Ancestors: The Humankind Odyssey vi porta nel mondo dei nostri primordiali antenati. Ecco la nostra recensione!
Ancestors: The Humankind Odyssey non è un gioco semplice da recensire poiché è un titolo molto difficile da inquadrare. Il nuovo gioco di Patrice Désilets, il Game Designer di Assassin’s Creed e Prince of Persia: Sands of Time, realizzato in collaborazione con il suo nuovo team Panache Digital Games è un miscuglio di generi che riesce nell’intento degli sviluppatori di posizionarsi fuori dagli schemi classici del videogame. Non è nemmeno semplice da descrivere poiché si pone come un sandbox atipico interamente basato sulla scoperta, ma al contempo capace di raccontare attraverso i mezzi dell’interazione digitale, un tassello molto importante della storia dell’umanità. Nel mezzo di tutto ciò viene conservato qualche elemento puramente videoludico e in particolar modo di stampo ruolistico. Per questo motivo Ancestors potrebbe facilmente essere definito come il capostipite di una nuova famiglia di videogiochi educativi capaci sia di tratteggiare dei momenti storici, ma di usarli a sua volta come sfondo di una interessane avventura di contorno e di farla vivere interamente al giocatore così da fargli scoprire esattamente le stesse cose che scopriranno i protagonisti del gioco. Non ci resta, quindi, che addentrarci insieme in questa tanto difficile quanto necessaria recensione.
La paleo-storia come non l’avete mai vista
Ancestors, nonostante vi sia al comando un veterano del calibro di Désilets, è totalmente diverso dai suoi precedenti progetti anche concettualmente. Partiamo dalla cornice che non prevede più torri e castelli, ma un’enorme giungla africana di 10 milioni di anni fa. Stiamo infatti parlando di un periodo paleo-storico in cui gli abitanti vivono un viaggio evolutivo che ha portato i primati, ad esempio, a sviluppare le prime vere capacità motorie, sensoriali e cognitive progressivamente più vicine a quelle dell’uomo attuale. Il videogiocatore controlla una tribù di Sahelanthropus Tchadensis, nonché coloro che vengono considerati tra i primi veri antenati della nostra specie, e ha l’obiettivo di sopravvivere ai pericoli che l’ambiente nasconde e accumulare progressivamente le conoscenze che gli permettano di farlo. Infatti il nostro piccolo primate iniziale non conoscerà quasi nulla e dovrà scoprire tutto ciò che lo circonda pian piano. In poche parole Ancestors: The Humankind Odyssey può essere considerato un Survival Game dove il giocatore migliora passo dopo passo e impara così a sfruttare gli oggetti, come combinarli per ottenere nuovi strumenti e quali sono le azioni necessarie a minimizzare i rischi. La cosa piacevole è che tutto ciò ha un’impronta davvero scientifica così da costruire una progressione quasi didattica in ogni cosa che si scopre.
Devo saltare o correre?
Ancestors: The Humankind Odyssey nasconde una filosofia di gioco molto intrigante perché permette di rivivere la vita dei nostri più antichi antenati e di immergersi totalmente nel loro ambiente con tutti i relativi pro e contro. Sulla carta sarebbe tutto meraviglioso, peccato che vi sono molti problemi gravi sia tecnici che di gameplay. Il primo vede un sistema di controllo inutilmente complicato, scomodo e spesso irrazionale. Le prime fasi di gioco, ad esempio, rischiano di diventare frustranti e inspiegabilmente complicate. Non esiste un vero e proprio tutorial, ma il gioco trasmette i suoi rudimenti tramite una serie di brevi schermate che compaiono di tanto in tanto. Nulla di più complicato e scomodo perché non guida per mano il giocatore (e questo lo si capisce dalla schermata iniziale di gioco in cui viene esplicitamente detto) e lo lascia totalmente spaesato dinnanzi ad un mondo pericoloso e sconosciuto. Se si unisce un’interfaccia confusa e un sistema di controllo da vero incubo, si finisce inevitabilmente per odiare l’intero gioco.
Ad esempio all’inizio del gioco viene detto che va premuta la E (se si gioca con mouse e tastiera) per scoprire i punti di interesse, ma spesso questi si trovano in posizioni irrazionali o irraggiungibili. La cosa più assurda è però il tasto per la corsa che è lo stesso che si usa per il salto. Quando ci arrampichiamo può essere premuto lo stesso salto sia per andare più veloci che per saltare giù, capite bene cosa ne esce fuori. Non è l’unica irrazionalità poiché ad esempio la comunicazione fra i membri del clan e l’analisi dell’ambiente circostante avvengono grazie ad una serie di pressioni ripetute e doppi tocchi poco intuitivi che, grazie ad una telecamera davvero pessima, finiscono per confondere il giocatore. Sono errori davvero gravi che inficiano pesantemente sull’apprezzamento del titolo.
