Quella che per brevità chiamiamo “Cultura Orientale” vive da decenni, in Occidente, una sorta di eterna primavera per tutto ciò che riguarda arte e intrattenimento. Mentre l’Occidente insegue, nel cinema e nel fumetto, con alterne fortune gli stilemi orientali, Giappone e Corea sembrano aver colonizzato efficacemente il nostro immaginario.
Se è superfluo citare l’indescrivibile impatto globale che manga e anime nipponici hanno da quasi ottant’anni a questa parte, oggi non è più possibile ignorare artisticamente la Corea del Sud che dalla fine degli anni Novanta ha conosciuto un risveglio artistico con pochi precedenti. In campo cinematografico dobbiamo nominare almeno Park Chan-wook (regista di Old Boy), Bong Joon-ho (regista di Memories of Murder e Parasite), Kim Ki-duk, Kim Jee-woon, Lee Chang-dong e Yeon Sang-ho.
In campo fumettistico non mancano gli esempi di successi globali come Solo Leveling, The Breaker, Tower of God; nella serialità streaming giganteggiano opere come Kingdom, Hellbound e la celeberrima Squid Game. Dal punto di vista della narrativa di genere autori coreani come Jeon Min-Hee e Lee Woo-hyouk hanno saputo infondere una nuova linfa al fantasy, contaminando influenze diverse.
Uno dei più celebri autori fantasy coreani, nato sul web con il successo planetario Dragon Raja e attualmente impegnato nella saga de L’uccello che beve lacrime, è Lee Young-do. L’editore Feltrinelli ha recentemente portato in libreria il primo volume (di 4) del primo ciclo, intitolato Il cuore dei naga, pubblicato originariamente nel 2003 in patria e tradotto in italiano da Sara Bochicchio, nella collana Narratori. Vediamo insieme di che cosa si tratta.
Un viaggio inaspettato
Non si può parlare de Il cuore dei naga senza parlare delle razze che caratterizzano il mondo ideato da Lee Young-do. Le principali mostrate nel romanzo sono 4: umani, naga, rekon e tokkebi. Vi è una quinta razza, ormai decaduta, i tuokshini, che saranno protagonisti di una delle sequenze più memorabili del libro.
Migliaia di anni prima della storia corrente i naga, ispirati alle creature folkloristiche orientali in parte umane e in parte serpenti, hanno dato origine alla Grande Espansione. Essendo creature a sangue freddo, ovipare, i naga hanno occupato tutto l’emisfero meridionale del pianeta fino alla Linea di Confine, trasformando metà del mondo conosciuto in una sterminata foresta chiamata Kiboren. Qui i naga vivono teoricamente in eterno in piccole comunità matriarcali suddivise in famiglie in cui le femmine si trovano al vertice e hanno come primo compito quello di sedurre i maschi per generare il maggior numero possibile di figli.
I maschi possono votarsi al culto della Dea Senza Tracce oppure diventare viandanti, dediti al vagabondaggio da una Casa all’altra e quindi all’accoppiamento. Giunti alla maggiore età, maschi e femmine vengono sottoposti alla cerimonia di rimozione del cuore grazie alla quale vengono resi praticamente immortali: un naga privato del cuore può far ricrescere ogni parte del proprio corpo compresa la testa. Non è impossibile uccidere un naga “completo”, ma è senza dubbio molto difficile. I cuori rimossi vengono conservati nella Torre dei Cuori (ve n’è una in ogni città naga) e protetti dai Guardiani devoti alla Dea Senza Tracce.
Le altre razze, potendo sopravvivere a temperature più fredde, si dividono l’emisfero nord. Gli umani sono una razza decaduta, priva di un re, numerosa ma disorganizzata. Onorano il Dio di Nessun Luogo. I rekon sono esseri piumati alti fino a tre metri simili a dei gallinacei dediti all’onore guerriero; i rekon temono solo una cosa, l’acqua, onorano la Dea del Basso e si dedicano con piacere a imprese impossibili come ad esempio raggiungere gli immensi cetacei empirei. I tokkebi sono esseri dotati di poteri magici legati al fuoco, sopravvivono dopo la morte sotto forma di orushin i quali rendono culto al Dio Suicida e sopra ogni cosa temono la vista del sangue.
I protagonisti del romanzo appartengono a tutte e quattro le razze principali: l’umano conosciuto come Macellaio dei naga è un guerriero implacabile e spietato che cela la propria identità dietro il nome fittizio di Keigon Draca, impugna la spada leggendaria Paraghi e trascorre una allucinata esistenza dedita a uccidere e divorare i naga che incontra vagando per l’immensa Kiboren; Pihyong Surabul è il tokkebi, maggiordomo del Signore del Castello, e cavalca l’immenso scarabeo Nani; Tinahan è il litigioso rekon con il sogno di raggiungere i cetacei empirei.
Questi tre individui sono stati scelti dai monaci del Grande Tempio per condurre al nord un naga, missione che sembra volta a impedire un qualche misterioso complotto ordito dai pericolosissimi Guardiani. Fra i naga, le due figure maggiormente di rilievo del romanzo sono i due giovani Ryun Pei e Hwarit Makerou: entrambi celano un segreto.
