La favola della guerra
“Questo film narra la storia di un maiale, soprannominato Porco Rosso, che si batte contro i pirati del cielo a rischio del suo onore, della sua donna e dei suoi beni, ambientata nel Mar Mediterraneo, all’epoca degli idrovolanti.”
Una macchina da scrive batte carattere dopo carattere l’incipit di questa storia.
La velocità di trasmissione somiglia a quella di un telegramma, la lettura rapida ricorda quasi quella di un bollettino di guerra e il suono dei tasti battuti freneticamente su di un’immaginaria macchina da scrivere somiglia vagamente a quello di una mitragliatrice.
Fin da questo breve intro il clima nel quale veniamo trasportati è quello di un conflitto dai confini confusi, ma nel quale alcuni elementi fissi sono da subito riconoscibili.
Seppur inizialmente sia difficile capire dove ci troviamo, precisamente, il quando ci è presto detto. Una radio degli anni ‘20 trasmette una canzone francese, un telefono a manovella squilla e la rivista Mare Blu di cinema ha in copertina una diva vestita secondo la moda hollywoodiana del tempo.
Siamo nel 1929, come ci suggerisce la copertina della rivista, perfettamente a metà del periodo interbellico occidentale.
Dieci anni sono passati da quando la Grande Guerra si è conclusa e dieci ancora ne mancano allo scoppio della Seconda.
Un ventennio di pace apparente, tra tentativi di ripresa e crescita esponenziale delle cause che porteranno al secondo conflitto.
Miyazaki trova in questo periodo quasi sospeso, il tempo per narrare la sua storia di pirati e cavalieri del cielo, dove onore, denaro e amore si fanno motori del racconto e la morte non è che causa della condizione dei suoi protagonisti; senza mai essere mostrata se non attraverso i racconti dei sopravvissuti, una scelta decisamente diversa del raccontare la guerra se si pensa agli orrori narrati da Takahata in Una tomba per le lucciole.
La guerra come un epos moderno che diventa pretesto per raccontare una favola; condannata sicuramente, ma addolcita dall’atmosfera romantica e naif che questa assume e dove nuovi personaggi da caratterizzare trovano la loro collocazione.
Proprio come questo assurdo momento di pace illusoria, il luogo dove troviamo il nostro protagonista pare quasi irreale, dove i conflitti sembrano non poter arrivare se non grazie a un telefono o una radio.
Nemici simpatici ed eroi imperfetti
A interrompere la quiete del nostro protagonista è una richiesta d’aiuto che arriva per via telefonica.
“Porco Rosso, mettiti subito in volo! È apparsa la banda Mamma Aiuto”
“I Mamma Aiuto? Non accetto lavori mal pagati.”
“Puntano a una nave a nolo veneziana carica dei salari di una compagnia mineraria.”
Gli elementi ci sono subito presentati in maniera chiara: Porco Rosso è un cacciatore di taglie del 1929 e come cacciatore di taglie il suo interesse primo sono i soldi…
“Soltanto questo?”
“Bhe, no, ecco a bordo ci sarebbero anche le alunne di una scuola femminile in gita.”
…ma che ben presto impareremo a capire essere mosso da intenzioni più valide, che ci verranno spiegate volta per volta nello snodarsi del racconto.
È proprio la presenza delle bambine a convincerlo, ovviamente solo dopo aver contrattato sul prezzo da buon mercenario quale è, ma nella sua presa di posizione possiamo da subito vedere qualcosa di buono nel non poter rimanere impassibile davanti al rapimento di una scolaresca in gita.
Così lascia il suo “rifugio” per tornare alla realtà, al di fuori di quelle mura dorate, per sconfiggere i suoi nemici, i pirati…
“Non sono pirati, si chiamano Pirati del Cielo!”
…ci corregge subito una bambina, e come confusa ci sembra la posizione del porco, confusi ci sembrano i cattivi di questa storia; scapestrati, quasi improvvisati, persino le bambine non ne sono spaventate e i pronostici sulla vittoria del nostro eroe contro di loro si sprecano.
Li sentiremo parlare di mutui e debiti, li vedremo riparare il proprio aereo con mezzi di fortuna e discutere di soldi come se fossero in pizzeria tra ragazzi, prenderli seriamente diventa difficile.
La banda Mamma Aiuto è solo una delle bande di pirati che solcano i cieli del Mar Adriatico, ma gli altri non differiscono più di tanto da questi e sembrano tutti dei ragazzi che “giocano alla guerra”, e proprio come ragazzi verranno apostrofati da Gina con fare materno.
