Nella giornata di oggi al Lucca Comics & Games Dario Moccia ha intervistato Naoki Urasawa. Parliamo di uno degli autori più famosi nel panorama dei fumetti giapponesi. Sue sono opere acclamate da pubblico e critica come Pluto, 20th Century Boys, Asadora, Monsters e Happy! L’intervista si è tenuta verso le 11.30 di stamattina, ed è stata tramessa in diretta dal canale Twitch LuccaComicsAndGames. Ecco un resoconto della lunga conversazione avuta da Dario con Urasawa.
L’importanza di Tezuka e della speranza nei manga di Urasawa
L’intervista si è aperta con una domanda sulle tematiche inserite nei suoi manga. Urasawa nelle sue opere è spesso critico con l’umanità, e inserisce tematiche sociali e politiche non esattamente vendibili al grande pubblico. Lui però ci riesce, ed è il segreto del suo successo. E come ci è riuscito? Una risposta ha un solo nome: Osamu Tezuka. Urasawa ha detto che è cresciuto con le sue opere, che avevano proprio tematiche non di facile approccio: ma Tezuka riusciva a renderle fruibili per tutti. Il mangaka si basato sul modo di scrivere del maestro per rendere facilmente leggibili queste tematiche politiche e sociali.
Dario Moccia ha poi chiesto a Urasawa che cosa rendeva Tezuka diverso da tutti gli altri mangaka, a proposito di questo tema. L’autore di Pluto ha risposto che la chiave sta nella “battaglia”. In tutte le opere dell’epoca c’era questo tema della “battaglia”, con vincitori e sconfitti. Ma l’autore di Astroboy è riuscito a distinguersi da tutti perché non ha mai inserito delle “battaglie”: nei suoi manga non è importante che ci siano vincitori o sconfitti. Questo ha reso i manga di Tezuka così diversi dagli altri.
Collegandosi a questo tema, Dario Moccia ha parlato poi dei personaggi dei manga di Urasawa. La maggior parte dei suoi protagonisti sono “reietti”, “uomini della strada”, poveri. Dario ha chiesto se questi personaggi che affrontano sempre minacce gigatensche, potrebbero effettivamente cambiare il mondo nella nostra realtà: “Il singolo per lei può cambiare il mondo, l’umanità?”. Naoki Urasawa ha risposto che non ha la “confidenza” o “sicurezza” per dire se sia possibile che nel mondo reale un solo individuo possa cambiare l’umanità.
Piuttosto, con i suoi manga Naoki Urasawa vuole trasmettere il messaggio che chiunque con carta e penna può realizzare belle storie, e i sogni suoi e degli altri. Per Urasawa bisogna avere sempre speranza, bisogna rimanere fedeli ai propri principi e desideri: ci sarà sempre una luce dall’alto che ti aiuterà nel tuo percorso. Insomma: “Se si resta sulla propria strada si vedranno realizzati i propri desideri”. Dopodiché, Dario ha chiesto ad Urasawa se la popolarità lo abbia cambiato, “visto che non è più un uomo comune”. Sorridendo, il mangaka non si è detto affatto cambiato: per lui sono gli altri che lo vedono diverso per la sua popolarità.
In realtà il mio cambiamento è stato il fatto di voler disegnare manga e storie interessanti. E il fatto che queste storie interessanti siano state recepite dal pubblico, questo è quello che mi ha fatto veramente crescere, cambiare.
L’importanza degli eventi storici, la nostalgia e la dicotomia tra il bene e il male
Uno degli aspetti più affascinanti dell’opera di Urasawa è il suo essere molto attaccato agli eventi della nostra storia: l’Expo di Osaka, le Olimpiadi di Tokyo 1964, l’allunaggio del ’69, per esempio. A tal proposito, Dario ha chiesto al mangaka quale sia l’aspetto narrativo che lo affascina di più di questi eventi. Per Naoki Urasawa, l’importanza di questi momenti sta nel loro essere “reali”: tutti noi abbiamo avuto esperienza di eventi passati alla storia, in TV o in presa diretta.
Questi episodi diventano parte della nostra esperienza, e restano dentro di noi: gli eventi storici sono ciò che rendono le persone umane. Al contrario, eventi fittizi nei manga rendono meno realistica la crescita dei personggi. Se invece sono cose avvenute veramente o che noi capiamo perché le stiamo vivendo sulla nostra pelle, “è più facile immedesimarsi nei personaggi e capire la loro crescita”.
Dario Moccia ha poi toccato un’altra caratteristica ricorrente nei manga di Urasawa: la nostalgia, raccontata attraverso l’innocenza dei bambini e l’infanzia. La sua domanda è stata: come ha fatto Urasawa a permeare ogni sua opera con questa sensazione di nostalgia, che però non è malinconica, ma un qualcosa di positivo che ha sempre uno sguardo al futuro? Urasawa per fare questo ha due fonti di ispirazioni. La prima è rappresentata dai film di Yasujirō Ozu: guardando i suoi film, “soprattutto quelli degli anni Cinquanta”, sono tutti molto permeati di questo senso di nostalgia, che Urasawa ha cercato di riportare nei suoi manga.
La seconda fonte è la sua stessa esperienza. Da giovane a Tokyo Naoki Urasawa ha lavorato part-time in un parco a tema, dietro al supermarket vicino a casa sua. I suoi amici lo venivano a trovare, ma non avevano molti soldi. Allora, fuori dall’orario di apertura, la sera lui e i suoi amici salivano sulle giostre. ll senso di nostalgia che ha per questi ricordi li metti anche nelle sue opere.
