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Breaking Bad 5×14, “Ozymandias”: tra le parole di Shelley e il talento di Vince Gilligan

Nel vasto panorama della serie contemporanee, poche di esse hanno saputo incanalare la grandezza della tragedia umana con la stessa intensità di “Breaking Bad” e tra gli episodi di questa epopea moderna, uno su tutti si erge come un monumento alla caducità del potere e alla fragilità dell’essere umano: “Ozymandias”.

Questo episodio, dal titolo evocativo mutuato dal celebre sonetto di Percy Bysshe Shelley, si snoda come una tragedia classica moderna, intrecciando la narrazione di un viaggio fatale nel deserto con le vicende di personaggi al culmine della loro grandezza e del loro declino. Come l’antico faraone Ozymandias, i protagonisti di “Breaking Bad” incarnano il sogno di grandezza e potere, solo per vederlo infranto dalla fredda mano del destino.

Il racconto della caduta, l’inizio della fine

La potenza dell’episodio risiede nella sua capacità di esplorare le profondità oscure dell’animo umano, mettendo in scena tradimenti, violenza e perdita con una cruda sincerità e inevitabilità. Il confronto tra i due viaggi nel deserto – quello fisico di Walter White e Jesse Pinkman e quello spirituale di Skyler White e Walter Jr. – riflette la discesa nell’abisso della moralità umana.

Breaking Bad 5x14, "Ozymandias": tra le parole di Shelley e il talento di Vince Gilligan

Come Shelley celebra l’anonimo scultore e la sua opera artistica nel suo sonetto, così “Breaking Bad” celebra il genio creativo dietro la macchina narrativa, portando alla luce le passioni e le ambizioni che guidano i suoi personaggi. Eppure, come la statua di Ozymandias nel deserto, anche il potere dei protagonisti è destinato a svanire nel nulla, lasciando dietro di sé solo rovine e rimpianti.

L’episodio “Ozymandias” di “Breaking Bad” non è solo una pietra miliare nella storia della televisione, ma anche un monito universale sulla caducità del potere e la fragilità dell’essere umano; come anticipato. Così come le parole incise sulla base della statua nel deserto, le opere degli uomini di potere sono destinate a svanire nel tempo, lasciando dietro di sé solo ricordi e cenere.

E mentre il deserto si estende all’infinito intorno alle rovine di un impero caduto, così la storia di “Breaking Bad” si snoda nel suo tragico epilogo, rivelando la vera natura della grandezza umana: effimera e vulnerabile di fronte alle tempeste del destino, impotente sulle inevitabili conseguenze di ogni scelta compiuta.

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Breaking Bad 5×14, “Ozymandias”: tra le parole di Shelley e il talento di Vince Gilligan

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Come Ozymandias nel deserto, anche i protagonisti di “Breaking Bad” sono monumenti alla grandezza e alla vanità umana. Walter White, con il suo impero di metanfetamina si erge come un faraone moderno, convinto di poter dominare il mondo intorno a sé, senza accorgersi della solitudine, la morte e la distruzione che ogni sua scelta sta portando.

Il suo regno è destinato a crollare sotto il peso delle sue stesse ambizioni e dei suoi peccati. Così come il viso frantumato e la fronte rugosa della statua raccontano la storia del suo creatore, anche le azioni di Walter White parlano della sua anima tormentata e della sua caduta dall’innocenza alla corruzione, sgretolando e trascinando anche persone innocenti nel suo vortice composto da ambizione e fame di potere.

Inoltre, il confronto tra il sonetto di Shelley e l’episodio di “Breaking Bad” si estende alla rappresentazione del tempo come forza implacabile che cancella ogni traccia di grandezza umana: come le sabbie del deserto che inghiottono le rovine di un impero caduto, così il fluire del tempo cancella ogni traccia del regno di Walter White e dei suoi complici.

E mentre il viaggiatore di Shelley osserva il deserto con lo stesso stupore di un cacciatore che scopre le antiche rovine di Londra, così lo spettatore di “Breaking Bad” è costretto a confrontarsi con la caducità della gloria umana e la fragilità dell’ego umano di fronte al passare del tempo implacabile.

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Per chiudere, successivamente a tutto il preambolo, le parole di Shelley sono più chiare, più associabili a ciò che accade in una delle puntate più acclamate di Breaking Bad:

«Incontrai un viandante di una terra dell’antichità,
Che diceva: “Due enormi gambe di pietra stroncate
Stanno imponenti nel deserto… Nella sabbia, non lungi di là,
Mezzo viso sprofondato e sfranto, e la sua fronte,
E le rugose labbra, e il sogghigno di fredda autorità,
Tramandano che lo scultore di ben conoscere quelle passioni rivelava,
Che ancor sopravvivono, stampate senza vita su queste pietre,
Alla mano che le plasmava, e al sentimento che le alimentava:
E sul piedistallo, queste parole cesellate:
«Il mio nome è Ozymandias, re di tutti i re,
Ammirate, Voi Potenti, la mia opera e disperate!»
Null’altro rimane. Intorno alle rovine
Di quel rudere colossale, spoglie e sterminate,
Le piatte sabbie solitarie si estendono oltre confine”.»

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Nicola Gargiulo

Nicola Gargiulo

Grafico e Copywriter di professione, nerd per ossessione. Cresciuto a latte, anime, videogiochi, film, serie TV, manga e fumetti cerco di diffondere il "verbo" tramite la parola scritta e lo spazio concesso dall'internet e dai capoccia di Dr. Commodore, detti anche "Gorosei".

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