“Ma cosa c’è questa sera che si sono riuniti tutti i grandi uomini. State di nuovo complottando? […] Però giocare alla guerra non è permesso. […] Che bravi ragazzi.”
Già il nome della banda “Mamma Aiuto”, ci rende un quadro di uomini ancora attaccati alla gonnella delle proprie genitrici. L’essere mammoni è un “problema” tutto italiano, divenuto stereotipo di un maschio senza spina dorsale, viziato e alle volte inconcludente, se si considera l’accezione negativa per il quale era stato coniato.
In realtà il nome dovrebbe derivare più precisamente da “Mammajut”, soprannome dell’idrovolante CANT Z.501, e diventato poi il grido di reparto del 15º Stormo SAR.
Anche in questo caso il nome dovrebbe fare riferimenti a un grido d’aiuto rivolto a una madre considerata la ridotta difendibilità, la scarsa velocità massima e l’armamento limitato di questo veivolo.
Dopotutto in quali altri paesi si chiama la mamma nel momento del pericolo?
A noi non resta che provare simpatia verso di questi facendo però sempre il tifo però per il nostro più probabile Eroe.
L’unico a distinguersi per eleganza e bravura tra i suoi nemici sarà Donald Curtis, americano per un quarto italiano.
I due si fronteggeranno in una battaglia dopo l’altra, prima per il cuore di Gina, poi per la compagnia di Fio, tanto diversi in terra tanto simili nel talento per il volo.
Anche nei loro scontri non manca la componente comica e a tratti infantile, che raggiungerà l’apice nello scontro finale nel quale si daranno battaglia fino ad arrivare alle mani; tanto eleganti sui loro destrieri alati, tanto grotteschi nel combattimento corpo a corpo.
Scontro dopo scontro hanno imparato a conoscersi e stimarsi. Mentre il rispetto che Porco Rosso riservava a chiunque voli o combatta, Donald lo imparerà nel suo processo evolutivo, per poi raggiungere la maturità alla fine nel tendere la mano d’aiuto al nemico Porco nel momento del bisogno, per poi finalmente tornare in America e realizzare i propri sogni di gloria.
Fin dal primo incontro con Porco Rosso, Donald Curtis rivelerà infatti da quali intenti è mosso.
“Il Curtiss qua fuori e roba tua?”
“Già, per portarmi fama e ricchezza, un serpente a sonagli portafortuna!”
e confermerà dopo
“Fare la guardia del corpo dei pirati del cielo è solo un passo verso fama e fortuna, poi sarò una grande star di Hollywood!”
Rendendoci brevemente un altro piccolo spaccato di realtà, ovvero quello di chi in guerra cercava nient’altro che la fama.
La storia di un umano che divenne porco
Ma chi c’è davvero dietro il maiale?
Abbiamo appreso dalla storia che Porco Rosso è sicuramente un aviatore dotato di incredibile talento, che ha combattuta durante la Grande Guerra e che ora si limita a stare fuori dai giochi, lavorando come cacciatore di taglie.
Fin dall’inizio però è evidente che dietro quella faccia ci sia qualcosa di più.
Sarà proprio grazie a Gina che scopriremo il vero nome del porco, quando una volta rimasti soli gli si rivolgerà chiamandolo Marco.
È la prima volta che lo sentiamo pronunciare nel film e ci confermerà poco dopo che dietro a quel nome c’era in realtà un ragazzo, ma la curiosità di scoprire come e perché sia divenuto un maiale lascerà presto spazio alla più interessante storia del suo passato.
Lo guardiamo attraverso la dolcezza degli occhi di Gina ed empatiziamo con lei nel desiderare che anche lui si possa vedere allo stesso modo.
Sono animi che hanno sofferto, legati da una sincera amicizia d’infanzia che con gli anni si è fatta più complicata per via della guerra. Guerra che li ha privati di ogni legame, salvando solo il loro. A l’uno non è rimasto che l’altra.
“…e così gliel’ho spiegato che mi sono sposata con piloti di idrovolanti per tre volte. Ho una morte in guerra, una morte sull’Atlantico, mentre l’ultimo invece è morto in Asia.”
[…]
“Ormai sei rimasto soltanto tu della vecchia compagnia.”
Gina come Marco ha accettato la propria condizione, ma a differenza sua sorride malinconica al proprio passato, mentre Marco vorrebbe dimenticare.
“Marco ti ringrazio di restarmi sempre accanto.”
