Da qualche anno a questa parte, in Italia, il formato podcast sta avendo un notevole successo; ciò è dovuto sia alla grande varietà di argomenti che possono essere trattati di episodio in episodio, sia alla facilità con cui l’utente può accedere all’intrattenimento, basta infatti possedere uno smartphone.
In parole povere il podcast è una trasmissione, diffusa mediante il web, che può essere scaricata e archiviata dall’utente. Di conseguenza, questa può essere ascoltata in qualsiasi momento senza necessitare per forza di una connessione stabile alla rete.
La rapida crescita del mercato, sia a livello nazionale che globale, ha convinto molti privati a investire e ad aprire la propria piattaforma di podcast, tra questi anche alcune grandi società del calibro di Spotify, Amazon, Apple (con “Apple Podcast”) e, a quanto sembra, anche YouTube. Stando ad alcune indiscrezioni, proprio quest’ultima sarebbe disposta a tutto pur di attirare podcaster e network, così da conquistare una posizione di forza, se non di egemonia, verso gli altri rivali.
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La mossa di YouTube
Secondo quanto riportato da Bloomberg, YouTube sarebbe intenzionata a offrire ai content creator un “onorario” di ben 50mila dollari per pubblicare dei nuovi podcast. Allo stesso tempo, la società offrirebbe una somma, compresa tra i 200mila ed i 300mila dollari, ai network per creare delle versioni “video” di episodi già esistenti o per realizzarne di nuovi.
Questa mossa davvero audace è volta ad aumentare il numero delle trasmissioni attualmente presenti su YouTube. Grazie a ciò, il numero di utenti attivi sulla piattaforma potrebbe subire un sensibile incremento, così come i ricavi ottenuti dalla società.
Sebbene non sia stata ancora confermata ufficialmente, l’ipotesi di questa politica “aggressiva” risulta ancora più plausibile se si tengono in considerazioni 2 fatti importanti: in primo luogo, alla fine dello scorso anno, con la nomina di Kai Chuk come responsabile della strategia di podcasting, c’è stato un importante cambio di regia negli uffici di Youtube; in secondo luogo, la società ha eliminato, per il momento solo in Canada, la richiesta di un account premium per la riproduzione dell’audio in background.
Nell’attesa di ulteriori informazioni, confidiamo nella veridicità di questi rumor, cosicché anche i content creator meno conosciuti possano cercare di affermarsi su questo palcoscenico in differita.
Fonti: Bloomberg