Negli ultimi due anni l’intelligenza artificiale ha fatto passi da gigante, in tutti i settori. Per diversi decenni l’AI l’abbiamo vista solo in film e libri di fantascienza. O, per lo meno, un’intelligenza artificiale avanzata, e non basilare come visto in alcuni programmi. Ma poi sono arrivati assistenti vocali come Siri e Google Now: le persone hanno iniziato a prendere confidenza con l’AI dei propri telefoni, anche se a un livello ancora basilare.
La svolta degli ultimi due anni c’è stata a due livelli: il primo con le intelligenze artificiali testuali, con capofila ChatGPT, l’AI che ha fatto esplodere il settore. Infatti, subito a ruota sono arrivati Bing AI e Google Bard. In più, in futuro, vedremo molto probabilmente una AI testuale sviluppata da Apple, sempre sul “modello” di ChatGPT. La seconda svolta, invece, c’è stata con le AI Art, quali Midjourney, DALL-E 2, Bing AI e Stable Diffusion. Un esempio delle creazioni possibili con questi programmi lo abbiamo avuto in primavera con le immagini di Papa Francesco col piumino, diventate virali anche nei telegiornali.
L’elenco delle recenti implementazioni dell’intelligenza artificiale potrebbe continuare, se allargassimo lo sguardo anche agli smartphone (vedasi i Google Tensor dei Pixel 8 e Gauss di Samsung). Tutto questo parlare di intelligenze artificiali apre diversi scenari, specie per il mondo del lavoro. Scenari che possono essere negativi per molti professionisti, che temono di essere sostituiti da programmi informativi intelligenti. D’altro canto, un settore potrebbe essere “immune” dalle intelligenze artificiali: il lavoro creativo.
Le intelligenze artificiali e il lavoro creativo: un rapporto ambiguo
Il rapporto tra le creazioni umane e l’AI è dibattuto da diversi anni, ancora prima del recente boom di ChatGPT, DALL-E 2, Midjourney e di altri programmi simili. L’uomo infatti è attirato e allo stesso tempo spaventato dalle macchine capaci di fare pensieri creativi. Ciò che ci differenzia dalle macchine è proprio la nostra mente “generativa”: possiamo elaborare riflessioni e pensieri originali, più di quanto possa fare un programma oggigiorno. Ma, per l’appunto, con l’avanzare imperante delle intelligenze artificiali, ci sentiamo in parte minacciati in questo campo.
In particolare, come abbiamo accennato, molti lavoratori temono di essere sostituiti dalle intelligenze artificiali. Nella storia è già capitata una situazione simile. Con le due Rivoluzioni Industriali del Settecento e dell’Ottocento, le macchine a vapore e la catena di montaggio hanno rimpiazzato parte della manodopera impiegata in campi agricole e industrie. Oggi invece sono i lavori creativi a sentirsi minacciati. Specie con l’avvento delle citate AI Art.
Il futuro però non è così grigio come potrebbe sembrare. Per lo meno è il parere di Ashley Still, vicepresidente senior Digital Media presso Adobe. Lo scorso ottobre la dirigente ha parlato con la rivista “Fortune”, rispondendo alle forti preoccupazioni di molti graphic designer, dopo che nei programmi Adobe sono state inserite diverse feature legate all’AI. Per Ashley Still le intelligenze artificiali non sostituiranno la loro professione, per diversi motivi.
La dirigente Adobe ha preso come esempio l’invenzione della macchina fotografica. All’epoca le persone pensavano che avrebbe rimpiazzato i dipinti: ma non lo ha fatto. In maniera simile, ai giorni nostri, anche se le macchine digitali (e, aggiungiamo noi, gli smartphone) hanno permesso a milioni di persone di scattare foto, i fotografi professionisti sono ancora molto richiesti.
In più, sempre secondo Ashley Still, le AI non possono vivere senza la mente umana. Infatti, le aziende avranno sempre bisogno di esperti creativi per indirizzare le intelligenze artificiali “nella giusta direzione”: un professionista otterrà sempre risultati migliori del consumatore medio nell’utilizzo di AI Generative, specie in ambito creativo.
Ma è davvero così? L’uomo sarà sempre necessario nei lavori creativi e le AI saranno un “semplice” strumento nelle sue mani? Il discorso fatto da Ashley Still e da altre persone è giusto, almeno sul breve e sul medio termine. Oggi come oggi, gran parte delle AI Art utilizzano ancora database di immagini create dall’uomo stesso: non creazioni generate “dal nulla”. Perciò, non sono considerate “arte” o comunque “creazioni artistiche”. Significativa è una sentenza dello scorso agosto: per una corte di Washinton D.C., un’opera creata da un’AI Art “senza l’inpunt” umano non può essere sottoposta al copyright.
In conclusione, per il momento i lavori creativi non sono del tutto minacciati dalle intelligenze artificiali. Gli strumenti messi a disposizione da Adobe e da altri programmi sono degli alleati per i creativi, più che loro rimpiazzi. Una macchina senza nessun prompt umano o senza un database non è capace di creare (citando la Treccani per la parola “creativo”) “opere d’arte e d’ingegno“: manca ancora questo secondo componente. Certo è che questi discorsi valgono per l’oggi: “di doman non v’è certezza”, e non è da escludere che le intelligenze artificiali prima o poi giungano ad avere un ingegno simile a quello umano.
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