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La struggente storia d’amore di Hachiko, un amico a quattro zampe fra realtà e finzione

Chi non ama gli animali? Che siano teneri e coccolosi cani, eleganti e sinuosi gatti, squillanti e allegri canarini oppure maestosi ed esotici serpenti, gli animali fin dall’antichità hanno accompagnato l’uomo, sia per utilità ma anche per diletto: iconico è il cane Argo di Ulisse, le cui gesta sono narrate nell’Odissea omerica, per il quale l’eroe di Itaca cede all’emozione dopo che viene riconosciuto dall’amato quadrupede anche vent’anni dopo la sua partenza, il quale è morente ma felice di dare l’ultimo saluto all’amato padrone. Un’altra storia che vi farà sciogliere il cuore è sicuramente quella di Hachiko.

Una storia che ha inizio quasi 100 anni fa, e che ha ispirato numerose opere tra libri, citazioni musicali e film, ed è memorabile quello con protagonista Richard Gere ovvero Hachiko – Il Tuo Migliore Amico, la storia di Hachiko è una di quelle che spezzano dolcemente il cuore, che ci fanno sorridere tristemente, e che ci ricorda, visto che spesso ce ne dimentichiamo, che i nostri animali ci amano tantissimo, anche più di quanto crediamo.

Ma siete sicuri di conoscere a fondo questa storia così dolce e così triste? Riuscite a immaginare l’eco che ha avuto in Giappone, la terra natale del cane, e quanto la sua storia sia ancora oggi d’esempio? Noi di Dr Commodore vogliamo allora narrarvi la storia completa, messa a confronto con quella romanzata del film (altrettanto bello e commovente) di questo cane così fedele: la storia di Hachiko.

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L’inizio di una profonda amicizia

Hachiko e il professor Ueno Hidesaburō

La storia di Hachiko inizia nel Novembre 1923, e le fonti indicano possa essere nato intorno al 10 del mese, nella piccola cittadina di Odate della prefettura di Akita, in una piccola fattoria posseduta dall’agricoltore Saito Yoshikazu. Hachiko era di razza Akita Inu, di colore bianco, caratterizzato da una pelliccia spessa e molto soffice al tatto; si dice che la razza sia nata in seguito a numerosi incroci effettuati verso il 1630.

Nello stesso periodo, l’agronomo e professore del Dipartimento di Agricoltura dell’Università Imperiale di Tokyo (l’attuale Università di Tokyo) Ueno Hidesaburō stava cercando un cane giapponese puro, anche per colmare la sua solitudine, poiché non era sposato (nonostante avesse una compagna di nome Yaeko che però vedeva raramente a causa dei suoi impegni lavorativi) e non aveva figli.

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Un regalo inaspettato

Ma un suo studente di buon cuore, che per caso lavorava nella prefettura di Akita, nel Gennaio 1924 trovò fortunatamente questa fattoria di Odate, e rimase colpito dalla dolcezza ma anche dal portamento elegante di Hachiko (che all’epoca aveva circa 50 giorni), e decise di prenderlo con sé e metterlo in un piccolo sacchetto del riso per tenerlo al caldo, lontano dal freddo pungente della grande nevicata. Venti ore di treno separavano la piccola cittadina di Odate dalla capitale Tokyo.

Il professor Ueno, vedendo il suo studente portargli un cucciolo di cane, fu subito entusiasta del piccolo animale, il quale venne subito adorato e coccolato dal solitario professore (che abitava nei pressi della stazione di Shibuya). Decise di chiamarlo Hachi, che in giapponese significa otto, poiché il cagnolino, quando stava su quattro zampe, aveva le zampine anteriori leggermente divaricate, simile al simbolo giapponese che indica l’8, ().

Il rapporto tra i due era molto tenero, perché il professor Ueno faceva dormire il piccolo Hachi sotto al suo letto, e i due mangiavano alla stessa ora: un bellissimo simbolo di unione e affetto che dimostrava quanto il loro rapporto era già molto saldo, tanto che Ueno aveva insegnato al piccolo Hachi ad aspettarlo tutte le sere in stazione a Shibuya, di ritorno in treno dalle lezioni universitarie. Sembrava veramente un periodo stupendo per i due.