Successivamente, Dario Moccia ha parlato dell’assenza nei manga di Naoki Urasawa di una netta distinzione tra il bene e il male. Come se l’autore avesse difficoltà a scindere questi due aspetti, specie quando si parla dei “cattivi”. In effetti nei manga di Urasawa i personaggi non sono mai “troppo buoni o cattivi”. In particolare, per i suoi “villain” il mangaka vuole sempre dare un background, vuole sempre spiegare come sono diventati così malvagi.
Tutte le volte che [Urasawa] crea un personaggio è come se gli facesse un colloquio di lavoro dentro di sè. A un personaggio gli chiede ancora prima di metterlo sul manga, “perché diventi così? Cosa hai fatto per diventare così?” E poi parte con la creazione su carta del personaggio.
Naoki Urasawa tra personaggi femminili e pubblico
Insieme alla nostalgia, agli eventi storici e alla psicologia dei suoi personaggi, la presenza di molte protagoniste femminili è un tratto distintivo dello stile di Naoki Urasawa: eroine spesso meravigliose e scritte benissimo. Dario fa notare che in una vecchia intervista il mangaka aveva negato che fosse stata sua madre la fonte di ispirazione per la psicologie delle sue eroine. Urasawa ha risposto di non ricordarsi bene questa dichirazione.
Sua madre era una persona che “lavorava molto”, una persona “forte caratterialmente”: era sempre impegnata. Invece suo padre era più spensierato: Urasawa ha questi ricordi di suo padre sdraiato in salotto, a guardare la TV; invece sua madre non c’era mai. Pensando a queste cose, Urasawa ritiene in realtà di aver inserito elementi della sua famiglia nei suoi manga (al contrario della vecchia intervista).
In passato Urasawa aveva detto che il rapporto con il pubblico è “complicatissimo”, perché vorrebbe essere sempre accontentato: e invece i lettori andrebbero accompagnati là dove vuole l’autore. Il mangaka ha confermato queste parole anche con Dario Moccia:
Io non ho mai ricercato il gusto dei miei lettori. Se qualcuno legge un libro dovrebbe imparare qualcosa di nuovo, qualcosa che non conosce da quel libro. Tanti lettori quando leggono un’opera hanno già dei preconcetit, vogliono vedere certe cose fanno come un muro. Lui cerca di superare quel muro, di andare di là. Ma in realtà non succede quasi mai che lanciando la palla dall’altra parte del muro, poi arriva [ai lettori]
Il mondo faticoso dei mangaka e il futuro di Urasawa
Dario Moccia ha poi toccato un argomento piuttosto delicato nel mondo manga: la salute degli autori. Come ha ricordato, Urasawa più volte ha accusato dolori fisici o problemi a causa dello stress lavorativo, specie con Pluto, “tanto da farsi venire l’orticaria”. Dario ha detto:
Non trova che i problemi di salute dei mangaka che purtroppo a volte sfociano in conseguenze anche più gravi, siano una questione talmente normale da passare in Giappone quasi inosservata? Lei cosa ne pensa? E ha trovato un suo equilibrio?
Urasawa ha ammesso che “è stata parecchia dura”: nel suo periodo più difficile aveva “6 scadenze al mese”. Per esempio, quando stava scrivendo Monster il mangaka doveva consegnare dalle 24 alle 26 pagine ogni due settimane; mentre, nelle altre due sttimane il mangaka aveva anche Yawara e Happy! “Se ci penso adesso non so perché lo facevo”.
Ma il carico di lavoro di Urasawa era anche piccolo in confronto all’impegno del suo maestro: “Tezuka lavorava 4 volte il suo volume di lavoro in un mese”, visto che faceva anche otto volumi al mese. Di fronte a questa mole era ovvio che non lo stavano facendo per soldi né lui né Tezuka. Secondo Urasawa c’era come una “direttiva dal cielo” che gli diceva di disegnare. Quando è finito Happy! e dopo aver brindato con gli editor, Urasawa si è infilato in una vasca per rilassarsi.
In quel momento ha realizzato due cose: la prima, è che non avrebbe fatto più manga settimanali. La seconda è l’idea per uno dei suoi manga di maggior successo. Come una proiezione dal cielo, all’autore gli è venuta in mente questa frase: “Se non ci fossero stati loro non saremmo riusciti ad arrivare al XXI secolo”. Subito è uscito dalla vasca, e ha stilato un memo. Da qui è nato 20th Century Boys.
Dario Moccia ha chiesto poi dei progetti futuri di Urasawa. In primis, ha domandato se il maestro voglia continuare La Fenice di Tezuka con il Libro del presente. Dato che il capolavoro di Tezuka è incompiuto, Urasawa avrebbe voluto completarlo con un ultimo capitolo. Ma tutte le energie che aveva inizialmente messo su questa opera le ha poi riversate su Pluto. Motivo per cui, Urasawa ha sostanzialmente perso la voglia di concludere La Fenice.
L’ultima domanda è proprio sulle intenzioni future dell’autore: arrivato a 63 anni, Naoki Urasawa vorrà “disegnare a più non posso” fino alla fine oppure un giorno vorrà ritirarsi? Il mangaka ha chiuso così:
Io ho iniziato a disegnare manga che avevo 5 anni, con le prime esperienze di disegno, e ho cominciato a suonare la chitarra che avevo 13 anni. Da bambino ho iniziato a disegnare perché era un diverimento: da quell’età ho sempre continuato a divertirmi. Quindi non esiste smettere di divertirsi, si continuerà per sempre.