Negli ultimi mesi la Cina ha dimostrato in più occasioni la sua avversione verso le criptovalute: basti pensare al divieto imposto dal Governo cinese alle proprie istituzioni finanziarie, che vieta a tutte le banche ogni tipo di attività correlata alle criptomonete. O ancora, quando lo scorso 20 giugno hanno chiuso oltre il 90% delle miniere di mining in Cina, determinando un crollo del valore del Bitcoin del ben 5%.
Inoltre, i divieti imposti fino ad ora sul mining dalla Cina hanno favorito il mercato dell’usato, che si è riempito di tutte quelle schede video utilizzate nelle mining in passato.
La Banca Centrale Cinese dichiara: “le criptovalute sono illegali”
E adesso, dai vertici del regime cinese arrivano nuove indicazioni che vietano anche soltanto il coinvolgimento in attività riguardanti le criptovalute. Oltre ai divieti passati, che ricordiamo includere l’impossibilità di effettuare mining, trading e transazioni, da ora in avanti tutti coloro che risiedono in Cina non potranno più utilizzare le piattaforme di exchange estere per gestire le proprie monete virtuali.
Come dichiarato dalla Banca stessa sul proprio sito ufficiale infatti:
“Negli ultimi anni, Bitcoin e altre attività di hype sulle transazioni in valuta virtuale hanno prevalso, sconvolgendo l’ordine economico e finanziario, alimentando il riciclaggio di denaro sporco, la raccolta illegale di fondi, la frode, gli schemi piramidali e altre attività illegali e criminali, mettendo seriamente in pericolo la sicurezza della proprietà delle persone […]
La Banca Popolare Cinese ha introdotto una serie di politiche e misure per chiarire che le valute virtuali non hanno corso legale, così da vietare le istituzioni finanziarie dallo sviluppo e dalla partecipazione ad attività legate alla valuta virtuale, e ripulire e vietare le transazioni nazionali in valuta virtuale e il finanziamento dell’emissione di token”
Oltre ai motivi precedentemente dichiarati dalla Banca Popolare Cinese, secondo molte voci autorevoli come la CNBC, ci sarebbe anche una causa ambientale dietro il bando delle criptovalute. Quest’ultime infatti, e in particolare il Bitcoin, per essere estratte richiedono un’enorme quantità di energia elettrica. Una richiesta così elevata di corrente intaccherebbe però i piani green della Cina, che prevede entro il 2060 di diventare uno Stato totalmente carbon free.
La risposta delle criptovalute all’attacco cinese
Malgrado la repressione della Cina, le criptomonete non sembrano aver subito un colpo così grande dall’offensiva di Pechino. Anche se il valore del Bitcoin, la principale cripto diffusa sul pianeta, ha perso all’incirca il 5% del suo valore arrivando a quota 42.496,12 dollari, secondo molti analisti la situazione non è critica, come ritiene per esempio Vijay Ayyar , capo dell’Asia Pacific presso l’exchange di valuta digitale Luno.
Per Ayyar, nel complesso ci troviamo in una situazione già vista molte volte nel passato e “per quanto riguarda il comportamento dei prezzi, finché non scendiamo al di sotto di $ 38.000 su una base temporale elevata, siamo ancora in territorio rialzista”