Molto spesso purtroppo capita che si accusino prodotti di intrattenimento come videogiochi o film di atti criminali o violenti. Uno dei casi più recenti è quello del film Joker che rischia di non venire più trasmesso in Giappone dopo che la BBC ha fatto notare la vicinanza tra i fatti della pellicola e i recenti attacchi sui treni avvenuti nel paese.
Marco D’Amore, attore conosciuto soprattutto per il ruolo di Ciro Di Marzio nella celebre serie Gomorra, è finito recentemente in mezzo alla polemica per una situazione analoga: secondo quanto riportato da un’intervista su Il Quotidiano, infatti, contro chi accusa Gomorra di creare suggestione ed emulazione l’attore avrebbe detto che, piuttosto di accusare la televisione, basterebbe guardare i videogiochi con cui i ragazzi passano ore e che molto spesso raccontano di uccisioni e altri crimini. A seguire trovate la dichiarazione completa riportata dal Quotidiano:
“Mi sembra davvero immorale accusare Gomorra di provocare emulazione quando basterebbe conoscere i videogiochi con i quali passano il tempo i ragazzi: videogiochi che raccontano solo di futuri distopici in cui devono ammazzare, sventrare e violentare, e si esaltano di questo. Altro è parlare di fascinazione narrativa. Io sono cresciuto idolatrando i miti della letteratura efferata ma non è che sono diventato un omicida, perché alle spalle avevo un certo contesto familiare e sociale.“
Roberto Recchioni, fumettista e scrittore, ha poi riportato il frammento di intervista sulla sua pagina Facebook scrivendo sarcasticamente: “lo sappiamo tutti che la colpa è dei videogiochi (Marco D’Amore, classe 1981).”
Ma che cosa intendeva veramente Marco D’Amore con la sua dichiarazione?
L’attore ha prontamente replicato sulla sua pagina Facebook asserendo che Roberto Recchioni avrebbe completamente frainteso le sue parole:
“Ovviamente ho detto esattamente il contrario… ma si sa al giorno d’oggi un titolo e due righe sono sufficienti per far calare l’inesorabile mannaia del giudizio!”
Leggendo la dichiarazione, comunque, si può intuire molto facilmente il fraintendimento di Recchioni: D’Amore nell’intervista ha solo chiarito che leggere o guardare determinati prodotti non implica necessariamente diventare violenti, e tale concetto si può applicare tanto alla difesa di Gomorra quanto alla difesa di qualsiasi altra cosa. Non ha in alcun modo accusato esplicitamente i videogiochi di causare violenza o disordini.
“Tal Roberto Recchioni senza saper nulla di me e non essendo presente all’atto dell’ intervista, pubblica lo stralcio in questione e scatena la bagarre, lasciandomi investire dalla solita montagna di m*rda che in casi come questo scivola sulla testa dell’accusato. […] La cosa più amara è che conclude il suo mirabile intervento, mettendo in calce la mia data di nascita, come a sottolineare la mia decadenza, la mia vecchiezza.”
Che ne pensate voi Commodoriani della situazione? Fatecelo sapere con un commento!