Qual è il tema ricorrente e più curioso in tutta la produzione di Hayao Miyazaki?
Ci sono alcuni temi comuni, senza dubbio, alcuni dei quali sono iconici e propri di tutta la carriera del regista.
La spinta ambientalista è centrale nella Città Incantanta, ad esempio, ma persino di più nella Principessa Mononoke. In quest’ultimo troviamo anche un secondo tema importante, quello del pacifismo più puro. Una visione del mondo diviso tra bene e male, che entra in conflitto, ma che l’uomo deve riuscire a tenere a bada; Il castello errante di Howl fa un discorso simile sulla violenza indiscriminata dell’essere umano.
La magia dell’infanzia è un altro concetto fondande dell’universo cinematografico di Miyazaki: i bambini sono gli agenti di tutto ciò che è meraviglioso nel mondo, portatori dei valori più puri di cui l’autore si rende un messaggero.
La summa poetica di questa visione così ottimistica, ma anche critica, del mondo la potete trovare facilmente nella Città Incantanta. E’ sicuramente l’opera più completa in tutta la produzione del regista, per quanto riguarda a tematiche affrontate; rappresenterebbe un po’ il manifesto artistico di una carriera.
Però in Miyazaki c’è anche altro, qualcosa di più particolare e, se vogliamo, tecnico.
Su, su e via!
L’universo immaginato da Miyazaki è popolato da velivoli eccezionali. Idrovolanti a motore che planano sopra il mare in tempesta, immense aeronavi steampunk stracolme di artiglieria, pronte a radere al suolo città incantante, aerei fantascientifici che attraversano la sabbia del deserto, ma anche scope, interi edifici e decine di altri esempi.
Il volo è probabilmente la chiave per la mente di Miyazaki. Un bimbo che ha vissuto il Giappone di un periodo di grande innovazione, che finalmente abbandona il passato feudale, per entrare davvero, senza compromessi questa volta, nel mondo occidentale.
Una scelta precisa quella giapponese, arresosi incondizionatamente per la prima volta nella sua storia, sconfitto dall’apice della tecnologia e che si abbandona per sempre al consumismo sfrenato.
Quel bambino è cresciuto tra il Giappone degli spiriti e quello della televisione, tra quello degli oni e quello del treno proiettile. In una continua lotta tra la tradizione e la modernità, nasce la ricerca ambientalista contrapposta a quella tecnologica, quest’ultima incarnata totalmente dal paese a partire dagli anni 70′.
E’ una ricerca tesa ad affermare l’importanza non solo della natura per se stessa, ma anche in relazione alla cultura primordiale giapponese e che rimanda ad un periodo in cui la tecnologia non era in grado di arrecare così tanto danno all’uomo.
A legare tutto ciò il ricordo per il padre, che notoriamente guidava una manifattura di aeroplani durante quell’ultima guerra. L’aeroplano diventa così il ponte tra il sogno reazionario e la modernità frenetica e senza meraviglia.
C’era una volta nella Terra di Mezzo
E un po’, se mi si permette il paragone, lo stesso che ha guidato la penna di J. R. R. Tolkien. L’autore inglese aveva calcato quegli stessi campi di battaglia di cui scrive; la Grande Guerra, come concetto, divenne un tema centrale nella produzione fantastica sulla Terra di Mezzo. Ma quella guerra, quella reale, aveva portato la tecnologia in battaglia: saette dal cielo che portano morte dall’alto, sferraglianti macchine d’acciaio tra le trincee, cascate di proiettili incandescenti per ogni uomo.
Facile intuire come la guerra, e la tecnologia soprattutto, entrassero in antitesi con la quiete della campagna inglese, con la shire, tra muretti a secco e boschi; per questo motivo, nella fantasia, al progresso del Malvalgio assoluto si contrappongono i Popoli, Liberi di vivere tra quegli stessi boschi e campi, nelle caverne o in alte torri di pietra costruite con il sudore della fronte, in cui interagivano i protagonisti delle storie del giovane John.
Ma al contrario di Tolkien, Miyazaki non rinnega completamente la tecnologia. Per l’autore giapponese il volo è un sogno che viene portato alla realtà proprio grazie al progresso. Quest’ultimo non è negativo per natura, però può corrompere e l’uomo se ne lascia affascinare facilmente. Ecco le grandi aeronavi corazzate e armate: l’apice della tecnica, asservita all’uomo, a sua volta avvelenato dalla tecnica stessa, che conduce se stesso alla distruzione.