Parola d’ordine: esplorazione
In ogni caso all’inizio del gioco ci ritroveremo da soli a girovagare nella fitta foresta piena di stimoli olfattivi, minacce, piante sconosciute e rumori spaventosi di altri animali o di altri suoni ambientali. Il primo nostro obiettivo sarà quello di conoscere al meglio questo ambiente cercando di catalogare gli elementi che lo compongono cercando di capire cosa può esserci d’aiuto e cosa invece è pericoloso per la nostra incolumità. Dovremo quindi avvicinarci e analizzare rocce, ruscelli, cespugli e altri elementi presenti nella foresta. Qui la componente sensoriale è fondamentale poiché dovremo fermarci ad osservare ogni cosa che ci sta intorno usando non solo la vista, ma anche l’udito e l’olfatto. Nel primo caso sfrutteremo la memoria fotografica per riconoscere nascondigli e aree di pesca, l’udito ci servirà per riconoscere la posizione degli altri primati o di nemici, mentre l’olfatto ci sarà utile per individuare predatori e fonti di cibo. Nelle prime fasi di gioco è fondamentale fermarsi spesso e analizzare ogni dettaglio dell’ambiente circostante. Questo rende il gioco, nelle prime fasi, molto lento e macchinoso quindi assolutamente non consigliato ai giocatori che vanno di fretta o che hanno poca pazienza. Bisognerà inevitabilmente sopportare le ripetizioni che tutto ciò comporta, ma d’altronde c’è poco da restarne delusi. Il team di sviluppo non poteva rappresentare diversamente il percorso evolutivo di questi primati, che scientificamente è avvenuto in maniera lenta, per nulla semplice e immediato. Quindi dovremo avere pazienza e sviluppare le giuste capacità neuronali per poter maneggiare gli oggetti nella maniera corretta e conoscerne la loro utilità.
Col tempo, tanto tempo, potremo riuscire a ripulire un ramo per produrre un bastone, spaccare una noce di cocco con un sasso o curarci utilizzando il frutto dell’albero di kapok. Tutto si basa sull’iterazione, stessa meccanica adoperata per l’apprendimento. Ciascuna azione permette di accumulare esperienza, ma per impararla a dovere e sbloccare nuove abilità dovremo ripeterla più e più volte così da maturare i vari neuroni percettivi. Quest’ultimi rappresentano la comunicazione, la motricità, la percezione e la memoria. Ci vorranno ore prima di migliorare una semplice azione come spaccare una noce di cocco e ancor di più per imparare a difendersi bene da un attacco di un predatore magari stando in posizione eretta. Ogni compagno della tribù può essere controllato singolarmente, ma anche in questo caso è molto complicato poterli convincere a seguirci o mimare le nostre azioni, quindi serviranno degli insegnamenti appositi per ogni elemento della tribù.
In mezzo a tutto ciò ci sono anche azioni che non vengono spiegate assolutamente dal gioco e che vanno acquisite in totale autonomia e, spesso, grazie ad una buona dote di fortuna. Ad esempio acchiappare un gambero nascosto in un canneto o comprendere come raccogliere il miele sono operazioni che dobbiamo imparare autonomamente. Non sono azioni per nulla semplici da imparare, ma dimostrano come il fulcro del gioco sia la curiosità di scoprire l’ignoto. L’esplorazione è infatti un altro elemento cardine di Ancestors: The Humankind Odyssey. Appena ci allontaneremo dalla tribù potremo trovare nuove piante, nuovi predatori e nuove aree.
L’evoluzione non è sempre una buona scelta
Non bisogna mai dimenticare, inoltre, la progressione della nostra tribù per permettere ai Sahelanthropus di evolversi. La distanza coperta nella realtà è di milioni di anni, nel gioco di moltissime ore di gioco. Dobbiamo infatti dedicarci ad un percorso evolutivo meticoloso che inizia con la gestione delle diverse generazioni del nostro clan. In qualsiasi momento sarà possibile avanzare di circa quindici anni, incentivando quindi il ricambio generazionale: i piccoli diventeranno adulti, gli adulti anziani e gli anziani moriranno. Qui entra a far parte anche la componente gestionale poiché prima di affrontare il passaggio generazionale dobbiamo tener conto di possedere un buon numero di cuccioli che avremo dopo l’accoppiamento.
