stirpe dei giganti.
Al contrario di suo padre, tuttavia, Bojji non ha nemmeno un briciolo di forza fisica all’interno del suo corpo, non presenta affinità con la mole e la stazza del genitore ed inoltre è sordomuto.
Questa brevissima premessa fa da incipit ad un’intera narrazione che, ad onor del vero, sin da subito si presenta come non particolarmente originale o innovativa. La storia di Bojji l’abbiamo vista e rivista in tutte quelle opere nipponiche per ragazzi in cui il protagonista si ritrova ad essere preso in giro da tutti ma che, con la fatica e la costanza, riesce a ottenere il rispetto di chi prima lo denigrava, diventando sempre più forte e sempre più amato. Ranking of Kings in questo, tuttavia, dimostra che non sempre è necessario proporre qualcosa di nuovo per creare qualcosa di emozionante.
Le peripezie che costellano il percorso del nostro piccolo principe e del suo fido amico Kage sono, difatti, proposte attraverso una calorosa atmosfera immersiva che ben riesce ad instaurare un legame empatico tra il protagonita e lo spettatore; il percorso di crescita di Bojji è palpabile, così come lo sono le sue difficoltà e i sentimenti suoi e di chi gli gravita attorno.
All’interno del panorama nipponico non è particolarmente difficile trovare storie simili ma condite da tanti luoghi comuni e sviluppati da una scrittura talvolta fin troppo semplicistica ed eccessivamente incentrata sul suo personaggio principale. In Ranking of Kings, al contrario, i personaggi risultano essere tutt’altro che un maldestro garbuglio di stereotipi, bensì si presentano sotto molteplici sfaccettature che arricchiscono l’esperienza dello spettatore e gli permettono di avvicinarsi ad essi con più naturalezza.
All’interno del regno di Re Bosse, difatti, non è tutto rose e fiori. Non vi è la sola minaccia di qualche cattivone all’orizzonte come spesso capita nell’animazione fantasy giapponese; sin da subito sono evidenti intrighi di potere, gerarchie sociali e nobiliari, sotterfugi sinistri, rapporti col sovrannaturale, bugie e strategie doppiogiochiste.
Re Bosse stesso è un’entità misteriosa che inizialmente vediamo comportarsi in maniera particolarmente affettuosa nei confronti del figlio primogenito ma che, come si viene a scoprire più avanti nella storia, si dimostrerà essere l’artefice dietro le principali disgrazie della vita di Bojji. Combattuto dal suo stesso senso di colpa, Re Bosse diventa onnipotente e, al contempo una persona straordinariamente fragile e incapace di decidere se proseguire il suo piano per riunirsi con Miranjo o se abbandonarla e dedicare il resto dei suoi giorni al proprio regno.
Il secondogenito Daida, invece, viene presentato inizialmente come aspramente ostile nei confronti del fratello, ma poi si rivela essere molto nobile, sostenuto dall’orgoglio (nel senso positivo del termine), da uno spiccato senso del dovere e da un senso di giustizia inusuale per un personaggio di sangue reale in questo tipo di opera. Al contempo, resta pur sempre un ragazzino fragile e manipolabile che finisce intrappolato a causa del suo stesso desiderio. Al contrario il principe primogenito Bojji, nonostante sia stato privato di qualsiasi possibilità di emergere grazie alle proprie capacità, rimane una persona dal cuore d’oro sempre pronta ad aiutare il prossimo in nome di ciò che ritiene giusto, senza premeditazione o secondi fini. Bojji è stato maltrattato da suo fratello Daida, eppure lo ama e lo perdona. È stato usurpato tramite un sotterfugio del suo titolo di erede al trono, eppure non si dà per vinto e continua ad allenarsi. È stato tradito dal suo fidato maestro di spada Domas, eppure riesce a sopprimere il rancore. Ha visto la strega Miranjo uccidere sua madre davanti ai propri occhi, eppure tenta di comprendere il suo dolore.
Per concludere la famiglia reale, invece, la regina Hiling è probabilmente il personaggio più sfaccettato e ben scritto dell’intero anime. Inizialmente viene presentata come una matrigna di disneyana memoria, ovvero presuntuosa, arrogante e altezzosa nei confronti di chiunque le stia attorno. Tuttavia, nel susseguirsi delle puntate, Hiling si rivela essere una persona dal cuore d’oro tanto quanto il principe primogenito stesso; la regina ama incondizionatamente Bojji nonostante egli non sia suo figlio biologico e si comporta in maniera brusca nei suoi confronti per paura di vederlo soffrire ulteriormente. È fredda nei confronti di Daida perché convinta che la nobiltà del proprio figlio possa maturare solo tenendo le distanze ma, successivamente, è la prima persona pronta a sacrificare la sua vita pur di avere il figlio indietro. Hiling è consapevole che il suo ruolo in quanto regina è composto da molti doveri e lo prende molto sul serio, alcune volte rischiando anche di non farsi comprendere alla perfezione e di risultare fredda nei confronti di chi le sta attorno.