Noi non siamo mercanti d’armi, vogliamo solo creare dei buoni aeroplani.
E’ una visione importante per capire Miyazaki. Non è probabilmente necessaria, perché ognuno dei suoi film ha tantissimo da dire a prescindere da questa fascinazione per il volo, però permette di leggere in modo diverso alcuni elementi sparsi un po’ ovunque.
Gli eroi del Cielo
Ovviamente questo discorso conduce verso un’unica direzione: Porco Rosso.
L’avere ben chiara l’idea dirompente di cielo in Miyazaki e conoscere un po’ di storia dell’aviazione, permette di accedere a una seconda chiave di lettura per questo stupendo film, il primo che io abbia visto del regista con cognizione di causa.
Ogni elemento nella pellicola rimanda a un reale momento nello sviluppo aeronautico mondiale. Non è cosa risaputa, ma uno che chiama il suo studio di produzione Ghibli evidentemente lo sa: l’Italia, negli anni del fascismo, tra il secondo e il terzo decennio del secolo scorso, era non solo all’avanguardia nel campo aeronautico, ma uno dei fari guida del mondo nel progresso aereo.
Probabilmente la verve romantica dell’italiano da cliché ben si adattava a quella idea cavalleresca del volo. L’aeroplano come nuova cavalcatura, in direzione dell’avventura più pura, solo contro se stesso, nel tentativo di superare il limite del Mondo e raggiungere nuove spiagge, nuove vette e nuovi record.
Non entriamo nel merito della tecnologia bellica degli anni 40′, fermiamoci a qualche anno prima, quando il cielo era davvero l’ultima frontiera dell’umanità. L’uomo aveva esplorato tutte le terre, l’Africa era stata mappata, per le profondità oceaniche era ancora troppo presto, stavano aspettando James Cameron, mentre Star Trek era solamente nelle menti illuminate di una manciata di scienziati missilistici.
Gran Prix sulle nuvole
Quelli erano gli anni della competizioni aeree, delle traversate oceaniche, della Coppa Schneider e il protagonista assoluto era l’idrovolante. Una macchina in grado di compiere imprese eccezionali, di volare intorno al mondo, fermandosi di tanto in tanto a fare rifornimento in mezzo all’oceano, di riunire in un unico oggetto frutto della tecnica il potere di dominare terra, aria e mare. L’apice di secoli di curioistà umana, di esploratori che potevano fare risalire la loro genealogia a Erik il Rosso, Cristofolo Colombo, Ibn Battuta e Marco Polo.
Il Porco Rosso porta in se questa tradizione decennale italiana, unita alla fiaba tipica del linguaggio di Miyazaki. Lo spettatore che riesce a cogliere queste informazioni, accede al significato profondo, ma non per questo principale, dell’opera. E’ un’ode a quell’epoca di avventurieri con le ali, portati all’apoteosi nelle immagini animate di pirati e cacciatori di taglie su idrovolanti.
Ogni personaggio, ogni velivolo, ogni luogo in questo film è un verso nella lirica che Miyazaki compone per la sua passione più grande e che rende onore agli eroi, con nome e cognome, di quell’epoca di avventure degne dei romanzi di Verne o di Salgari.
Gli eroi che Sognano
Qualche riga più su c’è scritto che il modo migliore per capire Miyazaki è guardare La città incantata, vero manifesto del regista. Eppure ci sono dieci minuti nel suo cinema che ne rappresentano un condensato molto più potente e chiaro: l’inizio de Si alza il vento è il risultato di decenni di scrittura per il cinema, prendendo un po’ da tutto quello che il regista giapponese aveva comunicato nel corso degli anni.
Questo è il film della maturità del Sogno a forma di aereo, fattosi sceneggiatura nelle vesti dell’adattamento del romanzo omonimo.
Se Porco Rosso era l’epopea dei piloti che hanno reso quel ventennio del primo dopoguerra così affascinante, tra assi del primo conflitto mondiale e velocisti collaudatori, Si alza il vento vuole essere un riconoscimento agli eroi dimenticati della conquista del Cielo, i sognatori che hanno creato i bolidi che lo hanno attraversato.
Gli aeroplani non sono degli strumenti di guerra, sono un splendido sogno. Il progettista è colui che conferisce forma al sogno.
Scommetterei un centone sul fatto che Miyazaki si sia immedesimato totalmente con questo romanzo, allo stesso tempo trovandosi a ripensare al proprio padre.