Probabilmente se gli fosse possibile rinuncerebbe anche a rivedere Gina, ma ovviamente c’è qualcosa che glielo impedisce, che sia rimorso, senso di protezione o qualcosa di più, sembra tornare da lei ogni volta per quanto questo lo costringa a ricordare.
Ha provato a cancellare ogni memoria di se, seppellendola sotto il grugno di un maiale e l’inchiostro di una penna. La sua faccia è ancora lì ritratta su di una foto, che vorrebbe rimuovere dalla parete, cancellata nervosamente, unica prova visibile a occhi esterni di aspetto umano che un tempo gli apparteneva.
“Quelli bravi muoiono sempre.”
E lui non si è meritato neanche la morte.
Gina è diventata una donna e Marco un maiale. Mutato dagli orrori della guerra, cambiamento obbligato per chi è sopravvissuto.
Gina ci svela che Marco è l’unico sopravvissuto tra i loro amici d’infanzia, a completare il racconto del come sia diventato un maiale sarà invece Porco.
Racconterà la sua storia a Fio come se non la sentisse da anni, di come insieme agli altri, ha perso uno dei suoi più cari amici al quale poco prima aveva fatto da testimone, Berlini il marito di Gina e di come per lui sembrava fosse arrivata la fine.
Racconterà di come avrebbe voluto morire al suo posto e di come invece una parte di se sia morta davvero.
Nel cielo si leva una scia di aerei che volano insieme, ma che se visti da vicino possono essere divisi i due macrogruppi. Avvicinandoci possiamo osservare come gli aerei appartenenti a due fazioni nemiche volino vicini.
Alla morte non importa della vittoria e tutti i caduti della guerra li porta con se indistintamente.
E lui non può fare altro che guardare inerme. Lui che era famoso per soccorrere i nemici una volta dopo aver abbattuto i loro aerei, mirando sempre a quelli e mai alle loro vite.
Poco prima che inizi a raccontare, quando crede che Fio stia dormendo e crede di essere inosservato, per un secondo, Fio può scorgere il vero viso di Marco. È quello che basta per suggerirci che forse il suo essere un maiale non è che l’espressione dell’aver rinnegato la sua umanità, negandosi la gioia e nascondendo la sofferenza, sotto una maschera che funge da difesa, dagli altri e da se stesso.
“Cose di questo genere fatele fra voi esseri umani!”
e ancora
“Per i maiali non c’è né patria né legge.”
Le leggi del mondo al quale ha fatto ritorno una volta conclusa la guerra non gli appartengono più. Cose come comprare titoli patriottici o trasferirsi in città per vivere un’esistenza tranquilla, non sono contemplabili per lui e d’un tratto quel rifugio iniziale che ci è parso dorato assume l’aspetto di una prigione di solitudine nella quale ha deciso di scontare la sua colpa, l’essere sopravvissuto.
“Un maiale che non vola è solo un maiale.”
Così nell’accettare la sua nuova condizione ha costruito per se una nuova identità e come spesso capita, ha scelto di identificarsi con il suo unico talento prendendo il nome dal colore rosso del suo idrovolante, proprio come Daniel con il suo Curtiss.
Laudi del cielo, del mare, della terra e degli eroi
“Spiacente, ma io sono in vacanza. Lenzuola bianchissime, bellissime donne. Reggi fino a Milano…”
La vittoria della guerra costò al Regno d’Italia molto più di quello che le rese.
I caduti furono oltre i 650.00, senza considerare il 1.500.000 di feriti, mutilati e dispersi, che il Regno si trovò a dover ricollocare insieme ai disoccupati dell’industria bellica nella sua politica di riconversione.
In un clima di profondo sconforto e odio crescente nel quale si erano rafforzate le formazioni nazionaliste, scontente del governo e del trattato di Versailles, gettando benzina sulla profonda delusione dell’opinione pubblica.
Fu D’Annunzio a dare il nome di vittoria mutilata a quello che fu uno dei punti chiave nell’ascesa fascista durante il ventennio.
Ma Miyazaki di D’Annuzio preferisce mettere da parte questo suo lato impegnato, come nella sua storia, e citarne la parte puramente letteraria, o in questo caso lirica, prendere in prestito il nome Alcyone da una delle sue opere.
Così battezzerà la motonave dell’hotel Adriano, dal titolo da una raccolta di liriche che costituisce il terzo libro delle Laudi del cielo, del mare, della terra e degli eroi.
Non è un lavoro per femmine
“Allontanatevi che esco in retromarcia.”