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Hachiko, il cane più fedele

Una tragica separazione

Purtroppo, per una tragica fatalità, il professor Ueno Hidesaburō viene colto da un terribile ictus il 21 Maggio 1925, e l’esito è infausto: Ueno muore a soli 53 anni, lasciando da solo il suo amato Hachi. Quest’ultimo però non conosce il tragico destino del suo padrone e, come ogni sera, si reca alla stazione di Shibuya aspettando, invano, il padrone. Non vedendolo tornare, Hachi rientrò a casa, colto da una visibile tristezza, e si rannicchiò nel giaccone di Ueno. Per tre giorni, il cane non avrebbe toccato cibo, almeno così si dice.

Yaeko, non essendo ufficialmente sposata con il professor Ueno, non poteva ereditare la sua casa, pertanto lasciò il cane alle cure di un suo conoscente, che si trovava a circa otto chilometri dalla stazione di Shibuya. Otto chilometri che il piccolo cane continuava a percorrere, praticamente tutti i giorni, con qualunque condizioni atmosferica: era sicuro che il suo padrone sarebbe un giorno ritornato.

Passarono gli anni, e Hachi visse ad Asakusa, poi a Setagaya, e infine, notato da un vicino del professor Ueno, ovvero il suo ex giardiniere Kobayashi Kikuzaburō, venne preso in custodia da quest’ultimo, di nuovo vicino alla sua Shibuya. Hachi poteva così raggiungere la stazione con molta più semplicità.

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Un’incrollabile fedeltà

Negli anni, la storia del cane che ogni giorno si recava in stazione a Shibuya di mattina e se ne andava sconsolato soltanto a sera inoltrata si era diffusa in tutto il Giappone, anche grazie a un articolo del presidente della Società per la Preservazione dei cani giapponesi, Saitō Hirokichi, commosso dalla profonda lealtà che dimostrava Hachi, frattanto chiamato ora Hachiko (-ko in giapponese indica un vezzeggiativo). La sua storia era finita sui giornali, sulle radio e perfino sui notiziari nazionali, e la gente chiedeva, per onorare l’animale, che venisse realizzata una statua.

E così, dopo una raccolta fondi volontaria, nel 1934 venne eretta una statua in bronzo in onore di Hachiko, alta circa 162 centimetri e posta su un piedistallo di 180cm, davanti all’ingresso della stazione di Shibuya. All’inaugurazione della statua era anche presente lo stesso Hachiko, che in quel momento aveva 11 anni.

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La morte che ha fatto piangere il Giappone

Purtroppo, il tempo sulla Terra per Hachiko era quasi giunto al termine: l’anno dopo prese una grave infezione da parassiti, i quali lo indebolirono gravemente nel fisico, ma non nell’animo, perché continuava ad andare a Shibuya.

L’8 Marzo 1935, all’età di 13 anni, di cui 10 ad aspettare il professor Ueno, Hachiko spirava, facendo piangere tutto il Giappone. Ma finalmente, dopo 10 lunghi anni passati ad aspettare il suo amato padrone, Hachiko e Hidesaburō Ueno potevano finalmente riabbracciarsi: il cane venne sepolto vicino al professore, al cimitero di Aoyama, mentre la sua pelliccia bianca venne donata al Museo di Scienze Naturali di Tokyo.

Quattro giorni dopo fu tenuto il suo funerale, circondato dalle tante persone che avevano avuto a cuore la sua storia, tristi di aver perso un vero e proprio esempio di fedeltà al proprio padrone.
Purtroppo, durante le ultime fasi della Seconda Guerra Mondiale, il Giappone aveva forti necessità di metallo per produrre armamenti: nemmeno la statua di Hachiko venne risparmiata dall’essere fusa. Per fortuna, nel 1948 venne ricreata la stessa identica statua, posizionata nello stesso punto a Shibuya, tanto che una delle uscite è chiamata in suo onore, Hachiko-guchi.

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Il racconto del film: una storia romanzata, ma altrettanto tenera

Hachiko – Il Tuo Migliore Amico è la storia un po’ romanzata della storia del fedele cagnolino del professor Ueno, che cambia alcuni dettagli (il film è ambientato in America nel Rhode Island, il cane viene chiamato Hachiko non tanto per la forma delle zampe ma per l’8 rappresentato sulla medaglietta, e diversi altri). Ma una storia come quella di Hachiko merita fortemente di essere riadattata anche per il grande schermo, in modo che tutti possano venirne a conoscenza.