Se sino ad ora abbiamo parlato dei membri della famiglia reale, che sono il cuore pulsante di Ranking of Kings, è necessario spendere un paio di parole anche per i personaggi secondari, a partire dai “Big Four” per arrivare a Despa
Domas, Bebin, Apeas e Dorshe, con i rispettivi titoli “maestro di spada”, “maestro dei serpenti”, “lancia del re” e “scudo della regina”, hanno avuto un ruolo centrale nella storia e lo hanno svolto da personaggi a tutto tondo. In particolar modo i parallelismi tra Domas e Apeas sono tra gli aspetti più interessanti di tutto Ranking of Kings. Domas, combattuto tra ciò che gli viene ordinato di fare e ciò che ritiene moralmente giusto, risulta il personaggio più umano dell’intera opera. Egli esegue l’ordine di eliminare il principe Bojji ma se ne pente immediatamente, cosciente del fatto che vivrà per sempre con il rimorso di aver tradito il suo protetto e, quando finalmente si ritrova il principe primogenito davanti agli occhi, esplode in lacrime di gioia e sollievo.
Allo stesso modo Apeas, oltre ai due conflitti interni che affliggono Domas, prova un rispetto talmente profondo nei confronti di Miranjo che si avvicina quasi alla venerazione. Egli di conseguenza oscilla tra gli ordini ricevuti, la sua etica in quanto soldato del regno ed il suo affetto nei confronti di una persona che, in cuor suo, è sicuro che sia nel torto.
Apeas, infatti, lo si vede spesso oscillare da una fazione all’altra all’interno dello show in quanto, a differenza di Domas, non ha la forza di volontà per rimediare definitivamente ai suoi errori.
Una menzione d’onore a Despa è d’obbligo. Il fratello del re degli inferi si è fatto carico di un Bojji con il cuore a pezzi dopo il tradimento di Domas e gli ha fornito nuova linfa, allenandolo e rendendolo a tutti gli effetti il guerriero più forte del mondo, nonostante tutti i suoi limiti e le sue mancanze. Inizialmente Despa non sembra credere molto nelle potenzialità del principe e lo vede solo come un modo per fare qualche soldo facile, ma la convivenza con quest’ultimo e Kage lo ha cambiato a sua volta, rendendolo un uomo migliore, seppur sempre con l’obiettivo di sfruttare il potere di Bojji per esaudire il suo desiderio più grande ovvero trovare una soluzione per l’immortalità di suo fratello Ouken.
Infine, è giusto spendere due parole anche per gli antagonisti di Ranking of Kings, seppur questi ultimi siano a loro volta personaggi molto complessi e difficilmente catalogabili in tal senso. Ogni personaggio, in fondo, ha avuto una parte antagonistica all’interno della storia; persino coloro che si avvicinano di più al concetto di “eroe senza macchia”.
Ouken, Desha, Daida, Bosse, Apeas e Domas sono tutti personaggi che, in un modo o nell’altro, tramite le loro azioni hanno messo i bastoni tra le ruote agli intenti di Bojji e Kage, chi più chi meno. L’unica vera figura antagonistica è quella della strega Miranjo che, a sua volta, verso la conclusione della serie ha attraversato un percorso di redenzione, coadiuvato dal perdono sia del principe primogenito che dal secondogenito stesso, il quale, a conti, fatti è colui che ha sofferto di più per le azioni dello specchio parlante.
Miranjo, come tutto il resto del cast, è un’entità molto sfaccettata: la strega, difatti, è dietro alla stragrande maggioranza degli eventi tetri e tragici all’interno dell’opera, ma ella stessa nasconde un’ immensa fragilità e insicurezza dettata dal contrasto tra la propria volontà di vivere insieme a Re Bosse e l’impossibilità da parte di quest’ultimo di assecondare i suoi desideri. Così come Hiling ama i suoi due figli più di se stessa, allo stesso modo Miranjo ama Re Bosse più di ogni altra cosa e non si fa scrupoli a fare terra bruciata attorno a sé.
Il suo atteggiamento, tuttavia, prende una piega diversa quando si rende conto che il proprio concetto di felicità non è lo stesso del suo amato. La strega, di conseguenza, inizia a vacillare e a domandarsi a sua volta se tutto ciò che è stato fatto fosse davvero necessario o se avesse scavato una voragine ancor più grande a separarla dal gigante.
