Tra i giochi che stanno segnando il panorama del 2025, Clair Obscur: Expedition 33 sicuramente è tra quelli che si sta imponendo come uno dei più straordinari esempi di creatività videoludica recente. La sua atmosfera sospesa, il gameplay elegante e un’estetica che mescola sogno e malinconia hanno rapidamente conquistato critica e pubblico. Come nota a favore, attorno al suo successo si è diffusa una narrazione particolare: quella dei “30 sviluppatori“, acclamati come eroi capaci di battere i giganti dell’industria. Una storia che colpisce per immediatezza, ma che racconta solo una parte della verità.
Dietro Sandfall Interactive, il team ufficiale composto da circa 34 membri, si cela una rete ben più estesa di contributi essenziali. Scorrendo i crediti finali (che potete trovare, se interessati, su Youtube a questo indirizzo) emerge infatti un tessuto collaborativo che ha arricchito ogni aspetto del progetto. Fondamentale, ad esempio, il lavoro di otto animatori coreani, responsabili della raffinata coreografia dei combattimenti, dove creature minacciose eseguono mosse rapide e strategiche.
A questi si aggiungono musicisti, cantanti, tecnici del suono, localizzatori e addetti al controllo qualità, il tutto a rappresentare una forza creativa esterna che ha influito in modo determinante sul risultato finale. In quest’ottica, la narrazione di un piccolo team di eroi solitari appare quantomeno incompleta, rivelando invece un esempio virtuoso di collaborazione internazionale.

Oltre i numeri: quando la passione batte la matematica
Ridurre la grandezza di Clair Obscur a un mero conto numerico non rende giustizia alla complessità del suo sviluppo. Se è vero che il team principale di Sandfall ha dimostrato una straordinaria versatilità, ricoprendo spesso più ruoli contemporaneamente, è altrettanto vero che il progetto è stato nutrito dalla partecipazione di decine di professionisti esterni. Il settore delle animazioni, della musica e della localizzazione si è rivelato determinante nel plasmare un’opera capace di emozionare in ogni sua componente.
La cultura videoludica occidentale tende spesso a invisibilizzare il lavoro dei team esterni, in particolare quando provengono dall’Asia, alimentando una visione distorta del processo creativo. Tuttavia, Clair Obscur dimostra come una produzione possa mantenere la sua anima intima anche affidandosi a talenti sparsi in tutto il mondo. A prescindere dal numero effettivo di persone coinvolte, ciò che emerge è l’urgenza artistica, la passione sincera e la capacità di tessere una narrazione visiva e sonora coerente.
L’autenticità di un videogioco non si misura con la calcolatrice. E Clair Obscur: Expedition 33, con tutta la sua delicatezza e la sua ferocia, resta una dimostrazione concreta di come l’arte videoludica sia prima di tutto un atto di ispirazione collettiva, che trascende numeri e slogan facili. Chiunque si avventuri nei suoi paesaggi onirici non troverà soltanto un “gioco fatto da 30 persone”, ma il frutto vibrante di una comunità creativa che ha saputo sognare in grande.
