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Black Lagoon e il monito di Rei Hiroe: l’autore racconta i suoi 15 anni di lavoro affetto da depressione

Black Lagoon è un titolo che non ha bisogno di presentazioni per gli appassionati di manga e anime. Nato dalla mente di Rei Hiroe, il manga ha esordito nel 2001 come one-shot sulla rivista Sunday GX per poi diventare una serie regolare nel 2002. Ambientato nella pericolosa città di Roanapur, segue le vicende della Lagoon Company, un gruppo di trasportatori illegali che si muove tra traffici criminali e sparatorie spettacolari. L’opera ha conquistato milioni di lettori, superando le 9,8 milioni di copie vendute e diventando un punto di riferimento del genere crime-action.

Tuttavia, il percorso di Black Lagoon non è stato privo di ostacoli, come racconta lo stesso autore nella lunga intervista condotta dal portale nipponico ComicNatalie. Hiroe si è aperto, svelando il lato oscuro del mondo creativo e il difficile equilibrio tra lavoro e salute mentale. Nel 2010 ha reso pubblico di essere affetto da depressione, una condizione che lo ha costretto a sospendere la serializzazione più volte. Il manga ha subito lunghe pause, con l’autore che ha preferito rispettare i propri tempi, senza forzare la produzione. Hiroe non sa quando è cominciato il tutto, ma lo stress del lavoro, unito alla devastante notizia della morte del padre, sono fattori che potrebbero fornire una spiegazione.

Questo ha reso Black Lagoon un’opera pubblicata a intervalli irregolari, con lettori sempre in attesa di nuovi capitoli. Nonostante queste difficoltà, il franchise ha continuato a crescere, con adattamenti anime di successo e spin-off. L’OVA Roberta’s Blood Trail, rilasciato tra il 2010 e il 2011, ha ampliato la storia con una narrazione ancora più intensa e drammatica. Tuttavia, proprio durante la stesura di questa saga, Hiroe ha affrontato alcuni dei momenti più difficili della sua vita, tra pressioni editoriali, il peso del successo e problemi personali.

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La lotta con la depressione e il peso della creatività per realizzare Black Lagoon

Hiroe ha raccontato come la depressione abbia reso sempre più difficile lavorare. Scrivere e disegnare, attività che un tempo erano spontanee, sono diventate una fatica insostenibile. Nel 2010, mentre lavorava all’arco narrativo di Roberta, Hiroe ha iniziato a sperimentare un blocco creativo senza una causa apparente, dichiarando “Non so con certezza cosa abbia scatenato tutto questo, ma prima ancora di pensare ‘non voglio disegnare’, le mie mani si fermavano da sole.” Il suo editor, Natsume, ha notato il crescente disagio, aumentato drasticamente dalla notizia della morte del padre, e ha suggerito una pausa. Dopo aver raggiunto il punto di rottura durante l’arco di Feng, Black Lagoon è stato messo in pausa.

Questa scelta, seppur necessaria, ha avuto un impatto profondo sulla percezione del pubblico, dato che Hiroe ha cercato di mantenersi occupato con altri progetti, partecipando anche a eventi internazionali. Molti lettori, vedendolo attivo, hanno frainteso la situazione, credendo che stesse semplicemente evitando di continuare Black Lagoon, una cosa che ha influito tanto sul morale dell’autore. La pressione editoriale per il ritorno della serie era inevitabile, ma Hiroe ha ammesso di non essere nemmeno in grado di pensarci, spiegando: “Se mi fossi forzato a disegnare, sarei arrivato a odiare la mia opera. Ho iniziato a prendere farmaci e ho evitato di toccare Black Lagoon fino a quando non mi sono sentito pronto.

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Natsume, che lo ha seguito durante tutto il percorso, ha ricordato quanto la situazione fosse delicata. “Ci sono stati momenti in cui non mi sarei sorpreso se avesse deciso di togliersi la vita,” ha confessato, sottolineando l’importanza di non insistere sulla ripresa del lavoro. Hiroe ha trovato un equilibrio accettando che la sua serializzazione non potesse più avere scadenze fisse, dichiarando “Non posso più lavorare sotto pressione. Se succedesse di nuovo, non reggerei“.

Nonostante tutto, Black Lagoon non è un progetto abbandonato. Hiroe vuole portarlo a termine, anche se a velocità ridotta. “Se continuo a scriverlo, è perché voglio finirlo. Un tempo correvo a 120 km/h, ora il mio motore è rotto e vado a 50 km/h. Ma voglio comunque arrivare alla fine,” ha affermato. Oggi, la sua priorità è mantenere una stabilità mentale, evitando di cadere di nuovo nel baratro. “Per me, disegnare manga sarà sempre una fonte di stress. Finché continuerò a farlo, non credo che guarirò mai del tutto,” ha ammesso.

Il supporto delle persone attorno a lui, in particolare Natsume, è stato fondamentale. “Quando sei solo, crolli ancora di più. Avere qualcuno che possa aiutarti nei momenti difficili è essenziale.” La storia di Hiroe, oltre ad essere il ritratto di un grande autore, è un esempio di come il mondo della creatività possa essere una lama a doppio taglio: da un lato, la passione e il talento; dall’altro, la pressione e il rischio di burnout. In un’industria che spesso spinge gli autori oltre i propri limiti, la sua esperienza è un monito su quanto sia importante garantire spazi di respiro agli artisti, permettendo loro di continuare senza sacrificare la propria salute mentale.

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Leggi anche: Il punto di vista di MAPPA sull’industria dell’animazione giapponese: sfide, cambiamenti e futuro

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Andrea Moffa

Andrea Moffa

Eroe numero 50 di Overwatch 2. Appassionato di notizie videoludiche. Esploro e condivido le avventure e le ultime info di questo mondo in continua espansione.

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