La trama nuda e cruda non segue un filone narrativo ben preciso in Ranking of Kings; vi è sempre all’orizzonte l’obiettivo di Bojji di diventare il più grande dei re, ma le vicende che si susseguono nella storia spostano costantemente il traguardo sulla problematica più incombente. Di conseguenza vi è un susseguirsi di colpi di scena costruiti magistralmente anche grazie alla narrativa fornita dall’art-style che alimenta il pathos nelle scene più concitate.
Mentre seguiamo le peripezie di Bojji e Kage, veniamo gradualmente introdotti ad un world building silenzioso ma al contempo molto eloquente. Si parla pur sempre di un’opera fantasy, quindi alcuni stereotipi e stilemi narrativi sono ben presenti all’interno di Ranking of Kings. Ciononostante veniamo progressivamente e costantemente alimentati con pillole di nozionistica della trama ambientale man mano che gli eventi si susseguono.
Inizialmente, difatti, la storia sembrava essere circoscritta all’interno delle mura del regno di Re Bosse. Più andiamo avanti, invece, e più ci addentriamo in altri luoghi importanti come ad esempio il regno dell’oltretomba, oppure quello di Gyakuza o anche l’area del seminterrato del castello reale e molto altro ancora. Diventa sempre più evidente che lo spettatore si sta imbattendo in una storia dalla grossa portata, dove molte forze in campo si scontrano in maniera diretta o indiretta e dove sotterfugi e sottotrame sono fondamentali per lo sviluppo della sceneggiatura di Ranking of Kings.
Il lato tecnico di Ranking of Kings
Ranking of Kings non è solo atmosfera, personaggi, scrittura e sceneggiatura, badate bene. L’anime di WIT Studio ha un sorprendente comparto tecnico. Il character design tondeggiante e semplicistico adottato da Atsuko Nozaki non rappresenta soltanto la migliore delle scelte possibili per rafforzare l’identità del racconto originale. Esso è anche e soprattutto una base solida, affascinante e funzionale per il reparto d’animazione che ha permesso alla serie di mantenere una costanza decisamente invidiabile per una serie da due cour, non facendo mai trapelare in maniera palese le occasioni in cui adottava un approccio più conservativo e raggiungendo al contempo picchi di eccelsa qualità come quello dell’episodio 21, a cura dell’ispirato regista Shota Goshozono.
Il fatto che una serie come Ranking of Kings sia riuscita a spuntare un checkmark del genere è certamente il risultato di scelte produttive ben oculate e, in generale, di una gestione del progetto che possiamo tranquillamente definire di successo. Non dobbiamo però dimenticare il cruciale sostegno dato dalle incredibili personalità di talento che hanno partecipato alla serie durante tutto il suo corso, conferendole nel concreto lo straordinario appeal di cui gode. I già menzionati Nozaki e Goshozono sono gli artisti più prolifici e capaci che abbiano attivamente messo mano al progetto in fase di animazione, ma al contempo non possiamo permetterci di trascurare il contributo di altre somme personalità quali, ad esempio, quello della star de L’Attacco dei Giganti, nonché nome fisso di WIT, Arifumi Imai.
Ranking of Kings ha beneficiato enormemente dal loro apporto e l’aspetto ancor più straordinario di ciò è che esso non si è assolutamente limitato alla mera fase d’animazione. L’Imai animatore ha saputo veramente cogliere e sfruttare al massimo il potenziale dei design di Nozaki, mentre l’Imai regista ha applicato in maniera certosina la sua straordinaria concezione di spazio e profondità, guidando con sapienza lo sguardo dello spettatore e dando così vita ad un episodio (il 19) che è secondo solo al 21 di Goshozono, nel quale lui ha comunque lasciato la sua trionfale impronta. Allo stesso modo l’apporto di Goshozono non si limita affatto all’episodio 21, ed è triste notare quanto sottovalutato sia stato il suo mastodontico settimo episodio, il quale ha l’unica colpa di non includere sgargianti scene d’azione.
Difficile da ignorare è anche la gradevolissima presenza di alcuni rinomati freelancer in importanti episodi come il nono, tra cui spiccano Yoshimichi Kameda, Hirofumi Masuda, Itsuki Tsuchigami e Takeshi Maenami. Un battaglione di primissimo livello che ha partorito un episodio che in tante altre serie sue contemporanee rappresenterebbe il massimo picco raggiungibile, nonché un climax ben più che soddisfacente. Ciliegina sulla torta sono gli affascinanti fondali di Yuji Kaneko che contribuiscono ad esaltare lo splendido impatto visivo dell’anime.
