In questi giorni la lotta alla pirateria è tornato a essere un tema caldo con le novità portate dall’AGCOM per la sua piattaforma Piracy Shield, tra l’accordo d’intesa raggiunto con la Guardia di Finanza e la Procura di Roma e il dialogo aperto con Cloudflare e Google. L’autorità ha promesso con queste novità l’emissione di multe più rapide per chiunque guardi una partita piratata, anche se una volta sola.
VPN e DNS nel mirino delle autorità per la lotta alla pirateria
Ieri invece è arrivato dal Senato il via libera agli emendamenti 6.0.35 e 6.0.36 firmati da Zedda, Liris e Damiani del dl Omnibus da parte delle commissioni Bilancio e Finanze. Questi emendamenti modificano le leggi attualmente in vigore sui diritti d’autore e sulla pirateria, e puntano il dito verso coloro che prestano i servizi di accesso alla rete.
“I prestatori di servizi di accesso alla rete i soggetti gestori di motori di ricerca e i fornitori di servizi della società dell’informazione, ivi inclusi i fornitori e gli intermediari di VPN (virtual private network) o comunque di soluzioni tecniche che ostacolano l’identificazione dell’indirizzo IP di origine, gli operatori di content delivery network, i fornitori di servizi di sicurezza internet e di DNS distribuiti, che si pongono tra i visitatori di un sito, e gli hosting provider che agiscono come reverse proxy server per siti web, quando vengono a conoscenza che siano in corso o che siano state compiute o tentate condotte penalmente rilevanti ai sensi della presente legge devono segnalare immediatamente tali circostanze, fornendo tutte le informazioni disponibili“
Essenzialmente le autorità vogliono che i servizi di VPN e DNS segnalino che un utente stia guardando una partita di calcio piratata tramite app e siti entro 30 minuti dalla scoperta del reato. Ed è inoltre prevista una pena per l’omissione di queste informazione, che include non solo sanzioni pecuniarie di entità non rivelata, ma persino un anno di reclusione.
Finora gli unici a rischiare la galera per pirateria sono stati quelli che gestivano siti e piattaforme pirata, che a seconda dell’entità del reato rischiavano di finire dentro per qualche mese o 3 anni. Non sempre però è possibile risalire ai colpevoli, come dimostrato dalle recenti chiusure dei portali “stat buono” e “sienza di te”.