Piracy Shield, oh Piracy Shield… La piattaforma dell’AGCOM che dovrebbe tecnicamente bloccare soltanto i siti che trasmettono le partite di calcio in maniera pirata in realtà non funziona così bene, e questo è sotto l’occhio di tutti fin dalla sua entrata in servizio. Da mesi la piattaforma ha bloccato diversi siti che con la pirateria non c’entrano niente solo perché condividono il dominio con piattaforme pirata, ma Massimiliano Capitanio continua a difendere l’operato della piattaforma e a criticare coloro che hanno da ridire sul suo funzionamento.
Piracy Shield blocca un dominio di Google Drive
Ma con l’errore gravissimo di ieri sera, sarà difficile difendere così tanto la piattaforma. Infatti un ticket caricato su Piracy Shield ha bloccato drive.usercontent.google.com, un dominio appartenente a Google Drive, servizio utilizzato da Google per archiviare e condividere dati in cloud e che serve anche come una delle cache di YouTube. Ovviamente Drive è famosissima proprio perché viene usata per vedere in maniera pirata le partite di calcio no? Assolutamente no.
Il blocco è scattato ieri pomeriggio alle 18:56, e ha reso praticamente impossibile accedere a Drive e scaricare i file. E questo non è un problema da poco, considerato che Drive viene usato da studenti, lavoratori e aziende che si appoggiano a Google Workspace per le loro attività, tanto che pure le AI volute nelle scuole dal ministro dell’istruzione si appoggiano a essa.
La cosa che stupisce è che l’incidente dimostra come Google e i domini a esso connessi non sono inseriti nella whitelist dell’AGCOM -ossia una lista che contiene i nomi dei domini da non colpire assolutamente – e come chi ha ideato Piracy Shield non sappia come funzioni internet. E dire che pure il colosso di Mountain View aveva iniziato a collaborare con l’Autorità Garante della Privacy, anche se c’erano state critiche riguardante le controverse modifiche del decreto Omnibus varato dal governo.
Stando a Wired, attualmente solo Tim e Wind3 hanno rimosso Google dalla lista delle risorse da oscurare, quindi in teoria sulle loro reti dovrebbe essere attivo, ma ci sono fonti che dicono il contrario. Ora Google ha cinque giorni per presentare ricorso, e il blocco dell’ISP potrebbe essere pure passibile di sanzione.
Probabilmente questo grosso errore costringerà AGCOM a fare dei passi indietro, e forse spingerà pure il governo a rivedere la legge antipirateria modificata con il decreto Omnibus. Intanto la deputata di Azione Giulia Pastorelli ha richiesto un’interrogazione parlamentare sulla faccenda e convocherà pure l’AGCOM.