L’unico neo, se così lo si vuole chiamare, in questo comparto tecnico di assoluto livello è l’assenza di varietà di OST all’interno dell’anime. Il comparto sonoro è eccelso; gli effetti sonori di due lame che si scontrano, dei passi dei personaggi su superfici dalla consistenza diversa, del vento che si infrange contro i vestiti e le strutture… tutto ciò è gestito in maniera magistrale. Tuttavia, come detto poc’anzi, non vi sono colonne sonore particolarmente ispirate o memorabili ad accompagnare le vicende dei personaggi e, in un fantasy come Ranking of Kings che dovrebbe fare della suggestività il suo piatto forte, risulta essere un punto a sfavore nei confronti dell’opera.
Considerazioni finali su Ranking of Kings
Ranking of Kings è stato per molti spettatori la sorpresa dell’anno; un fulmine a ciel sereno in grado di spazzare via ogni sorta di pregiudizio legato al character design e all’art-style grazie anche alla contrapposizione dei temi trattati in confronto alla palette cromatica molto accesa che viene utilizzata.
Sembra una fiaba, è ambientata in un mondo fiabesco ed al suo interno ha personaggi tipicamente fantasy. Eppure, al contempo, si distacca totalmente dall’aspetto più bambinesco che l’accezione comune ha di quel termine, proponendo ed esplorando temi molto maturi riguardanti la morale, il sacrificio dell’individuo per un bene superiore, la capacità di saper perdonare chi ci ha fatto un torto e la possibilità di quest’ultimo di perdonarsi a sua volta per i suoi misfatti.
Tutto ciò condito, come abbiamo detto precedentemente, da un comparto tecnico molto più spiccato di quanto un primo sguardo veloce potrebbe far credere. In Ranking of Kings c’è la tipica atmosfera fantasy con castelli, magie, creature mitologiche e razze diverse; tale atmosfera, tuttavia, viene convogliata maggiormente grazie all’apparato visivo che non grazie al simbolismo “stereotipato” o caricaturale tipico del genere. Si riesce a leggere meglio la situazione grazie ad un singolo primo piano sui personaggi che a mille battute e dialoghi tra essi.
Non che la serie sia perfetta, ovviamente. Ranking of Kings soffre innegabilmente di alcuni problemi di pacing, soprattutto nella parte centrale della stagione dove gli eventi sembrano subire un brusco rallentamento, giusto in concomitanza dell’allenamento di Bojji.
Inoltre, a proposito del periodo passato insieme a Despa, per quanto si tratti pur sempre di un mondo fantasy fiabesco, il “power-up” del nostro protagonista è sin troppo netto e impattante; egli passa dall’essere la creatura più debole dell’intero mondo al diventare quella più potente nell’arco di una manciata di giorni (all’interno della storia) e, per quanto la sceneggiatura abbia provato a contestualizzare la cosa, lascia comunque un sentore amaro in bocca. Da la sensazione di una forzatura fin troppo tirata per essere credibile, anche all’interno di questo tipo di mondo narrativo.
Se da un lato molti spettatori si sono espressi in maniera contraria nei confronti degli ultimi 2-3 episodi, definendoli una conclusione alla “tarallucci e vino”, c’è da dire che questo è sempre stato il motto di Ranking of Kings sin dagli albori. Un finale alla “e tutto è bene quel che finisce bene” risulta essere quanto di più logico potesse accadere all’interno di una storia fiabesca come questa.
D’altro canto, tuttavia, è vero che nelle ultime puntate sono nate alcune incoerenze narrative che prima non si erano mai palesate e questo ha fatto ragionevolmente storcere il naso ai fan.
La questione dell‘immortalità di Ouken è stata risolta in maniera alquanto sbrigativa, la redenzione di Miranjo è passata tramite il perdono da parte di Daida e Bojji ma non tramite un suo percorso interno di pentimento, tutte le vicende viste all’interno di queste 23 puntate di Ranking of Kings alla fine hanno comportato poco o nulla nell’ecosistema del mondo narrativo ed, infine, l’incipit che da il nome all’opera è stato a malapena sfiorato.
Siamo a conoscenza del fatto che il web manga è ancora in corso, quindi abbiamo la speranza di un annuncio di una seconda stagione di Ranking of Kings, ma tale classifica dei re, finora, è stata usata più come sfondo che non come stratagemma narrativo o movente per le azioni dei personaggi.
Oltre a queste “piccolezze”, ci sentiamo di promuovere pienamente l’adattamento animato di Ranking of Kings; opera che è stata, nondimeno, in grado di emozionare una pletora di fan pur con il suo stile non convenzionale ed un insieme di personaggi e vicende memorabili. Sfortunatamente la serie non ha goduto della stessa popolarità della quale possono vantarsi altri show, ma la speranza è che, con il corso del tempo, sempre più persone si approccino a questa piccola gemma dell’animazione giapponese.