Da quasi 10 anni a questa parte i social network sono diventati parte della nostra quotidianità. Attualmente le piattaforme che raccolgono più utenti, Facebook e Instagram, sono di proprietà di Meta, la Big Tech capitanata da Mark Zuckerberg.
L’enorme mole di persone che affolla i social di Meta ogni giorno permette alla società di raccogliere un’innumerevole quantità di informazioni personali. Queste sono utilizzate per creare dei profili unici per gli utenti al fine di sottoporre loro della pubblicità mirata, ossia in linea con i loro interessi.
Talvolta, purtroppo, l’attività di profilazione è svolta attraverso metodi illeciti e va a ledere la privacy dell’individuo. Tali ferite, però, possono essere sanate attraverso un risarcimento danni: questo è il caso di Meta che si è impegnata a pagare 90 milioni di dollari per il trattamento irregolare dei dati personali degli utenti Facebook durante il biennio 2010-2011.
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La questione e il risarcimento di Meta
La controversia originale, sollevata con una class action nel 2012, si incentra sulla violazione delle norme sulla privacy e sulle intercettazioni. Secondo la parte attrice, Facebook avrebbe tracciato indebitamente, tra l’aprile del 2010 e il settembre del 2011, i suoi utenti su siti di terze parti attraverso un sistema di plug-in di registrazione e mediante il pulsante “mi piace” presente su queste piattaforme esterne.
Oltre a questo, le stesse clausole dei termini di servizio del social di Meta stabilivano che l’attività di profilazione si sarebbe interrotta nel momento in cui l’utente si fosse disconnesso dalla piattaforma (cioè quando chiude Facebook).
Sebbene ci fossero delle forti premesse, l’azione di classe si arresta nel 2017, quando il giudice federale californiano rigetta il ricorso poiché i ricorrenti non sono riusciti a provare in modo sufficiente il danno patrimoniale patito a causa delle pratiche della società.
A seguito della sentenza, Meta voleva portare il caso davanti alla Corte Suprema, così da rendere definitiva la statuizione del giudice, salvo poi aprire le trattative per un accordo con il ricorrente. Le due parti sono di recente convenute al seguente patto: Meta si impegna a versare 90 milioni di dollari alla controparte a titolo di risarcimento (cifra che sarà successivamente divisa tra i ricorrenti) e a cancellare i dati oggetto della questione, viceversa la parte che ha dato vita alla class action lascerà cadere tutte le accuse mosse. Per avere effetti vincolanti, l’accordo dovrà essere approvato dal giudice della Corte Distrettuale della California del nord.
Da ultimo, Meta ha voluto specificare che ritiene di non aver violato alcuna normativa in ambito di privacy o di intercettazioni. Ha anche aggiunto che il risarcimento multimilionario pattuito rappresenta “il migliore interesse della community e dei nostri investitori”.
In questa vicenda traspare tutta la materialità dell’ordinamento americano. Se ciò fosse accaduto in Europa, continente sempre molto attento ai diritti della persona, molto probabilmente l’esito sarebbe stato assai diverso.
Fonti: Business Wire