Riot Games vorrebbe far entrare VALORANT nel competitivo, una buona scelta?
VALORANT, lo sparatutto in prima persona free-to-play di Riot Games, è stato ben accolto tra spettatori e giocatori. La modalità di gioco, semplice e già vista, ha permesso a molti giocatori di diventare anche solo in pochi giorni, dei veri professionisti ed in alcuni casi è successo anche molto prima del lancio.
Il titolo è in beta chiusa, lanciato il 7 aprile di questo anno con una strategia di visualizzazione basata su drop che lo spinge in territori senza pari. Lo sviluppatore però, non ha perso tempo a pubblicare i suoi piani del titolo per quanto riguarda il competitivo.
Riot Games ha annunciato il 15 aprile che avrebbe consentito agli organizzatori di tornei di terze parti, ad intensificare e produrre le prime competizioni per VALORANT. Diciamocelo, sarebbe stato abbastanza prematuro o soffocante assumere immediatamente un controllo nel competitivo per il titolo. Ovviamente parliamo eventi come quelli di ESPN, Andbox e G2 Esport.
Ma il vero stadio di VALORANT quale sarebbe? si tratta di un titolo dove i giocatori non hanno avuto abbastanza tempo per capire il gioco, i personaggi e le varie abilità e molti di loro riguarda i giocatori occasionali che stanno ancora cercando di ottenere l’accesso al titolo tramite Twitch. Quindi diciamocelo, solo il 20% forse, ma forse, sa le dinamiche di VALORANT.
Di conseguenza è troppo presto affinché le organizzazioni facciano firmare i giocatori vari contratti. Anche se i Sentinels hanno già reclutato alcuni dei migliori giocatori della Overwatch League e Counter-Strike, stiamo parlando di professionisti globali. Insomma non costano poco, trattandosi di un titolo al momento non presente sulla scena competitiva, non sarà troppo presto?
I rischi
Mettiamo che ci sono piccoli tornei, organizzati dai creatori di contenuti e giocatori adeguatamente qualificati, come fanno organizzazioni come Sentinels a recuperare i soldi? Si potrebbe pensare ad un investimento futuro, ma vi è una falla di sistema.
Il rischio è dei giocatori. I titoli in scena negli Esport, regnano sovrani anni dopo il loro lancio; quindi se già adesso si mettono in scena grandi giocatori per un titolo ancora nemmeno sugli schermi degli Esport, dopo potrebbero non mantenere la loro eccellenza rispetto alla concorrenza. Questa considerazione rende la firma anticipata dei giocatori un rischio innegabile.
Cosa succede se (o quando) Riot Games decidesse pienamente di puntare su VALORANT come ha fatto per League of Legends? Calcolando che il gigante dei MOBA ha oltre una dozzina di leghe professionistiche in numerose regioni, senza contare un ecosistema nazionale per l’avvio da parte di dilettanti e semi-professionisti.
In teoria, significherebbe che esiste la possibilità che le organizzazioni non siano più in grado di schierare una squadra nella massima serie della competizione se vengono implementate partnership a lungo termine. Sia Riot Games che le sue organizzazioni partner sono straordinariamente positivi riguardo allo stato attuale degli Esport di League of Legends, quindi non è un grande passo per supporre che questa sia una possibilità per VALORANT in futuro.
Cosa accadrebbe se Sentinels non venisse accettato in una futura serie nordamericana di VALORANT Championship? E se Ninja in Pijamas non fosse disposto a pagare milioni di dollari per diventare un partner nella prima lega europea? C’è una buona probabilità che i loro sforzi in VALORANT fino a quel momento non sarebbero stati abbastanza fruttuosi da giustificare la spesa accumulata.
Si comprende il fascino di entrare presto in un titolo, soprattutto quando c’è una buona dose di clamore che lo circonda a livello competitivo sin dall’inizio, ma è troppo presto, sopratutto azzardato, per investire migliaia e migliaia di dollari quando non esiste una scena competitiva. Sopratutto, stiamo parlando di un gioco in beta chiusa.
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