DeepSeek, l’AI generativa recentemente approdata sul mercato occidentale, continua a sorprendere. Il quesito è molto semplice: il sistema di intelligenza artificiale che ha scosso la borsa americana è in grado di competere con la sua controparte statunitense Chat GPT?
La risposta parrebbe affermativa. Sembrerebbe che DeepSeek non solo riesca a raggiungere risultati pressoché paragonabili con all’intelligenza artificiale sviluppata da OpenAI, ma addirittura lo farebbe con un decimo del costo. In aggiunta, anche i rischi per la privacy degli utenti non sembrerebbero così eccezionali come si potrebbe pensare.
DeepSeek ha ridotto i costi efficientando la computazione
A sostenere questa tesa è Nello Cristianini, professore di intelligenza artificiale presso l’Università di Bath (Inghilterra). Il professore spiega che per creare un’AI generative è necessario disporre di “tanti dati” e soprattutto di “un computer molto molto grande e costoso, con dei processori speciali”.
Oltre ai costi vivi, ossia quelli da sostenere immediatamente, bisogna considerare anche quelli ricorrenti, nel caso di specie l’energia elettrica necessaria per avviare e mantenere funzionante il sistema. Come giustamente ha osservato Cristianini: “Servono soldi per pagare computer così grandi e la bolletta della corrente”.
Eppure, DeepSeek ha puntato a un modello più economico per tenere bassi i costi. Infatti, l’AI cinese sostiene un costo, espresso in termini di ore di computazione, pari a “2,5 milioni di ore di GPU”. Si tratta di un costo decisamente inferiore a quello sostenuto da OpenAI, che ammonterebbe, almeno stando alle stime riportate dal New York Times, a una cifra almeno dieci volte superiore.
Per raggiungere questo risultato, gli ingegneri cinesi sono riusciti a rendere più efficienti le operazioni di computazione mantenendo un output in linea con quello di ChatGPT (al netto delle sistematiche censure sui temi più scomodi per il Governo cinese).
E ciò è sorprendente poiché DeepSeek riesce a fare in sostanza “lo stesso lavoro con processori di livello inferiore e in numero minore rispetto a quelli usati dagli americani”. Infatti, la compagnia cinese che controlla DeepSeek ha dichiarato di utilizzare “2.048 processori, di modello non avanzato”.
Viceversa “Musk ha creato un impianto a Memphis da centomila processori dell’ultimo modello”. E non è tutto perché il sistema “è open source: è totalmente riproducibile, ispezionabile e modificabile online, gratis, da tutti”.
Insomma, DeepSeek rappresenta, al netto delle storture determinate da alcune politiche repressive cinesi e di alcune sbavature nella generazione degli output, un piccolo gioiello tecnologico da tenere in considerazione.
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