Il tramonto della cavalleria
Finita l’epoca delle trasvolate, il mondo entra nell’epoca della corsa agli armamenti. Dalla metà degli anni ’30, con il progresso teconologico nel campo dell’aviazione, l’eroplano non è più il destriero dei moderni cavalieri, che durante la Grande Guerra avevano mostrato con grande coraggio come duellare a bordo di essi con spirito cortese, mentre la massa si scannava nel fango delle trincee.
L’ereo diventa un oggetto della tecnica, fatto di metallo, bellissimo, velocissimo e riproducibile in catena di montaggio; tutti i record sono già stati battuti e i costruttori mettono da parte il desiderio romantico in favore dell’introito, delle commesse statali per nuove armi a lunga distanza. Non c’è sperimentazione, ora c’è ricerca.
Ancora una volta l’Italia è la patria del Sogno, nella persona del conte Gianni Caproni, la cui azienda costruirà quel Ghibli da cui Miyazaki si lasciò affascinare. Il conte è l’ultima vestigia del volo romantico, l’ultimo sognatore in un’epoca di ingegneri e nel momento del suo ritiro sappiamo che quel modo di intendere il volo di tela e legno termina per sempre, in favore della visione fatta di duralluminio.
Ed ecco che entra in scena il professore Hugo Junkers, pioniere delle costruzioni areonautiche metalliche teutoniche, simbolo della ingegnerizzazione e dell’efficienza. Non c’è un’edizione critica su questa posizione, ma la presa di coscienza di un cambiamento che entra in contrasto con la visione pacifista da parte di Miyazaki. L’aeroplano è ora solo strumento di morte e colui che riesce ancora a sognare, può farlo solo dopo un compromesso con la realtà: il velivolo è uno strumento di distruzione, bellissimo e rapido, ma pur sempre portatore di morte.
Quello di volersi librare nel cielo è il sogno dell’umanità, ma è anche un sogno maledetto. Gli aeroplani portano il peso del destino di divenire strumenti di massacro e distruzione.
La mezzanotte del Mondo
E poi venne la guerra, la peggiore. Combattuta con tutto quello che l’uomo aveva pensato. L’aereo è il Signore incontrastato dei campi di battaglia, la superiorità in cielo assicura la vittoria su terra e mare, termina l’epoca delle grandi corazzate e inizia quella della portaerei.
Velivoli sempre più grandi attraversano le nuvole, aerei in grado di trasportare 200 uomini alla volta, costruiti interamente di metallo, solcano il Mediterraneo. Aquile rapide come il fulmine e altrettanto pericolose, migliorano ogni mese di più, fino all’apice: l’elica scompare, il motre a pistoni è obsoleto e, in 2 anni, tutto ciò che era stato fatto nei decenni precedenti diventa vecchio. L’era cambia di nuovo, è il momento dei motori a reazione, è il momento dei missili balistici e dei computer. E’ la fine di tutta la bellezza del volo, adesso si tratta solo di premere un pulsante, non c’è più nessun brivido.
Ma prima che tutto questo avvenga, le eliche hanno ancora qualcosa da dire. Quegli stessi aeroplani così fascinosi portano con loro il destino della distruzione, portano con loro l’apice del progresso e l’alba dell’era atomica. Nuovamente gli aeroplani diventano il mezzo e non il fine.
Il compromesso di chi tocca il cielo
La spinta pacifista fa a pugni con la magnificenza di queste macchine, eppure in Miyazaki i due aspetti riescono a convivere nello stesso modo in cui a qualcuno, 35 anni fa, venne in mente di ripescare dal fondale oceanico una nave. Quella corazzata era il simbolo del militarismo nipponico e l’apice della tecnologia navale dell’epoca: la Yamato, al pari del caccia Zero, rimane tutt’oggi allegoria del Giappone in guerra totale. Eppure torna a vivere nel 1975, questa volta come simbolo di speranza per l’umanità, lasciandosi alle spalle quello che era stato, forse con un po’ di ingenuità e revisionismo.
Ironia della sorte, quella stessa nave vide la sua fine proprio grazie alle macchine volanti tanto amate dall’autore giapponese.
Ma tutto questo per Miyazaki è ancora lontano, non esiste e mai potrà esistere nel suo mondo di Sogno, in cui volare è semplice, in cui perfino un bimbo può farlo.
Per rimanere informati sul mondo nerd, continuate a seguirci sul nostro sito DrCommodore.it e su Facebook, Instagram, Telegram, YouTube, Discord, Steam e Twitch.
Inoltre continuate a seguire gli aggiornamenti su Anime e Manga nei social ufficiali dedicati: Instagram, Gruppo e canale Youtube!