Nel suo terzo episodio L’Attacco dei Giganti ci regala qualche interessante spunto di riflessione
L’Attacco dei Giganti, si sa, eccelle nel romperci il cuore, in un modo o nell’altro. Fondata su di una storia che viaggia a ritmo di paralleli e contraddizioni, la narrazione di Hajime Isayama ha sempre avuto quel retrogusto amaro capace da solo di macchiare irreversibilmente i già pochi momenti positivi che ogni tanto si degna di presentarci.
Ma soprattutto, L’Attacco dei Giganti non si dimentica mai che quello dello spettacolo di morte e distruzione che ha allestito è un palcoscenico insopportabile prima di tutto per i personaggi che lo occupano. Abbandonarlo prematuramente è forse il più grande privilegio che si possa avere, perché è proprio chi rimane sotto la luce dei riflettori a patire le maggiori sofferenze.
Ecco quindi come in un breve discorso la narrazione ci anticipa le attuali condizioni mentali di Eren e del motivo per cui si nasconde tra i Marleyani, riconfermandosi come sempre capace di prendere e riformulare il messaggio shōnen classico che troviamo spesso nelle opere dirette allo stesso target.
La quarta stagione, che sta andando in onda proprio in questo periodo, è forse l’esempio più chiaro di cosa vuol dire far parte, consapevolmente o meno, di un conflitto marcio e deviato a tal punto da non risparmiare nessuno. Proprio recentemente abbiamo appreso che a portare a termine un attacco così inumano e distruttivo come quello del Wall Maria sono stati dei semplici bambini pieni di ansie e timori, abbiamo avuto modo di testimoniare il progressivo decadimento mentale di Reiner, e infine l’esito della pazzesca evoluzione avvenuta nell’animo del nostro protagonista Eren.
La chiave di lettura dell’ultima parte del terzo episodio gira tutta intorno ad un concetto chiave: quello di andare avanti, nonostante tutto. C’è chi a questo punto volgendo lo sguardo indietro potrebbe ritrovarlo spessissimo all’interno della serie (oltre che nel simbolico “Susume!” di Erwin Smith), però ciò che ci interessa in questo momento è che, riducendolo all’osso, il suo significato non è poi così diverso da quello che possiamo trovare negli shōnen più classici di cui L’Attacco dei Giganti tanto si sbeffeggia.
Andare avanti nonostante tutto significa superare i propri limiti anche quando neanche noi stessi ce lo aspettiamo, vuol dire non arrendersi mai dinanzi al pregiudizio e trovare la proprio strada, significa perseguire il proprio sogno fino alla fine armandosi di un’incrollabile forza di volontà. È chiaro, no? Proteggere i propri cari, lottare contro ciò che è ingiusto, sradicare da questo mondo chiunque provochi sofferenza per raggiungere i propri scopi. In un modo o nell’altro lo abbiamo già sentito.
Ma perché a Falco, esattamente? Perché ad una persona che in futuro prossimo potresti dover uccidere?
Fa proprio strano, questo discorso qui. Dopo ben 3 episodi di dominante razzismo Marleyano vedere qualcun altro oltre Falco considerare le persone esclusivamente in base a ciò che sono è decisamente sorprendente, però ad esserlo ancora di più, forse, è che sia proprio Eren a farlo in questo preciso momento della storia e della sua vita. Perché, in effetti, cos’altro è questo discorso se non l’essenza di tutto ciò che il personaggio ha dovuto affrontare?
Costretto ad imporsi un obiettivo da inseguire fino alla fine; costretto a superare i suoi limiti per raggiungerlo, Eren anche questa volta non si piega dinanzi al pregiudizio e rivolge consigli sinceri ad una persona che potrebbe ripagare con lo stesso odio indiscriminato nato delle gesta di antenati sui quali il nostro protagonista non ha nessun controllo. Eppure la domanda è: superando i suoi limiti e credendo nei suoi sogni, cos’è che Eren ha ottenuto fino ad ora? Dov’è il finale felice che vediamo nelle altre storie? Non c’è, non l’ha trovato.
È di fatto proprio questa realizzazione che, come vediamo dopo la riconquista del Wall Maria, spinge Eren verso l’amarezza e l’abbattimento: Al di là del mare dei propri sforzi – oltre le mura della passione e del coraggio che iniettiamo quotidianamente nella nostra vita non è detto che ci sarà un lieto fine. Perché esattamente dopo l’inferno della condizione umana che tutti quanti sopportiamo per raggiungere la felicità potrebbe esserci un altro inferno.
Eppure possiamo davvero lasciarci condizionare da questa consapevolezza? Possiamo davvero arrenderci per la paura di ciò che ci attende, positivo o negativo che sia? Almeno per adesso la risposta di Eren è no. Il nostro zoppo mendicante si trova lì, a Liberio, e di certo non per fare turismo. Vuole affrontare il suo nemico, lottare a testa alta contro il nuovo inferno che ha trovato.
E noi, invece?
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