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M. il figlio del secolo Harukichi Shimoi

M. il figlio del secolo, chi è il “camerata samurai” al servizio di D’Annunzio?

La serie TV esclusiva Sky M. il figlio del secolo sembra un successo. Al netto delle controverse dichiarazioni di Luca Marinelli, interprete del Benito Mussolini, nonostante le critiche circa la rappresentazione dei personaggi storici coinvolti e, perché no, nonostante le problematiche della serie TV, l’adattamento sul piccolo schermo del bestseller di Antonio Scurati è attrattivo oltre ogni immaginazione.

A incuriosire gli spettatori forse è stata la tematica trattata, la nascita del fascismo prima come movimento, poi come partito politico di rivoluzione, forse è stato il tono della narrazione, intervallata da numerose rotture della quarta parete, forse i personaggi rappresentati, non solo Mussolini, ma anche la Sarfatti, D’Annunzio, Diaz, Marinetti e via discorrendo.

Certo è che tra tutti i personaggi apparsi in M. il figlio del secolo solo uno risulta, almeno in apparenza, chiaramente fuori luogo: il guerriero samurai che compare al servizio del Vate Gabriele D’Annunzio nei primi due episodi della serie.

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Ebbene, che ci crediate o meno, si tratta di una persona realmente esistita: il suo nome era Harukichi Shimoi e cogliamo questa preziosa occasione per raccontarvi, in breve, la sua strabiliante storia.

Harukichi Shimoi: il “camerata samurai” di M. il figlio del secolo

Per comprendere il ruolo di Harukichi Shimoi in M. il figlio del secolo è necessario partire dal suo amore per l’Italia. Difatti, Shimoi ha combattuto in prima persona la Grande Guerra fianco a fianco coi soldati italiani, ma facciamo un passo indietro.

Poeta e scrittore, Harukichi Shimoi apparteneva a una classe sociale di ex samurai (shizoku) e, per questa ragione, fin da bambino è stato educato secondo i rigidi precetti del Bushido. Dopo anni di studio presso l’Università degli Studi esteri di Tokyo, nel 1915 si trasferisce in Italia, dove ottiene la cattedra di Giapponese nell’Istituto Universitario di Napoli.

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Nel corso del suo soggiorno italiano, Shimoi, per sua stessa ammissione, rimane fulminato dall’amor di patria dimostrato dagli italiani e dagli ideali irredentisti (in quegli anni l’Italia combatteva la Prima Guerra Mondiale contro gli Imperi centrali per completare l’unità Nazionale).

Nel 1917, decide di partire al fronte, prima come inviato di guerra, poi come soldato. Interessante è un aneddoto che riguarda il suo servizio militare: prima di essere mandato in prima linea, Shimoi è stato assegnato agli uffici dello Stato Maggiore per svolgere mansioni da ufficio (considerata anche la sua corporatura esile), ma questi ha insistito così tanto per combattere al fronte che l’allora Generale Enrico Caviglia, colpito dalla sua volontà ferrea, si è sentito in dovere di arruolarlo nel corpo degli Arditi.

Nell’estate del 1918, a Venezia, Harukichi Shimoi fa la conoscenza di D’Annunzio, di ritorno dal celebre “volo su Vienna”, e riceve da questi in recalo alcuni dei volantini gettati su Vienna. L’incontro è raccontato dallo stesso Shimoi nell’opera “L’Italia durante la Grande Guerra”.

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Il poeta giapponese rimane così incantato dalla figura di poeta guerriero incarnata da Gabriele D’Annunzio da decidere di seguirlo nelle sue imprese anche a guerra finita. Ed è proprio in questo frangente che M. il figlio del secolo lo ritrae, ossia intento a seguire il poeta Vate nell’occupazione della città di Fiume. Un’altra curiosità: proprio a Fiume Shimoi ottiene l’epiteto di “camerata samurai”.

“In Giappone ci sono persone molto strane. Sono tipi spiacevoli, fortemente convinti che una persona non possa essere un poeta se non appare pallido, smagrito, dal respiro affannoso e se non dorme in piedi facendo solo sbadigli. Qualche anno fa, lessi su una rivista giapponese un articolo di uno di loro criticare D’Annunzio. Stando a quanto scriveva, fino all’inizio della guerra D’Annunzio era stato un esimio letterato e poeta.

Tuttavia, dopo lo scoppio del conflitto, il suo gettare la penna in favore della spada, la sua entrata nelle forze armate, il suo volare in aere e la sua irruzione su Fiume lo avrebbero reso una nullità di poeta. Non trovate che l’autore dell’articolo sia un uomo di scarsa intelligenza? La beffa di Buccari, il volo su Vienna, l’ingresso a Fiume: sono tutti suoi capolavori. Sono poesie che superano di gran lunga tutta la sua produzione letteraria. Poesie epiche scritte tra le acque dell’Adriatico e i cieli del Friuli-Venezia Giulia, con il sangue fresco e la vita.”

Harukichi Shimoi parla di D’Annunzio
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Anche il suo ruolo di messaggero di Gabriele D’Annunzio si può considerare storicamente accurato. Ciò è confermato dal giornalista Indro Montanelli, che descriveva il camerata samurai con queste parole: “Un giapponese che dopo anni d’insegnamento all’Istituto Orientale di Napoli s’era talmente italianizzato che, nel 1915, s’era arruolato volontario nel nostro esercito, aveva seguito D’Annunzio a Fiume, dove aveva tenuto i contatti tra il Vate assediato e Mussolini a Milano, e poi aveva preso parte alla marcia su Roma”.

Il suo ruolo nella serie M. il figlio del secolo, certamente relegato a quello di semplice comparsa, rende a nostro parere un dovuto omaggio a un uomo che ha amato l’Italia con tutto se stesso e che ha contribuito a creare quel legame di fraterna amicizia che caratterizza il rapporto tra Italia e Giappone, rapporto di cui tutti noi ancora oggi gioviamo.

M il figlio del secolo

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Francesco Lanciano

Francesco Lanciano

Classe 1998, videogiocatore incallito e da sempre appassionato alla tecnologia

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