Così facciamo la conoscenza di Fio, che con estrema naturalezza si mette alla guida del camioncino con rimorchio e porta dentro l’idrovolante, decisamente diversa dalle altre donne che sono comparse dall’inizio del film.
Nessuna gonna o gioiello, silenziosa mentre gli uomini discutono inizia ad aprire la rimessa e a darsi da fare.
Fin da subito rimane affascinata dall’idrovolante, ne contempla la linea si districa tra corde e ganci pesanti.
“Nonostante la giovane età in Fio c’è qualcosa che i miei figlioli non hanno.”
Per Porco Rosso è impensabile affidare il lavoro alla giovane ragazzina.
“Aspetta, sei inquieto perché io sono una femmina oppure perché sono troppo giovane?”
“Per entrambe le cose, signorina.”
“Capisco,è naturale. Senti potresti dirmi qual è il primo requisito di un buon pilota? L’esperienza?”
“No è l’ispirazione, sai?”
“Meno male che non mi hai detto che l’esperienza.”
Fio in maniera calma dimostra abili doti di contrattazione, facendo appello alle cose che ha saputo da suo nonno riguardanti il battesimo del volo del porco, che avvenne nel 1910 quando questo a soli 17 anni dimostrò un incredibile talento; 17 anni è la stessa età che ha ora Fio.
“17 anni? Proprio quanti ne ho io adesso.Certo non posso smettere di essere una femmina però mi faresti tentare? Ho anche disegni originali!”
Così la giovane Fio si mette a lavoro, nella sua voce l’impazienza e nei suoi occhi la determinazione.
Al mattino seguente i due valuteranno il lavoro della ragazza, dal quale Porco Rosso rimarrà soddisfatto, ponendo però una sola condizione.
“Non fare più nottate. La mancanza di sonno è nemica del buon lavoro e inoltre non giova neanche alla bellezza.”
Ma l’unica bellezza che Fio cerca è quella di un lavoro ben fatto, per il quale riesce anche a emozionarsi.
Fio però non è l’unica donna a darsi da fare.
“Non verrà mica a dirmi che anche la costruzione la farà tuta da sola?!”
Monica, Silvana, Sofia, Laura, Constance, Valentina, Gigliola, Sandra, Marietta, Maria, Tina Anna e Miretta.
Un carosello di donne si presenta presso la Piccolo SpA, compaiono persino tre nonnine determinate a guadagnarsi i soldi per poter dare la paghetta ai propri nipoti.
“Non c’è un singolo uomo. […] e da queste parti non c’è più lavoro e gli uomini sono andati tutti a lavorare fuori.[…] non preoccuparti le donne sono in gamba, lavorano bene e hanno forte perseveranza.”
La realtà è che durante la guerra le aziende furono costrette a chiamare chi era rimasto, ovvero le donne. Il paese vide così un importante cambiamento nel suo assetto sociale. Le donne non erano nuove al lavoro in fabbrica, ma con la guerra il numero crebbe esponenzialmente e le vide protagoniste di settori altrettanto nuovi e crescenti come quello bellico, meccanico o dei trasporti.
In questo contesto Fio può dedicarsi e coltivare la sua passione.
Nel mostrare un motore a Porco Rosso, il nonnino ci rivelerà quale sarà il ruolo chiave di Fio.
“Quello che alla Schneider Cup ha stracciato per due anni di fila gli aerei italiani?”
Durante il loro primo incontro infatti Porco aveva riconosciuto in Donald Curtis un incredibile pilota che aveva la fama di aver battuto gli italiani durante la Schneider Cup, la più importante competizione per idrovolanti del tempo, per due volte consecutive.
Gli aerei italiani erano noti per la loro potenza e per riuscire batterli con un aereo americano come il Curtiss di Donald, bisognava essere dotati di grande talento, oppure doveva esserci un’altra ragione, magari di natura meccanica.
Porco ne ha la conferma quando il nonnino gli mostra un “folgore”, un incredibile motore.
“Nella Schneider Cup del 1927 l’aereo italiano che lo montava venne sconfitto da un Curtiss però non fu per colpa sua, fu perché il meccanico era un incapace.”
Talento e un buon motore non bastano dunque, quello di cui Porco ha bisogno è un buon meccanico e quel meccanico sarà proprio la giovane Fio.
La storia del maiale che divenne uomo
Come il protagonista di un film di spionaggio Porco Rosso, seduto in un cinema, aspetta qualcuno.
