La nuova tecnologia IT-Wallet, attualmente entrata in fase sperimentale nelle APP IO di oltre 50’000 italiani, potrebbe non essere tutta farina del sacco dello Stato. Facciamo però un passo indietro: di quale tecnologia stiamo parlando? Nel corso degli scorsi mesi vi abbiamo già parlato di IT-Wallet, un sistema interno ad App IO che permette agli utenti di avere sempre a portata di smartphone i propri documenti personali, come la patente.
Nelle scorse settimane, il servizio è stato presentato a livello ufficiale e si è entrati nella prima fase di sperimentazione dello stesso su larga scala ma, secondo quanto riportato dai media locali, un gruppo di amici italiani avrebbe intenzione di andare nelle aule di tribunale perché, a loro dire, lo Stato avrebbe copiato un progetto da loro brevettato.
IT-Wallet nasce da un’idea di un gruppo di 4 amici
Un gruppo di 4 amici tra Bergamo e Brescia si è rivolto alla stampa locale per raccontare le cose come stanno: Achille Pievani, 44enne ex fornaio di Adrara San Martino, che insieme a Luca Vegini (41 anni, avvocato), Gabriele Lavelli (52 anni, imprenditore) e Lorenzo Muratori (41 anni, tecnico informatico) avrebbero infatti sviluppato l’idea nel 2015.
Il loro brevetto, ottenuto nel 2018 in Italia e successivamente esteso a Europa e addirittura in Asia, riguarda un “Metodo per la digitalizzazione e l’acquisizione di dati sensibili su dispositivi mobili che garantisce la sicurezza e l’integrità dei dati stessi”.
La faccenda potrebbe farsi presto molto seria
Per proteggere la loro idea, i 4 amici hanno stanziato tra i 15’000 e i 20’000 l’anno presso la loro SRL “Levelapp” e, nel frattempo, avrebbero cercato in più occasioni di contattare lo Stato per proporre il progetto su scala nazionale, non ricevendo mai risposte soddisfacenti. Il progetto, a conti fatti, risulta avere moltissimi punti di coincidenza con IT-Wallet e, stando agli intervistati, proprio questa serie di corrispondenze sarebbe stato il motivo per cui lo Stato non ha mai aperto le porte alla proposta.
Gli intervistati non nascondono di voler intervenire sul piano legale:
“In qualsiasi modo si rischia di finire in tribunale. Speravamo che lo Stato volesse collaborare, invece nulla. Aspetteremo fino a gennaio, poi, se non si muove nulla, dovremo fare qualcosa.”
Si attendono ora risposte da parte dello Stato, che dovrà difendersi da queste accuse.