Protagonista della storia è un grandioso Richard Gere, che interpreta il professor Parker Wilson, le cui gesta sono narrate da suo nipote Ronnie durante la giornata scolastica a tema “Racconta il tuo eroe”. Il professor Wilson è un insegnante di musica del Rhode Island, pendolare per necessità. Un giorno, alla stazione trova un Akita Inu (dal manto non bianco ma color nocciola) abbandonato, con un 8 disegnato sulla targhetta; Parker Wilson decise così di tenerlo finché non verrà trovato dal proprietario.

Portandolo a scuola, un collega di origini giapponese gli racconta la storia della razza di Hachi (così soprannominato da Wilson), gli Akita Inu, che sviluppano un forte legame con gli esseri umani, differente da qualsiasi altra razza canina. Infatti, Hachi impara ad accompagnare il professor Wilson alla stazione al mattino presto, per poi accoglierlo pieno di gioia al ritorno da lavoro. Seppur il loro rapporto sia così tenero e profondo, Hachi non gioca con la pallina, perché viene detto da Ken che gli Akita sono anche molto orgogliosi, e non tendono a compiacere gli esseri umani se non per alcuni motivi.

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Ma in maniera del tutto inspiegabile, un giorno Hachi è irrequieto, e sembra voler impedire al professor Wilson di andare a lavorare, tanto che si mette a giocare con la pallina pur di ritardare quanto possibile l’umano, che comunque si reca a lezione. Durante una di queste lezioni, Parker Wilson viene colto da un tremendo malore, e spira.

Hachi si presenta alle cinque in stazione, ma non trova nessuno; viene riportato a casa solo a tarda sera dal genero di Wilson, che decide di tenerlo assieme a sua moglie Andy, che ha da poco partorito Ronnie. Ma Hachi, alla prima occasione, scappa e torna alla stazione ad aspettare, invano, il suo padrone. Subito i due coniugi provano a riportarlo indietro, ma capiscono che il cane deve “fare il suo dovere“, e lasciano che si rechi ogni giorno in stazione, tanto da diventarne una sorta di celebrità, coccolato da passanti e operai della stazione.

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Passano 10 lunghi anni, e Hachi, ora soprannominato da tutti Hachiko, si è recato ogni giorno in stazione, in attesa del suo amato Parker Wilson, che però non arriverà mai. Casualmente, Kate, la vedova del professor Wilson (interpretata da Joan Allen), è tornata in città per visitare la tomba del marito, e scorge il cane, ancora in attesa. I due passano un po’ di tempo insieme, avvolti da un mesto alone di tristezza, perché purtroppo il cane è ogni giorno sempre più debole e fragile.

Poco tempo dopo, infatti, Hachiko è troppo debole anche per tornare in stazione, affaticato dagli anni e dal freddo pungente: prima di spirare però, rivede tutto il tempo passato con il suo adorato Parker Wilson, il padrone che tanto amava. Ma la morte non sempre viene per nuocere: nel mondo ultraterreno, Hachiko e Wilson si possono finalmente riunire e tornare a giocare insieme.

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Il lascito di Hachiko: una storia di fedeltà o amore incondizionato?

Nel corso di questo racconto, abbiamo a lungo parlato di Hachiko e della sua incrollabile fedeltà verso il professor Ueno e della sua grande dedizione a farsi trovare alla stazione di Shibuya ogni giorno. Ma “fedele” è l’aggettivo giusto?

La fedeltà è una qualità che è misurabile, e aggettivi come “fedele”, “traditore”, “servizievole”, “infedele”, “fedelissimo” sono aggettivi che possono essere affibbiati più agli esseri umani per descrivere il loro senso di lealtà nei confronti di un’altra persona, di un’autorità, di una nazione.

Non è, secondo noi, l’aggettivo corretto da dare a un essere vivente come un cane: i cani non sono “fedeli”, i cani provano amore non misurabile e non quantificabile, verso i propri padroni che, curando i loro amati amici a quattro zampe anche con fatica, vengono ripagati da un amore incondizionato, unico e inimitabile.

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Riccardo Coda

Riccardo Coda

22 Giugno 1999. Amo l'ignoto, ciò che è poco convenzionale, le storie d'amore smielate e Neon Genesis Evangelion.

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