Ferrarin, ex compagno di aeronautica prende posto vicino a lui. Entrambi hanno poco tempo e rischiano tanto, ma conoscendo i rischi che il suo ex compagno e amico corre, non può che correre il rischio per avvisarlo.
Un topolino (o forse un coniglio che hanno un che di familiare) insegue una donzella che si dimena tra le grinfie di un porcellino; nel mentre un drago tenta di abbattere i due aerei. Abilmente riescono a sconfiggerlo, ma l’aereo del maiale è in avaria e precipita inesorabilmente.
“Certo è proprio un film tremendo.”
Chissà quali erano le ragioni del porcellino che aveva rapito la ragazza.
Ferrarin gli elenca gli improbabili capi d’accusa che vanno ad aggiungersi a quello per il quale è realmente indagato.
“Non collaborazione antistatale.”
Ferrarin e Porco Rosso sanno perfettamente che nel caso venisse arrestato l’ultima cosa in cui si potrebbe sperare è un processo, ma i tentativi di farlo tornare in aeronautica sono inutili. Il nostro protagonista è irremovibile.
“Piuttosto che diventare un fascista meglio essere un maiale!”
La frase è di grande impatto e diventata manifesto del film, esprime al meglio il suo profondo sentimento antifascista.
Lavorerà come cacciatore di taglie, ma ancora una volta abbiamo la dimostrazione che quello che fa non lo fa per i soldi, altrimenti sarebbe rimasto comodo in aeronautica.
Ferrarin invece ha ceduto e come lui tanti altri. Prova a giustificarsi, ma nel farlo perde totalmente la sua eleganza e inizia a divorare i pop corn nervosamente, proprio come aveva fatto il maiale.
In quel momento sono incredibilmente simili, eppure che la trasformazione di Ferrarin non sia l’anticipo di una trasformazione che vedrà come protagonisti tutti i militari che volenti o nolenti aderirono al fascismo?
La strada verso l’inferno e la trasformazione in bestie è ancora lunga, ma soprattutto, come abbiamo già detto Miyazaki terrà l’orrore fuori dalla questa storia.
Nel mentre l’eroe del film si ricongiunge con la sua bella, ma non prima di aver sconfitto e cacciato il maiale.
“E invece è proprio un bel film!”
Commenta Ferrarin.
Sembra tutto così chiaro e semplice ai suoi occhi, ma senza conoscere la storia dietro possiamo davvero capire chi sono giusti e quali i cattivi?
Come potrebbe mai la bella scegliere il maiale?
Donne in un mondo di porci
Fio e Gina sono due donne tanto distanti quanto simili.
Come abbiamo già detto Gina è il legame di Marco con il suo passato, al quale torna sempre, mentre Fio è il suo legame con il presente, vicina all’uomo, o meglio maiale, che è ora.
Due personaggi estremamente forti che eccellono ognuna nel proprio campo.
In particolare Fio diventerà una presenza necessaria per Porco Rosso, capace di dividere con lui oltre che l’idrovolante, anche il ruolo di protagonista.
Entrambe personaggi attivi, forti e romantiche in maniera diversa, Porco Rosso/Marco Pagot che è un personaggio doppio, sono due modi diversi di essere donna.
“La singola rosa cresciuta in un giardino segreto.”
Gina potrebbe sembrare inizialmente una moderna Penelope, in attesa di un segno da parte del suo amore. Amore cresciuto silenziosamente per anni. Non aspetta che un segno, e non si scompone quasi mai, unica eccezione nel rimproverare Marco dato prima per disperso e deciso poi a continuare la propria battaglia.
“…al momento io ho in corso una scommessa. Ho scommesso che se una certa persona verrà a trovarmi quando io sono in questo giardino allora sarà davvero la volta che l’amerò.”
Decide quindi di aspettare ancora un po’, mentre Fio si mette in viaggio con lui.
“Una femmina a bordo di un idro-caccia?!”
Fio ormai partner di Porco lo segue fino al suo nascondiglio dove però i Pirati del cielo hanno teso loro un agguato.
Mossa dal sentimento che la lega a Porco, Fio passerà dall’essere personaggio attivo a semplice premio, sebbene anche in questo caso non diventi personaggio del tutto passivo. Si trova quasi obbligata con il fine di salvarlo e permettergli di difendere il suo onore.
Inoltre combatterà a suo modo anche lei per salvarsi, riponendo fiducia oltre che nel suo compagno, anche nel proprio operato.
