Bleach, il manga più importante della carriera del mangaka Tite Kubo (pseudonimo di Noriaki Kubo), è un’opera ricchissima di personaggi, estremamente variegati tra loro, sia che si parli di feroci e brutali antagonisti (come Arrancar, Hollow, Aizen o Quincy), sia che si parli dei protagonisti della storia, ovvero Ichigo Kurosaki e i vari shinigami della Soul Society, tra cui i Capitani e i Luogotenenti delle Divisioni del Gotei 13. Ognuno di essi ha un design particolare, dei poteri peculiari e una personalità unica, ma una cosa accomuna tutti gli shinigami: l’abbigliamento.
Infatti, lo Shihakusho (le vesti degli shinigami, dal giapponese “Vesti che conquistano la morte”) sono delle vesti standard per chiunque faccia parte del Gotei 13, e si compongono di sottovesti bianche, kimono nero, hakama (la classica casacca giapponese) nero, calzini bianchi e caratteristici sandali in legno. Nel kimono vi è stampato lo stemma della divisione a cui lo shinigami appartiene, un fatto spesso simboleggiato da una fascia sul braccio che reca numero di divisione e simbolo. I Capitani indossano, sopra la casacca, un ulteriore abito bianco con il numero della divisione da loro capitanata.
Ma come mai lo Shihakusho è proprio di colore nero? C’è un motivo dietro a questa particolare scelta cromatica, magari simbolica? Oppure è stato scelto il nero solamente per praticità? È lo stesso Tite Kubo a fornirci la risposta, in un Question and Answers del suo personale sito Klub Outside.
Infatti, è proprio nel Question and Answers 149 (tradotto amatorialmente) che il creatore di Bleach risponde a questa domanda sul motivo del colore dello Shihakusho, e non c’entra nulla con Ichibei Hyosube, il Manako Osho, colui che è in grado di manipolare il nero.
Infatti, la scelta del nero per lo Shihakusho è stata presa durante il periodo della primissima generazione del Gotei 13, ed era prettamente di carattere pratico: sul nero è molto più semplice “non vedere” le macchie di sangue, a differenza di una divisa bianca che, macchiata di sangue, sarebbe, per forza di cose, irrimediabilmente da buttare.