I piccoli rappresentano una risorsa fondamentale per la tribù: non solo perché portarli in spalla durante le spedizioni duplicherà la quantità di esperienza acquisita per ogni azione, ma anche perché questi potrebbero sviluppare mutazioni spontanee – come una maggiore capacità di assorbimento di determinati nutrienti – che miglioreranno le capacità di sopravvivenza dell’intera discendenza. Il passaggio generazionale non è comunque un gioco da ragazzi perché, per quanto sia possibile bloccare alcune conquiste neuronali scegliendo di conservare specifiche abilità acquisite dal gruppo, tutte le altre saranno perse e dovranno essere riconquistate con fatica reiterando tutte le azioni compiute precedentemente. Quindi ecco che ritorna la noia delle primissime ore di gioco, ma questa volta aumentata dal fatto che dovremo rifare per ore e ore le azioni che abbiamo già compiuto per decine di ore. Inutile dire che si tratta di una scelta di game design davvero ingiusta se non totalmente errata.
Il sistema di lotta è esso stesso un altro ostacolo da superare
Se avremo il coraggio e la bravura di continuare a giocare arriveremo ad avanzare di centinaia di migliaia di anni fino ad arrivare alla scoperta del fuoco. Non è facile arrivarci, però, non solo per la difficoltà e la lentezza del gioco, ma anche per dei sistemi totalmente inefficaci. Uno tra tutti il sistema di combattimento. All’inizio del gioco i primati sono indifesi contro serpenti, tigri, puma, cinghiali e altri animali feroci che possono ucciderli con un colpo solo. Quando se ne avvicina uno l’interfaccia ce lo segnala chiaramente con un segnale di pericolo. Purtroppo, l’intelligenza artificiale di queste creature è sostanzialmente nulla e ogni nemico è insolitamente rapido. L’unica soluzione è quindi quella di fuggire sugli alberi o provare a gridare (quest’ultima scelta è quasi sempre infruttuosa) fino a quando non riusciremo a sbloccare le giuste capacità di difesa. Se non ci sono possibilità di fuga dovremo schivare l’attacco nel corso di un’azione a rallenty e la pressione di un tasto, il problema che questo avverrà fino a quando verremo colpiti o il predatore si sarà stancato. Quindi la fase di schivata potrebbe durare anche diversi interminabili minuti. Se poi avremo la meglio e proveremo a scappare, ma malauguratamente il predatore ci seguirà, dovremo rifare nuovamente tutta l’azione di schivata.
Quando finalmente svilupperemo i giusti strumenti di difesa, scopriremo che essi saranno totalmente inutili. Le meccaniche sono esattamente le stesse solo con qualche possibilità di fuga o di schivata in più. Le meccaniche sono quindi legnosissime e noiosissime che con una pessima intelligenza artificiale non fanno altro che peggiorare la situazione. Quest’ultima poi regala delle perle di innaturalezza spaventose come scimmie che stanno inspiegabilmente ferme da sole in mezzo alla foresta attendendo un nostro regalo per farle entrare nella nostra tribù, predatori che hanno la reattività di un bradipo morto e nostri compagni di tribù che alla vista di un predatore stanno fermi fino a quando non li invitiamo a fuggire. Insomma, un disastro.
Tecnicamente nulla da dire, il gioco non è perfetto, ma graficamente è accettabile con una buona resa della foresta e degli animali. Bellissimi alcuni scorci durante i tramonti o le albe, soprattutto in quei cambi di bioma con grandi distese di acqua o fitta vegetazione. Belli i movimenti dei primati, un po’ meno quelli degli altri animali che risultano legnosi, innaturali e spesso molto lenti. Menzione d’onore per i perfetti suoni ambientali molto utili in molte circostante e la bellissima colonna sonora orientaleggiante.
In conclusione…
È difficile dare un giudizio finale ad Ancestors: The Humankind Odyssey poiché non si tratta di un’occasione mancata, ma nemmeno di un gioco esente da difetti. Intervalla alcune scelte geniali ad alcuni veri e propri errori di progettazione. Vuole essere un’avventura didattica a tutto tondo, ma finisce per risultare tedioso e ripetitivo anche per i giocatori più navigati. Infine vuole risultare realistico e dinamico, ma si rivela legnoso e macchinoso in molti tratti. In poche parole si tratta di un esperimento certamente interessante, sicuramente molto originale e precursore di tanti titoli simili futuri, ma che avrebbe meritato molta più cura e attenzione nei particolari.
Pro
- Originale e colonna su cui si baseranno molti titoli simili del futuro
- Mai vista un’esplorazione così dettagliata, minuziosa e appagante
- Ottima immersività
- Potente rappresentazione dei nostri antenati
Contro
- Troppo ripetitivo e lento
- Intelligenza artificiale praticamente inesistente
- Game Design da rivedere in alcuni frangenti
- Sistema di controllo inutilmente complicato e irrazionale
VOTO: 7/10
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