Allo stesso modo Gina sarà protagonista di un processo inverso, diventando la controparte attiva femminile della storia. Dopo aver abilmente recuperato il messaggio di Ferrarin si metterà in viaggio per salvare tutti, ma non prima di aver lasciato a casa la propria gonna e aver indossato i pantaloni.
I sentimenti di Fio nei confronti di Porco Rosso sono quelli della giovinezza, la ricerca della stima reciproca e dell’essere considerata una pari.
“E che sarà mai una femmina? Metà del mondo è fatta di femmine!”
“Ehy quella piccola non è una semplice ragazzina. È il progettista capo della ditta Piccolo.”
“Anche se è così giovane e carina?”
“Ma è una femmina? Dici sul serio?”
“Ha reso il mio aeroplano di gran lunga migliore di prima. È giovane ma ci sa fare.”
“Davvero Porco?”
Persino Fio stessa è scettica davanti al suo dovuto riconoscimento.
La sua determinazione, passione e intelligenza faranno breccia anche nel cuore dei pirati del cielo.
E dove la guerra degli uomini non sente ragioni e causa distruzione, Fio cerca di capire ponendo loro una domanda che potrebbe sembrare banale, ma alla quale ancora non è stata trovata risposta. Non la pone in quanto donna, ma come artista.
“Fare a pezzi? Vorreste fare a pezzi l’aeroplano che ho costruito io? Cioè fareste a pezzi con l’accetta un aeroplano così bello?”
“Signorina per tutto ciò vi sono profonde motivazioni.”
Le motivazioni sono quelle della guerra e spesso chi combatteva non era tenuto a conoscerle. Di ragioni per la guerra se ne sono sempre cercate, sia per iniziarla che per provare a comprenderla una volta conclusa.
Ma nel guardare un’opera d’arte distrutta o una vita spezzata la parola ragione perde completamente del suo significato e trovare una vera motivazione risulta oltremodo difficile.
La Regia Marina (che diventerà Marina Militare solo nel 1946), si dirige verso la felice isola dove si sta disputanado l’ultimo duello tra Porco e Curtis.
Gli aerei, i fucili e le loro divise sono ben diverse da quelli ai quali il film ci ha abituato, compaiono solo per pochi secondi, ma questo basta per farci visualizzare la realtà degli aerei da guerra, proprio come era stato nella sempre breve scena dell’ascesa dei piloti al cielo.
Finzione e realtà sono costantemente confusi e li vediamo fondersi ancora nell’ultimo combattimento tra Daniel e Porco.
I due si scontrano proprio come nella pellicola che era stata proiettata al cinema, in gioco c’è la libertà di Fio.
L’eroe della pellicola ci è parso fin da subito evidente, ma il film era muto mentre qui possiamo sentire la voce di entrambi gli sfidanti e le loro ragioni.
Donald, che tanto facilmente potrebbe incarnare il ruolo di un eroe, purtroppo parla e le cose che dice lo rivelano ancora una volta per quello che è, ovvero l’uomo dalle quali grinfie Fio va salvata.
“Stando a mia madre più che la passione conta l’abitudine.”
E questo il destino che attende Fio. Il combattimento corpo a corpo ricalcherà i passi del film.
Ma questa volta a vincere sarà il maiale.
L’amore e i sentimenti di Gina sono quelli di una donna che ha sofferto e atteso in silenzio, per anni, saltando un battito ogni volta che il suo amato ripartiva per una qualche missione.
Sempre con la paura di non avere più sue notizie, o peggio di riceverne le ultime. Gina ha aspettato per anni, senza mai riuscire a trattenerlo.
La storia tra Gina e Marco è una storia “vera”, realistica, nella quale i sentimenti non possono essere espressi e che non contempla un romantico bacio finale nel momento della separazione.
Così Miyazaki in questa storia dai confini confusi accompagna a quel più realistico saluto tra Gina e Marco, quello di una di favola che ha Fio come principessa che con un bacio riesce a sciogliere il maleficio e a liberare il porco.
“Non esistono uomini più gradevoli di coloro che pilotano gli idrovolanti, il mio nonnino lo diceva sempre. E questo perché sia il cielo che il mare, entrambi, lavano gli animi di tutti loro. Per questo i piloti di idrovolanti sono più impavidi dei marinai e sono più fieri dei piloti di semplici aeroplani!”
Ed è proprio così, dietro a ognuno di questi personaggi da Marco a Donald, dal Capitano della Mamma Aiuto allo stesso Ferrarin possiamo vedere personaggi più o meno realistici, fedeli alla loro missione, ma soprattutto veri nella loro imperfezione.
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