Un fantasy diverso dal solito
Pur se modellato sul classico tropo del “viaggio” attraverso territori pericolosi e sconosciuti, Il cuore dei naga è senza dubbio un tipo di fantasy diverso dal consueto. Gli elementi di maggiore originalità del testo sono senza dubbio il brillante lavoro di costruzione psicologica svolto sui personaggi (compresi quelli che possiamo considerare secondari) e l’approfondimento su usi, costumi e tradizioni delle razze principali, soprattutto i naga, senza dubbio la più strutturata e affascinante.
La società dei naga ci appare infatti come raffinata e complessa, dotata di leggi ferree e convenzioni che è pericoloso sfidare. Lungi dall’essere considerabili i “cattivi” del romanzo, al netto della loro espansione parassitica ai danni delle razze da loro considerate inferiori, i naga sono creature affascinanti di cui il lettore desidera apprendere il più possibile. Il lavoro svolto da Lee Young-do su di loro è infatti notevole: quasi sordi, i naga comunicano “nibilando” cioè tramite la telepatia e vedono il mondo sotto forma di colorati flussi di calore. Si nutrono di creature vive che controllano tramite la mente e che divorano intere, proprio come farebbe un serpente.
I naga sono anche la razza che conta il maggior numero di personaggi approfonditi, come il protagonista Ryun Pei terrorizzato all’idea di perdere il proprio cuore, o l’amata sorella e straordinaria guerriera Samo Pei; la viziosa alchimista Vias Makeorou, vittima inconsapevole di una società che vede le femmine obbligate a sedurre i maschi e a generare figli; l’amorevole Hwarit e il misterioso Guardiano Serisma.
Dei protagonisti, tutti interessanti, quello che più spesso ruba la scena agli altri e di cui non si è mai sazi è certamente Keigon Draca, coraggioso e astuto, gentile ma anche crudele fino a compiere azioni indescrivibili e disgustose; contraddittorio, lontanissimo dal cliché del paladino destinato alla grandezza, Draca è un personaggio raro nel contesto del fantasy, persino in quello più moderno, che non manca mai di attrarre magneticamente il lettore.
Tra le influenze alla base del romanzo sono evidenti i debiti che Lee Young-do ha contratto con la cultura mitologico-tradizionale coreana, non solo per quanto riguarda i mitici naga ma che possiamo riconoscere anche in oggetti di uso quotidiano come gli enormi aquiloni yon o le giare tanji. Siamo molto lontani dal fantasy di matrice tolkeniana con i suoi riferimenti alle leggende occidentali: le influenze riconoscibili nel mondo de L’uccello che beve lacrime rendono il tutto non solo esotico e intrigante ma anche tangibile grazie al lavoro di minuziosa costruzione svolto da Lee Young-do.
Dal punto di vista stilistico il romanzo introduce i propri elementi fantastici gradualmente, evitando l’odioso “infodump”, ed è caratterizzato da un dettato semplice e immediato, poco incline al lirismo, che spesso indugia su gradevoli elementi gore. I vari stili sono mescolati con sapienza e confliggono generando sequenze memorabili come la sezione ambientata nella città dei tuokshini, corrispettivo dei capitoli del Signore degli Anelli ambientati a Moria.
Tra i riconoscibili elementi di ispirazione non possiamo non evidenziare il Guts di Berserk, che ha molti punti di contatto con lo spietato Keigon Draca, mentre l’ingenuo Ryun Pei svolge una funzione che lo avvicina al Frodo di tolkeniana memoria. Ma L’uccello che beve lacrime, pur essendo intriso di stilemi orientali e affondando le radici nel fantasy classico, è anche figlio della rivoluzione fantastica moderna portata da George R. R. Martin con il suo A song of Ice and Fire e dei giochi da tavolo del tipo di Dungeons & Dragons, ispirazione evidente e resa esplicita nel momento della formazione del “party”.
Dotato di una trama avvincente che unisce il viaggio dell’eroe al thriller, all’horror e al giallo, L’uccello che beve lacrime riesce a combinare elementi apparentemente contraddittori risultando appassionante, fresco e in buona misura originale. Questo romanzo, che ricordiamo è il primo di un blocco narrativo comprendente altri tre testi (al momento inediti in Italia) non mancherà a nostro parere di attrarre gli appassionati del genere fantasy desiderosi di fruire di qualcosa di nuovo.
L’edizione italiana è in brossura con alette e conta 509 pagine totali in carta di buona grammatura; la copertina è semplice e d’impatto e dal punto di vista tipografico è sempre facile distinguere fra i dialoghi a voce da quelli “nibilati”. A questo volume ci sentiamo di imputare come unica mancanza quella di un apparato grafico (una mappa, qualche immagine delle città e delle razze descritte) che potrebbe aiutare il lettore a comprendere con maggiore immediatezza luoghi e personaggi presenti nel libro, ma siamo sicuri che se il ciclo avrà il successo che merita ci attende in futuro una edizione illustrata che potrebbe dare lustro all’incredibile universo narrativo di Lee Young-do.