Meta, l’impresa statunitense che controlla e gestisce Facebook, Instagram e WhatsApp, è stata citata in giudizio da 42 stati americani. Il motivo del procedimento legale contro il colosso social è presto detto: le sue applicazioni, in particolare Facebook e Instagram, provocherebbero danni enormi ai bambini e adolescenti che li utilizzano, portandoli di fatto ad una vera e propria dipendenza da social media.
Nella nota arrivata ad un tribunale californiano e riportata dalla CNBC, i procuratori generali dei 42 Stati che stanno agendo per vie legali, sono chiari nell’affermare che: “Meta ha sfruttato tecnologie potenti e senza precedenti per attrarre e infine intrappolare giovani e adolescenti al fine di ottenere un profitto.” Gli Stati sostengono che il gruppo californiano ha “nascosto il modo in cui queste piattaforme sfruttano e manipolano i consumatori più vulnerabili, […] trascurato i notevoli danni causati alla salute mentale e fisica dei giovani della nostra nazione“.
Meta citata in giudizio: e adesso?
L’azione accusa Meta di progettare deliberatamente i suoi algoritmi, avvisi e notifiche al fine di mantenere i giovani utenti nelle sue app più a lungo e di farli tornare ripetutamente sulle sue app. Gli Stati stanno cercando di porre fine a tali pratiche, chiedendo allo stesso tempo sanzioni e risarcimenti adeguati. A quanto sembrerebbe, inoltre, Meta ha violato il Children’s Online Privacy Protection Act (COPPA) legge federale che vieta la raccolta online dei dati personali da parte di persone o entità su utenti sotto i 13 anni.
Secondo la denuncia federale, Meta ha progettato i suoi prodotti Facebook e Instagram per trattenere i giovani utenti più a lungo e farli ritornare ripetutamente. Il tutto attraverso: la progettazione dei suoi algoritmi, numerosi avvisi, notifiche, lo scorrimento infinito dei feed della piattaforma. Sempre secondo i procuratori degli Stati, l’azienda include anche funzionalità che hanno un impatto negativo sulla salute mentale degli adolescenti attraverso il confronto sociale o la promozione del dismorfismo corporeo, come i “mi piace” o i filtri fotografici.
Botta e risposta tra Procuratori e Meta
“Sebbene Meta abbia pubblicamente negato e minimizzato questi effetti dannosi, non può invocare in modo credibile l’ignoranza. Questa non è un’azione che prendiamo alla leggera”, ha detto Phil Weiser, procuratore generale del Colorado, ad una conferenza stampa: “Sappiamo che questo non è un caso che verrà deciso molto rapidamente. Ma è della massima importanza”. La risposta di Meta non si è fatta attendere.
“Condividiamo l’impegno dei procuratori generali nel fornire agli adolescenti esperienze online sicure e positive e abbiamo già introdotto oltre 30 strumenti per supportare gli adolescenti e le loro famiglie”, ha affermato in una nota il portavoce di Meta, Andy Stone. “Siamo delusi dal fatto che, invece di lavorare in modo produttivo con aziende di tutto il settore per creare standard chiari e adeguati all’età per le numerose app utilizzate dagli adolescenti, i procuratori generali abbiano scelto questa strada.”
C’è però da dire una cosa: molte delle pratiche su cui si concentrano i procuratori generali, sono simili a quelle esercitate da altri social media, come la progettazione di algoritmi per mantenere coinvolti gli utenti. Quindi, per il principio di uguaglianza, anche altre realtà dovrebbero essere messe sotto esame per fare in modo che l’equilibrio psico-fisico dei soggetti coinvolti venga tutelato. Non ci resta che attendere nuovi aggiornamenti a riguardo.
