Era il 20 gennaio del 2020 quando sul capitolo 54 di Chainsaw Man facciamo per la prima volta la conoscenza di Halloween. La troviamo a letto con altre ragazze in quella che è a tutti gli effetti un’orgia con al centro Quanxi, colei che scopriremo essere la prima cacciatrice di diavoli della storia.
Quando la donna domanda alle ragazze cosa desiderino, assistiamo alle risposte più disparate: “sangue” dice la prima, “cento ciambelle” la seconda, e mentre la terza tace l’ultima esclama un divertito “Halloween!“
I lettori che ormai hanno superato la soglia dei cinquanta capitoli hanno già fatto il callo con le assurdità di Fujimoto, ma qui più delle altre volte c’è qualcosa di strano. Pronunciata prima come semplice parola di contorno con una velatura di casualità, il nome della festa che cade il 31 ottobre inizia a tessere col tempo strani legami con gli sfortunati personaggi che ne fanno la conoscenza, i quali dopo aver ricambiato lo sguardo della ragazza non riescono a dire nient’altro che “Halloween”.
La conoscenza di tutte le cose
Cosmo, che poi è il vero nome della ragazza-Halloween, farà attendere altri capitoli prima di rivelare in modo chiaro i suoi poteri al lettore. Giungiamo cosi al capitolo 70, momento in cui Cosmo riesce a trasportare mentalmente Santa Claus in un mondo apparentemente creato da lei, ricoperto per la sua interezza da una sterminata scaffalatura con libri a perdita d’occhio. In questa realtà la ragazza parla normalmente e trova il modo di illustrare il suo terribile potere.
Attraverso questa condizione di allontanamento corporale chi viene colpito dal suo attacco si ritroverà a ricevere la comprensione di tutte le cose dell’universo. Una volta che si viene colpiti dall’attacco di Cosmo tutte le informazioni conosciute sull’intero universo e racchiuse nei libri che la circondano volano all’interno della mente del nemico, che sopraffatto da tutto il sapere va fuori di testa, ormai in grado di pronunciare una sola parola: “Halloween.”
Scavando -nemmeno tanto, in realtà- nella storia della filosofia e nel pensiero di chi ha rintracciato la conoscenza come oggetto di studio, riusciamo a contrapporre due particolari indirizzi: chi aspira a conoscere e chi, al contrario, desidera non complicarsi troppo la vita. La metafora della caverna di Platone è palese in questo senso; l’uomo che vuole sapere va fuori a cercare il nuovo e affronta il pericolo della realtà, mentre chi preferisce una realtà fatta di ombre e rappresentazioni resta tale e non potrà mai sapere niente per davvero.
Ma la conoscenza suprema di ogni cosa è altro affare, materia da illuminati e divinità, non semplice filosofia. Conoscere tutte le cose significa non essere più umani ma altro, aver scisso la carne per abbracciare l’universo nella sua interezza e farne parte. Una cosa ovviamente impossibile, che se per caso dovesse accadere a una persona qualunque finirebbe per farlo impazzire (non a caso Cosmo ha il cervello di fuori che le penzola dalla testa). Ma perché tra tutte le parole che Fujimoto avrebbe potuto usare per identificare questa isteria conoscitiva sceglie proprio Halloween?
Halloween e la conoscenza
Halloween è storicamente riconosciuta come festa di ogni santo, e trova le sue origini nell’Alto Medioevo in paesi di stampo cattolico come Inghilterra e Irlanda. Col passare degli anni si diffonderà in tutto il mondo, cambiando senso pubblico e iconografico nella celebrazione che tutti noi oggi conosciamo, con tanto di mostri spettrali, zucche e dolcetti da reclamare porta dopo porta camminando lungo le vie della propria città.
Nel suo senso più contemporaneo l’iconografia di Halloween -con sangue e mostri- trova molte assonanze col mondo creato da Fujimoto, splatter e popolato da diavoli e demoni, ma questo non basta. Anche considerando la parola non come festa ma come lungometraggio, cioè “Halloween – La notte delle streghe”, pellicola ormai cult diretta da John Carpenter nel 1978, il senso sembra sfuggirci dalle mani.
Possiamo allora avanzare un’idea che esula dalla sola storia e prende in considerazione anche il nostro mondo. Chainsaw Man è un manga e racconta una storia di finzione, i personaggi della serie ignorano questo fatto e non potrebbero di certo sapere che sono in realtà disegnati e letti da milioni di individui. Quando però il potere di Cosmo si palesa e arrivano alla conoscenza suprema di ogni aspetto dell’universo, in quell’istante comprendono anche ciò, che sono solo creature di finzione in un mondo anch’esso irreale.
Fujimoto è sempre stato un grande fan del genere horror e non fa altro che ripeterlo di intervista in intervista, anche se basterebbe leggere i suoi manga per accorgersene. Quando i suoi personaggi, travolti dalla consapevolezza totale di Cosmo, comprendono tutto, non possono far altro che ripetere la parola più vicina a quello che il mondo della serie rappresenta per l’autore: un gigantesco tributo al genere horror, cioè Halloween. Anche se la possibilità che in realtà sia solo una parola messa a caso rende tutto più bello, perché da Fujimoto possiamo aspettarci di tutto!